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Chi è il più grande nel Regno di Dio? Colui che si fa servo di tutti. A Nazaret Gesù scopre, giorno dopo giorno, lo «straordinario» della vita quotidiana

La grandezza delle cose semplici

fratel Marco Cosini, Nazaret
25 gennaio 2011
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La grandezza delle cose semplici
Piero Casentini, Gesù adolescente (particolare), Ciampino (Roma), 2001

Il Vangelo, raccontandoci la vita di Gesù, ci parla di numerosi fatti prodigiosi, miracoli impensabili, guarigioni di persone disperate, moltiplicazioni di pani e pesci capaci di sfamare folle numerose; quelle stesse folle che, per lo meno inizialmente, erano affascinate da questo galileo che con la forza della sua parola operava segni prodigiosi.

Tra le righe però, e non soltanto tra le righe, si può scorgere una dimensione più profonda e nascosta, semplice e sublime, che ritrae l’attenzione di Gesù nei confronti delle piccole cose della vita. Per descrivere la verità misteriosa e indicibile del Regno di Dio, viene preso ad esempio un seme, come quello dell’albero di senapa. Chi lo ha visto, ne ha potuto contemplare l’infinita piccolezza. E a partire da questa piccola realtà la vita cresce e segue il suo corso.

Lo stesso Gesù ci appare poi attento ai piccoli gesti, quasi impercettibili ad un occhio distratto: una donna, che nella calca umana della folla che lo circonda, lo sfiora; lui se ne accorge e si lascia incontrare, donando vita e salvezza a piene mani.

Se si ascoltano le sue parole poi, i riferimenti a ciò che è piccolo, umile, disprezzato, sono molti. «Chi è il più grande?»(Mt 18,1) è la domanda che ognuno si porta nel cuore con il desiderio più o meno velato di poter rispondere: «Sono io!». «Il più piccolo, colui che si fa servo di tutti» (cfr. Mc 9,35) è invece la risposta.

Non per nulla lo spazio che hanno i bambini nei Vangeli non è irrilevante. Anzi! Anch’essi sono presi a modello del Regno. Il Regno è per chi è come loro. Porto sempre nel cuore l’immagine di un uomo che  ha segnato la storia della cristianità e della spiritualità occidentale nell’ultimo secolo: frère Roger Schutz, fondatore di Taizè. Non entrava nella Chiesa della preghiera se non accompagnato per mano dai bambini; anche se con lui c’erano i «grandi» e i «potenti» della terra. In questo mondo sempre meno a misura di bambino, il rapporto con loro rimane a mio avviso uno strumento di verifica concreto su quanto siamo in cammino verso il Regno.

Un episodio particolare del Vangelo ci richiama poi alla stupenda sensibilità del Figlio di Dio. Gesù sta seduto davanti al tesoro del tempio, osservando quanti vi gettano le monete. I suoi occhi sono rivolti al cuore della gente, perché «il Signore non guarda ciò che guarda l’uomo,… il Signore guarda il cuore» (cfr 1Sam 16,7). Tra i tanti ricchi che gettano distrattamente del loro superfluo, vi è una povera vedova che deposita una cifra irrisoria, che di sicuro non andrà a pesare sul bilancio del tempio. Quella donna ha dato più di tutti gli altri. Solo Gesù riesce a vederla, a scorgere e a leggere il vero significato di quel povero e semplice gesto.

Questa sensibilità non è frutto di una scelta virtuosa, ma la naturale conseguenza di una scoperta: io non sono il tutto, non sono il più grande, sono una piccola creatura che sta di fronte al suo Dio nella fraternità universale che mi lega a tutte le altre creature.

Qualcosa di simile deve aver compreso anche Gesù negli anni di Nazaret, lui che non ha perduto i tratti di una vera umanità per il fatto di essere la persona del Verbo Incarnato. A Nazaret infatti Gesù ha attraversato tutti i suoi processi di maturazione; qui ha vissuto la famiglia, il gioco, il lavoro, la preghiera, le amicizie, le relazioni, i sorrisi, i pianti, il sudore, le gioie e i dolori. A Nazaret ha conosciuto le infinite sfumature delle emozioni che la vita umana può offrire e al tempo stesso la profondità del cuore dell’uomo.

Se è vero che con l’Incarnazione Dio si è fatto uomo, è altrettanto vero che nella vita di Nazaret Dio è diventato pienamente, in tutte le dimensioni, fisica, psicologica e spirituale, uomo adulto e qui ha costruito la sua sensibilità.

In definitiva, tutto ciò che è semplice e piccolo mi appartiene, mi descrive, mi dice, parla di me e di Lui. Anche quando fossi chiamato a fare cose grandi, rimanere attento e ancorato alle cose semplici e piccole della vita, è la garanzia di un cammino umano autentico oltre che di un percorso evangelico profondo e vero.

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