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Viaggio in Armenia, terra di martiri

Giuseppe Caffulli
15 luglio 2009
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La regola dei Frati minori, al capitolo XII, tratta di coloro che vogliono andare tra i «saraceni e gli altri infedeli». Ma in Oriente i francescani non trovarono solo saraceni. In quelle terre lontane, governate da califfi e sultani, trovarono anche cristiani dei vari riti che oltre un secolo e mezzo prima si erano separati dalla comunione con Roma.

In quei primi decenni di francescanesimo era già stata eretta la Provincia di Siria (o di Terra Santa), a cui fu sottoposta nel 1292 la Custodia di Cilicia. Dal 1246 al 1375 i francescani fondarono vari conventi nella regione, giungendo fino a Trebisonda, sul Mar Nero. In quel vasto mondo il cristianesimo aveva soprattutto il volto della Chiesa apostolica armena o gregoriana.

Non abbiamo qui lo spazio e il tempo per trattare l’epopea dei francescani in Armenia, una terra alla quale ancora oggi è profondamente legata la Custodia di Terra Santa: diversi frati minori provenienti dalla Siria sono di discendenza armena.

Vale però la pena ricordare la stagione della fondazione delle missioni in Armenia minore, nella valle del Tauro, iniziata nella metà dell’Ottocento. La prima «stazione» fu Maraasc (1858), poi Jenige-Kalè (1875). Infine Aintab (1881), Don-Kalè (1884) e Mugiuk-Deresì (1884). In quest’ultima località (il cui nome significa «Valle dei moscerini») il 22 novembre 1985 si compiva il martirio del beato Salvatore Lilli con undici suoi parrocchiani. Sette li veneriamo ora come beati. Erano gli inizi della persecuzione anticristiana dei Giovani Turchi, che esploderà nella seconda decade del Novecento in quello che è ricordato come il «genocidio degli armeni».

Ecco le ragioni, dunque, del dossier di questo numero su un Paese poco noto alle cronache, eppure caro al cuore dell’unica Chiesa di Cristo per la sua testimonianza ininterrotta di fede e spiritualità. Un Paese che in passato ha patito grandi sofferenze (il genocidio, appunto) e vive difficoltà non ancora superate (la fine dell’influenza sovietica). Ma che cerca nella sua tradizione bimillenaria di fede una bussola per il futuro.

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