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Marocco, campanili tra le moschee

Carlo Giorgi
28 giugno 2016
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Marocco, campanili tra le moschee
L'oasi di Tinghir nella regione dell'Altlante marocchino. (foto C. Giorgi)

Un Maghreb inedito, tra bellezze naturali, arte islamica e presenza cristiana ed ebraica, alle radici di una convivenza possibile. L'incontro con le comunità francescane.


A Meknes per imparare il francese hai due possibilità: o vai all’Istituto francese di cultura, spendendo una cifra che pochi però si possono permettere… Oppure vieni dai francescani». A parlare è una giovane donna velata che vive a Meknes, grande città nel Marocco settentrionale. Qui, in un quartiere popolare, da circa 70 anni lavora una piccola comunità di frati minori. Per i cristiani, in Marocco, la predicazione pubblica è proibita e la pratica della fede è permessa solo all’interno dei luoghi di culto. «Così noi francescani – racconta fra Natale Fiumanò, uno dei religiosi di Meknes – per creare relazioni di amicizia e di conoscenza con i musulmani, abbiamo pensato di aprire un centro culturale. Oggi abbiamo 1.600 iscritti; la gente apprezza quel che facciamo, tanto che abbiamo anche una quarantina di insegnanti volontari locali!».

L’incontro con i frati minori di Meknes è stata una delle tappe del viaggio in Marocco che un gruppo di amici e lettori della rivista Terrasanta ha compiuto lo scorso mese di maggio. Il viaggio, curato tecnicamente dalla viaggeria francescana FrateSole, si intitolava «I campanili in mezzo alle moschee» e si poneva l’obiettivo di scoprire il «Marocco delle fedi» ovvero il Paese dove, in una popolazione per la quasi totalità musulmana, vivono da secoli se non da millenni anche piccole comunità di cristiani ed ebrei. Su 30 milioni di abitanti, i cristiani oggi sono circa 25 mila, cioè lo 0,1 per cento della popolazione. Una sparuta minoranza, composta soprattutto di stranieri provenienti dall’Europa e dall’Africa sub-sahariana. Fino al sesto secolo il Maghreb, Marocco compreso, è stato una terra fortemente abitata da cristiani; poi l’avvento dell’Islam portò, nel corso dei secoli, la comunità cristiana quasi all’estinzione. Solo con l’avvento del protettorato francese, nel 1913, fu di nuovo possibile ai cristiani visitare liberamente il Paese. Ed oggi, dopo la visita di Giovanni Paolo II a Casablanca, nel 1985, accolto con tutti gli onori da re Hassan II, il clima è quello della convivenza e del rispetto. Le diocesi cattoliche sono due, Tangeri e Rabat, dove sono attive diverse congregazioni maschili e femminili. I frati minori nel 2010 hanno istituito la Custodia dei Santi Protomartiri dell’Ordine in Marocco: 22 frati di 12 nazionalità diverse che si sono sentiti chiamati a dare la loro testimonianza tra i musulmani. I protomartiri a cui fanno riferimento sono Bernardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto, cinque frati che nel 1220, ancora vivente san Francesco, si recarono in Marocco e lì, a Marrakesh, vennero martirizzati. Il viaggio della nostra comitiva ha mosso da Casablanca – la Parigi dell’Africa, città moderna il cui centro è costruito in stile art déco – per toccare Tangeri, dalle cui coste si vede l’Europa; per poi addentrarsi verso sud in direzione di Tetouan, Chefchaoen, Rabat, Meknes, Fes, Midelt, Marrakesh e raggiungere di nuovo Casablanca.

In molte città si incontrano i segni della millenaria presenza ebraica (si calcola che almeno l’8 per cento dei marocchini sia di origine ebraica), visitando le mellah, ovvero i quartieri ebraici di artigiani e orafi ovunque ancora decorati con la stella a sei punte o le antiche sinagoghe, di cui diverse sono ancora officiate. Una presenza così evidente da spiegare anche le numerose comitive di turisti israeliani in visita al Paese. Un’apertura che si radica nell’identità e nella storia del Marocco, impensabile per diversi altri Stati arabi della regione.

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