Arabi cristiani arruolati nell’esercito israeliano? Nel contesto della società israeliana di oggi si tratta di un tema esplosivo, reso ancora più sensibile dallo scoppio dell’ennesimo conflitto con Hamas nella Striscia di Gaza, per il quale sono stati chiamati in maniera massiccia anche i riservisti. Tanto per capire la complessità della questione, il rischio sempre più concreto è che un arabo israeliano, per di più cristiano, si trovi oggi a combattere contro un palestinese di Gaza. Una prospettiva, fino a poco tempo fa considerata impossibile (perché un arabo non può essere ritenuto leale allo Stato ebraico), e che desta lacerazioni all’interno della componente palestinese in Israele e nello stesso tessuto ecclesiale. La questione dell’arruolamento agita in maniera viscerale anche la comunità ebrea ultra ortodossa, che rifiuta di servire in armi il proprio Paese. I vari progetti di legge che tentano di istituire la leva anche per i giovani haredim stanno scatenando manifestazioni e proteste (anche violente).
In questo dossier cerchiamo di indagare il tema dell’arruolamento degli arabi cristiani nell’esercito israeliano, e le ragioni di chi è favorevole e di chi è contrario. Viceversa daremo uno sguardo all’«altra faccia della medaglia»: quella appunto delle migliaia di giovani ultraortodossi che preferiscono restare chiusi nelle scuole rabbiniche piuttosto che imbracciare le armi. Dietro questi atteggiamenti si celano questioni decisamente spinose: la definizione di cittadinanza (che comporta obblighi e diritti), il conflitto non risolto tra sionismo e identità nazionale e la ferita dell’occupazione militare d’Israele nei Territori.
Questioni diverse, ma ugualmente significative della complessità che vive un Paese come Israele.
(Questo testo è l’introduzione al Dossier di 16 pagine pubblicato nel bimestrale Terrasanta)