Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
La morte in croce e la risurrezione di Cristo segnano la nascita di una solidarietà inattesa, di una fraternità non basata sui legami di sangue...

Una famiglia nuova ai piedi della croce

fra Alberto Joan Pari ofm
19 febbraio 2015
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Una famiglia nuova ai piedi della croce
Pietro Perugino, Compianto sul Cristo morto, Palazzo Pitti, Firenze

Il racconto della passione e morte di Cristo è sempre un testo molto particolare, che abitualmente ascoltiamo in un contesto di penitenza e contrizione; è la Settimana Santa, in particolare il Venerdì Santo e tutta la terra è in pianto per il dolore. Tuttavia nel brano del Vangelo di Giovanni, al capitolo diciannovesimo, i versetti che descrivono gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù sono pieni di vita e di cose nuove; vorrei provare a sottolineare alcune di queste novità che nascono ai piedi della croce. Ai versetti 25-27 è detto chi stava «presso la croce: sua madre, la sorella di sua madre – cioè la zia di Gesù – Maria di Clèofa e Maria di Magdala»; c’è anche il discepolo che egli amava, e a lui Gesù chiede di prendere sua madre in casa sua.

È un testo che conosciamo bene e al quale non prestiamo troppa attenzione, perché racconta un fatto apparentemente scontato, ma in realtà ciò che accadde in quel momento è un fatto nuovo, è la nascita di una nuova famiglia. Maria Maddalena è una estranea, una donna guarita dal Cristo che ha deciso di lasciar tutto per seguire il maestro; non avrebbe il diritto di stare ai piedi della croce, ma è chiaro che ora è membro della famiglia di Gesù a tutti gli effetti. Così per Giovanni, il discepolo amato: Gesù a lui affida la madre, come se fosse il fratello a cui di diritto spetterebbe occuparsi della madre rimasta vedova. «Chiunque fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre» (cfr Mt 12,50); una nuova famiglia di cui tutti facciamo parte con il battesimo e l’ascolto vivo della Parola del Signore.

Ai versetti 31-37 il Signore muore ed è il primo tra i tre condannati a spirare, infatti il soldato che avrebbe dovuto spezzargli le gambe per affrettarne la morte, lo colpisce al costato per accertarsi che fosse morto. Ne uscì sangue ed acqua, fatto che si presta a varie interpretazioni spirituali che rimandano alla nascita della Chiesa e ai sacramenti del battesimo e dell’Eucaristia, ma che soprattutto dimostra come Gesù fosse veramente morto e non in apparenza e come abbia donato tutto se stesso fino alla fine, e che anche dopo la morte doni vita e in abbondanza, rappresentata dall’acqua che sgorga dal suo costato trafitto e dal sangue centro della vita. L’amore vero è ferito e comporta delle ferite, anche per noi suoi fedeli. Un altro evento insolito avviene dopo la morte di Gesù. Ai versetti 38-42 si narra di due ebrei che si offrono d’occuparsi del corpo di Gesù.

Giuseppe di Arimatea era un membro del Sinedrio, la sua posizione non gli permetterebbe di occuparsi del corpo di un condannato, a maggior ragione essendo l’inizio di shabbat e di un grande sabato, quello della Pasqua ebraica; Giovanni aggiunge il particolare che vuole protagonista di queste operazioni di sepoltura anche Nicodemo, fariseo, dottore della legge e membro del Sinedrio. Entrambi non erano abituati ad avvicinarsi al corpo morto di un uomo, che per la religione ebraica provoca una grande impurità rituale. Ai piedi della croce, spontaneamente, nasce una carità generosa che solo l’amore per il Cristo e le sue membra sofferenti sanno produrre. La morte e la sepoltura di Gesù, così come la sua risurrezione, appartengono alla logica del gratuito al limite dello spreco… Giuseppe e Nicodemo offrono un sepolcro nuovo, un telo di lino, bende, oli profumati, e una mistura di mirra e aloe di circa cento libbre – che sono più di quarantacinque chili! – senza contare il rischio di perdere il ruolo che occupano, la fama e il buon nome. Un insegnamento grande per tutti noi, discepoli di Cristo e suoi fratelli, chiamati come Giuseppe, Nicodemo, Maria Maddalena e gli altri protagonisti della sua passione ad essere testimoni e «dispensatori» di amore, di carità gratuita e generosa.

Ai piedi della croce apprendiamo a donare e a donarci, a superare i limiti dei legami familiari e delle norme rigide per aumentare la solidarietà verso i fratelli sofferenti. Durante la Quaresima non mancheranno occasioni per fare del bene; non lasciamo sfuggire nessuna di queste opportunità che ci verranno offerte per ricordarci chi siamo, fratelli e figli dell’Amore.

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