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È Gerusalemme la prima meta di pellegrinaggio all'estero per i fedeli della diocesi lombarda. E dal 2005 le partenze sono in crescita.

Bergamo in cammino

Carlo Giorgi
29 luglio 2009
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Bergamo in cammino
Un gruppo di pellegrini bergamaschi si accinge a solcare le acque del Lago di Tiberiade.

Bergamo chiama Gerusalemme: degli 8 mila pellegrini che nel 2008 sono partiti dalla città orobica, attraverso gli uffici della diocesi, diretti ad una meta di pellegrinaggio, ben 1.500 hanno scelto la Terra Santa. «Si tratta di certo della nostra prima destinazione», spiega Enrico Brignoli, direttore di Ovet, l’ufficio fondato dalla diocesi per aiutare i pellegrini negli aspetti più tecnici del viaggio. No­ nostante nel dopoguerra i pellegrinaggi religiosi da Bergamo non si siano mai interrotti, Ovet nasce ufficialmente «solo» nel 1972, sulla spinta della storica visita in Terra Santa di papa Paolo VI, svoltasi nel ’64; ma anche in previsione del giubileo del 1975, occasione per la quale la diocesi di Bergamo, come molte altre diocesi italiane, stimava un grande movimento di fedeli, in particolare verso Roma.

Da quasi quarant’anni, dunque, a Bergamo un ufficio tecnico lavora per i pellegrini con compiti di agenzia. Ma è all’opera anche, altra faccia della stessa medaglia, un Centro diocesano pellegrinaggi, con il compito di curare l’indispensabile contenuto pastorale delle proposte. «Lavoriamo in stretto contatto con i vicariati della diocesi – racconta Paolo Morosini, direttore del Centro -. Almeno una volta all’anno partecipiamo ad una riunione in ciascun vicariato e illustriamo ai parroci presenti la proposta del pellegrinaggio diocesano. Mettiamo a disposizione guide, dispense, materiale cartaceo». Se una parrocchia poi decide di recarsi in Terra Santa con gli uffici diocesani, vengono proposti  tre incontri: due di taglio più pastorale e uno con le immancabili informazioni  tecniche. «Nel primo incontro offriamo elementi della storia biblica della Terra Santa – spiega Morosini -: da Abramo a Gesù; informazioni indispensabili per apprezzare in profondità e non perdere nulla degli otto intensi giorni della visita. Nel secondo raccontiamo com’è oggi la Terra Santa, dal punto di vista delle presenze cristiane: facciamo conoscere la Custodia e, al tempo stesso, le comunità dei cristiani locali. Ricordiamo sempre ai pellegrini l’importanza che in Terra Santa continuino ad esserci delle "pietre vive"; e come sarebbe brutto, in fondo, se si andasse a visitare solo un museo a cielo aperto. Infine, per chi lo desidera, terminato il pellegrinaggio c’è anche la possibilità di incontri di verifica e l’inizio di cammini pastorali». 

«I nostri viaggiatori sono dei più vari – racconta Brignoli, direttore di Ovet -: la maggior parte ha tra i 25 e i 70 anni. Per i più giovani cerchiamo però di proporre itinerari più economici e meno tradizionali: abbiamo portato diversi oratori, ad esempio, a dormire nel deserto di Giuda, ai piedi del monastero ortodosso di San Giorgio in Koziba; oppure a conoscere le comunità arabo-cristiane di Taybeh e Nablus. Il pellegrinaggio standard per adulti invece è composto da 8 notti – continua Brignoli -: tre in Galilea, una a Betlemme, per incentivare almeno un po’ l’economia  palestinese, e tre a Gerusalemme».

Per i viaggiatori che hanno già esperienza di Terra Santa, gli uffici diocesani propongono itinerari con tappe in luoghi di solito meno frequentati dai pellegrini. «Il dato confortante, in ogni caso, è che a Bergamo rileviamo un aumento progressivo del numero di pellegrini diretti a Gerusalemme – spiega Brignoli -. Dopo i cinque anni di totale vuoto, dovuto allo scoppio della seconda intifada, dal 2005 è un crescendo di presenze».

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