Sul Monte degli Ulivi uno dei venditori ambulanti che offrono ricordi di Terra Santa una volta mi ha messo in mano una simpatica cartolina con la fotografia di un asinello e la seguente scritta: «Sono nato a Betfage… Uno dei miei antenati ha portato in groppa il Signore».
I Vangeli ci informano che nel suo cammino verso Gerusalemme Gesù con i suoi discepoli giunse a Betfage, sul pendio orientale del Monte degli Ulivi, poco distante da Betania. Da qui il Signore mandò due di loro a prendere un asino. Gesù salì in groppa all’animale e, circondato da un folla osannante, si avviò verso Gerusalemme. Per le folle che lo acclamavano era il Figlio di Davide, il profeta Gesù di Nazaret.
La comunità cristiana ha iniziato a ricordare molto presto l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme con una suggestiva processione. Nella testimonianza scritta di Egeria (384) leggiamo: «La domenica per cui si entra nella settimana pasquale… tutto il popolo sale sul monte Oliveto… e quando arriva l’ora undecima (cioè alle cinque del pomeriggio) si legge quel passo del Vangelo dove i fanciulli vanno incontro al Signore con rami o palme… Allora il vescovo si alza in piedi e con lui tutto il popolo. Di là, cioè dalla sommità del monte Oliveto, si fa tutto il percorso a piedi mentre il popolo, procedendo dinanzi al vescovo, al canto di inni e antifone risponde continuamente: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. E tutti quanti i bambini di quei luoghi, anche coloro che non possono camminare per la tenera età e sono tenuti sulle spalle dai loro genitori, tutti tengono in mano dei rami, chi di palma e chi di olivo; nello stesso modo con cui fu condotto il Signore, così viene condotto anche il vescovo. Dalla cima del monte si va fino alla città e poi, attraverso la città, fino all’Anastasis».
A partire dal secolo IX la processione prende inizio ancora da più lontano: «A circa un miglio (dall’Ascensione) vi è il luogo dove Cristo sedette sul puledro. Là si trova un olivo dal quale ogni anno tagliano un ramo, dopo averne pagato il prezzo, e così entrano in processione a Gerusalemme il giorno delle Palme» (Epifanio monaco). Dalla medesima fonte si ha notizia dell’esistenza di una chiesa nel IV sec. che conservava la memoria dell’incontro tra Gesù e le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, sulla strada di Betania (Egeria).
Nel 1876 fu trovata da un contadino una roccia squadrata con resti di pitture di epoca crociata raffiguranti i due episodi della risurrezione di Lazzaro e dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Dopo l’acquisto del terreno, i frati della Custodia di Terra Santa edificarono nel 1883 un piccolo santuario con il nome di Betfage. L’attuale struttura e decorazione risale al restauro fatto nel 1954.
La processione commemorativa, sospesa al termine del regno crociato, fu praticata dai francescani già nel XVI secolo, col padre Custode di Terra Santa che compiva la parte di Cristo seduto sull’asino. Dal 1933 la processione ha potuto riprendere con la massima solennità sotto la presidenza del patriarca latino di Gerusalemme, accompagnato dal delegato apostolico, da altri vescovi, dal Custode di Terra Santa, da folle di frati e suore, e da migliaia di pellegrini.
Questa suggestiva liturgia inizia alle due del pomeriggio nel recinto del santuario con la lettura del brano evangelico che ricorda l’episodio dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Dopo il canto del Vangelo che rievoca l’accaduto di duemila anni fa, la processione prende avvio. In testa camminano i famosi kawas (una sorta di guardia d’onore), la croce e in seguito la sfilata di scout che con le loro colorate uniformi e la ritmica musica attirano l’attenzione di turisti e di fotografi. Dopo seguono i gruppi parrocchiali, le comunità religiose e i pellegrini. In coda si vedono due file di frati francescani, poi i seminaristi del seminario patriarcale di Beit Jala che fanno il corteo al patriarca, il nunzio apostolico e i vescovi, il Custode di Terra Santa, gli abati e tutti altri. La strada che da Betfage sale alla cima del monte degli Ulivi, costeggia il Pater Noster e il ricordo dell’Ascensione del Signore. Poi la collina va giù, ripida, passa davanti al Dominus Flevit e giunge al Getsemani. Non ci si ferma in nessun santuario. Dal Getsemani si sale alla Porta dei Leoni per entrare nella Città Vecchia. Qui le palme, i rami d’ulivo, i fiori, qualunque cosa si porti in mano, si alzano per fare un’ondeggiante copertura al corteo. È la festa dell’ «Osanna…».
La processione termina dopo più di due ore nel cortile del santuario di Sant’Anna dentro le mura. Qui il patriarca fa un breve discorso e impartisce la solenne benedizione con la reliquia della Santa Croce. La processione delle palme è una suggestiva celebrazione che apre i cuori e gli occhi al mistero pasquale del Signore Gesù Cristo. L’ «Osanna» cantato nella liturgia a Gesù, Figlio di Davide, invita a fare esperienza di religiosa meditazione della Passione e di impegnativa attesa del gioioso giorno della Risurrezione.
A Gerusalemme la processione delle palme è una grande festa di «gente e nazioni». Nelle persone dei pellegrini che ricordano il passaggio del Salvatore dal Monte degli Ulivi alla Città Santa sono rappresentati nel solenne corteo simbolicamente tutti i continenti. Molti partecipanti portano in mano le grandi foglie delle palme che raggiungono una lunghezza di qualche metro. Altri recano qualche ramoscello d’ulivo, un mazzo di fiori raccolti lungo la strada oppure delle colorate bandierine. Con entusiasmo e gioia, in diverse lingue e con ritmi di ogni parte del mondo si canta: «Osanna, benedetto Colui che viene nel nome del Signore».
La processione che percorre la strada da Betfage a Gerusalemme per gli abitanti della Terra Santa e per le folle di pellegrini e turisti provenienti dalle diverse parti del mondo è segno evidente della nuova alleanza. È testimonianza dell’amore universale e della cattolicità della Chiesa. Cristiani dei territori dell’Autonomia Palestinese (che devono ottenere permessi, superare molte difficoltà e innumerevoli check-point per arrivare fin qui), fedeli d’Israele e di tanti altri Paesi del mondo insieme celebrano l’ingresso di Cristo, proclamandolo Re, Signore e Messia. Non dimenticano che la sua ascesa a Gerusalemme porterà il Salvatore alla croce, ma ugualmente che la Sua ora è segno eclatante dell’amore di Dio per l’umanità.