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Nella morte di Cristo crocifisso Chiara d'Assisi legge un gesto di spoliazione totale, con il quale abbraccia l'uomo e la sua condizione di povertà.

Nella Croce la gloria

sorella Giovanna
6 marzo 2008
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Nella Croce la gloria
di Antonello da Messina (dettaglio), Museo reale di belle arti, Anversa.

Salendo a Gerusalemme, alla basilica della Risurrezione, ci è difficile intravedere l’altura detta Golgota e accanto il giardino con la tomba nuova in cui fu deposto il corpo di Gesù. La costruzione attuale narra la storia di secoli di fede e di difficoltà tra cristiani, ma racchiude i luoghi quasi celandoli. Per avvicinarci al mistero ci lasciamo perciò condurre dal Vangelo, guardando alla fase finale del cammino compiuto da Gesù portando la croce: «Lo crocifissero e si divisero le sue vesti… i passanti lo insultavano» (Mc 15,24.29). Egli è un condannato a morte spogliato di tutto, insultato e deriso. Ancor più grande è l’angoscia interiore: «Alle tre Gesù gridò con voce forte…: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?… Gesù, dando un forte grido spirò» (Mc 15,34.37). Egli ha vissuto fino in fondo, fino al totale abbassamento, il suo essere uomo come noi. Il Vangelo di Giovanni rilegge i fatti come un compimento: Gesù, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv 13,1). L’amore è la chiave che dà senso alla vicenda umana di Gesù e alla sua morte. Così nel quarto Vangelo l’ultima parola di Gesù è: «Tutto è compiuto!» E, chinato il capo, spirò (Gv 19,30). Letteralmente significa: rese, donò lo spirito, il suo spirito, quindi tutto se stesso e in definitiva lo Spirito Santo, in una gloria che comincia sulla croce.

Chi si fa suo discepolo penetra in questo mistero. Vogliamo scoprire come l’ha compreso Chiara d’Assisi. Ella è stata afferrata specialmente dalla nudità della croce, dal cammino di spoliazione totale da lui vissuto: «O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, il quale disse e tutto fu creato (Sal 32,9; 148,5), si degnò più di ogni altro di abbracciare! Disse egli infatti: "Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i nidi, mentre il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo" (Mt 8,20), ma chinato il capo rese lo spirito» (Gv 19,30) (I Lettera 17-18). Chiara vede il cammino di Gesù in una povertà che tutto dona fino all’estremo e vuol condividerla con tutta se stessa: «Abbraccia, vergine povera, Cristo povero. Vedi che egli si è fatto per te spregevole e seguilo, fatta per lui spregevole in questo mondo (cf. Gv 12,25; 1Gv 4,17). Guarda, o regina nobilissima, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini (Sal 44,3), divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato (cf. Is 53,3), percosso e in tutto il corpo più volte flagellato, morente tra le angosce stesse della croce: guardalo, consideralo, contemplalo, desiderando di imitarlo» (II Lettera 19-20).

L’amorosa sequela di Cristo conduce a farsi spregevoli come lui: trattato come un delinquente, disprezzato e flagellato, abbandonato da tutti fino ad assaporare l’assenza di Dio, che è la più grande angoscia di chi vive situazioni terribili. La contemplazione poi insegna il cammino della vita: «Contempla l’ineffabile carità, per la quale volle patire sull’albero della croce e su di esso morire della morte più vergognosa. Perciò lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva i passanti a riflettere su queste cose, dicendo: o voi tutti che passate per via, fermatevi e guardate se c’è un dolore simile al mio dolore (Lam 1,12);  rispondiamo con una sola voce, con un solo spirito, a lui che grida e si lamenta (cfr Ez 27,30): sempre l’avrò nella memoria e si struggerà in me l’anima mia (Lam 3,20). Lasciati dunque accendere sempre più fortemente da questo ardore di carità, o regina del Re celeste!» (IV Lettera 23-27). Anche il nostro fare memoria nella celebrazione dell’Eucaristia ci conduca a lasciarci accendere dall’amore che ha sorretto Gesù fino alla morte di croce, per donarlo ogni giorno ai nostri fratelli e sperimentare con lui la gioia e la gloria della vita nuova germogliata dalla sua risurrezione.

(L’autrice è claustrale a Milano nel monastero di Santa Chiara

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