Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Giacomo il vagabondo e la Chiesa siriaca

Edoardo Arborio Mella
20 maggio 2008
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La Chiesa siriaca ortodossa è spesso nota come «siro-giacobita». Il titolo «giacobita» allude evidentemente a un Giacomo; ma non si tratta di uno dei due discepoli di Gesù, bensì di un religioso vagabondo del VI secolo. Val la pena raccontarne la storia.

Cominciamo dal concilio ecumenico di Calcedonia del 451. In esso si definiva la persona di Cristo «in due nature, senza confusione, mutamento, divisione, separazione» e formanti «una sola persona». Queste conclusioni nei decenni successivi furono respinte dalla Chiesa di Alessandria e anche da molti vescovi della Siria e della Palestina, che sulla scorta di precedenti definizioni di Cirillo di Alessandria vedevano in Cristo «una sola natura incarnata nel Dio Verbo». Vi erano poi, in alcune regioni dellbizantino, rivendicazioni di supremazia o di autonomia rispetto al potere centrale, che si vollero sostenere anche attraverso differenziazioni teologiche.

Fatto sta che si profilarono poco a poco due tendenze, la calcedonese e l’anticalcedonese, la diofisita (di due nature) e la monofisita (di una natura). Gli imperatori cercarono di imporre ora l’una ora l’altra teologia, o cercarono formule di compromesso. Nel 527 salì sul trono di Costantinopoli Giustiniano, di tendenza calcedonese o diofisita, che prese a perseguitare duramente i seguaci dell’opposta tendenza. Ma sua moglie Teodora, di origine siriaca e di tendenza monofisita, fece sì che un monaco, appunto il nostro Giacomo, fosse consacrato vescovo con il titolo di Edessa. Ciò avvenne forse verso il 542. Per sfuggire alla caccia della polizia egli si travestì da povero venditore ambulante: per questo la tradizione lo ricorda con il nome di Giacomo Baradai; cioè straccione. Vagando per tutto l’Oriente, instancabile, carismatico, protetto dalle popolazioni di lingua siriaca e dai loro monaci che mal sopportavano le arroganze dei bizantini, nel corso di alcuni decenni organizzò una sorta di Chiesa parallela, ordinando nascostamente migliaia di preti e una gerarchia di vescovi. A uno di questi ultimi attribuì anche il titolo di patriarca di Antiochia, che già era portato da un titolare della tendenza bizantina calcedonese. Giacomo morì in Egitto nel 578, dopo qualche anno di esistenza finalmente non più nascosta.

Le comunità così costituite vissero dunque inizialmente in regime di semi-clandestinità mescolate con la Chiesa ufficiale, poi, verso la fine del sec. VI, un po’ più liberamente. Ed ecco, all’inizio del sec. VII, la conquista musulmana. I giacobiti accolsero i nuovi venuti come liberatori e ne furono ricambiati con favori. La loro Chiesa si diffuse soprattutto nelle terre dell’interno a forte maggioranza semitica, mentre le città e la costa mantennero la loro impronta greca e bizantina. All’inizio del sec. IX le comunità giacobite vantavano una sessantina di diocesi. In seguito esse vissero fra tolleranza, persecuzioni contrassegnate da massacri, e anche lotte interne per questioni sia dogmatiche che personali. Conobbero momenti di splendore culturale, ma complessivamente il loro numero continuò a calare. Caso unico nella storia delle Chiese, non divennero mai una Chiesa nazionale.

Oggi i fedeli di questa Chiesa sono forse meno di duecentomila, molti dei quali nelle terre di emigrazione. In Terra Santa sono qualche centinaio. Della loro grande tradizione monastica rimangono quattro monasteri, due in Turchia, uno in Iraq e uno a Gerusalemme, più tre monasteri di recente fondazione in Europa. La loro lingua liturgica è l’aramaico.

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