Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Il tallit: segno di giustizia e misericordia divina

Elena Lea Bartolini
11 luglio 2007
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Forse non tutti sanno che la bandiera dello Stato di Israele, che nasce come Stato laico, è in realtà un tallit (o talled), cioè uno scialle da preghiera ebraico al quale è stato aggiunto il simbolo della «stella di Davide» che, secondo la tradizione, possedeva uno scudo di questa particolare forma. Ma cosa significa per l’ebreo avvolgersi in tale indumento liturgico?

Questo scialle, che richiama gli antichi mantelli con cui gli uomini del deserto si proteggevano dal sole e dalle tempeste di sabbia, è costituito da un ampio telo di stoffa bianca (lana, cotone o seta) sul quale spiccano delle strisce azzurre o blu scuro. Ciò che immediatamente colpisce è la prevalenza del bianco rispetto al colore che richiama il cielo e che, dal punto di vista religioso, rimanda alle dinamiche del rapporto che Dio stabilisce con gli uomini. Il colore prevalente – il bianco – è segno infatti della sua misericordia che, come ricorda la Scrittura, è decisamente superiore alla sua giustizia simboleggiata nel tallit dal colore azzurro/blu: come attestato nell’Esodo il rapporto è «mille a quattro» (cfr Es 20,5-6).

Avvolgersi in questo scialle significa dunque avvolgersi nella misericordia divina, che alcuni maestri paragonano a una sorta di «tunica di luce» che richiama le cinture di pelli intrecciate da Dio per la prima coppia umana che percepisce il disagio della nudità dopo il primo peccato della storia (cfr Gen 3,21). Ma alla misericordia divina, segno di un amore particolare per le creature, deve corrispondere la coscienza umana degli impegni derivanti dall’aver accolto gli insegnamenti rivelati al Sinai – i «precetti» -, e per questo il tallit è ornato da frange che simboleggiano il particolare legame derivante dall’Alleanza, il quale implica obblighi reciproci, ed è garantito dalla fedeltà di Dio il cui Nome è simbolicamente richiamato dal numero dei nodi con cui le frange sono fra loro intrecciate. Alcuni ebrei molto religiosi non si limitano ad avvolgersi in questo scialle nei momenti di preghiera, ne indossano uno simile di formato un po’ più piccolo sotto i vestiti e spesso ne lasciano uscire le frange – chiamate ziziot – dalla cintura dei pantaloni, come prescritto nel terzo brano dello Shema, la professione di fede tradizionale: «Si facciano delle frange sugli angoli dei loro abiti per le loro generazioni e pongano fra le frange di ogni angolo un filo di lana azzurra. E sarà per voi di ornamento e quando lo vedrete vi ricorderete di tutti i comandamenti dell’Eterno e li eseguirete» (Nm 15,37-39). Probabilmente sono frange di questo tipo che ha toccato l’emoroissa di cui si parla nei Vangeli avvicinandosi a Gesù perché la guarisse (cfr Lc 8,43-48).

Il tallit è pertanto uno dei segni che impegna l’ebreo a fare costante memoria del motivo per cui il popolo a cui appartiene è stato scelto da Dio fra gli altri popoli: una testimonianza di santità che possa diventare benedizione per tutte le genti (cfr Es 19,5-6 e Gen 12,3). Ed è per questo che accompagna non solo particolari momenti liturgici ma anche le tappe religiose della vita: dalla circoncisione, alla maturità religiosa, al matrimonio, alla sepoltura; sotto il medesimo la famiglia si raduna a Kippur in un momento particolarmente suggestivo della liturgia che attesta il perdono divino dopo la teshuvah (la conversione), e rimanda ogni volta alla presenza della Shekhinah che è il dimorare di Dio in mezzo agli uomini.

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