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Dal Golfo a Gerusalemme (e ritorno)

Chiara Tamagno
5 aprile 2006
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Il Commissariato di Terra Santa di Napoli è il più antico d'Italia. Nella sede che domina il Golfo, opera padre Cecchitelli, già Custode di Terra Santa e ancora oggi instancabile guida di pellegrinaggi.


Sorride con gli occhi arguti, avvolto nel mantello sul quale spicca la croce di Terra Santa. Padre Carlo Cecchitelli è responsabile del Commissariato generale di Napoli, il più antico d’Italia. Lo incontriamo a Milano, durante le giornate inaugurali delle Edizioni Terra Santa.

Romano d’origine, ma di fatto cittadino di Terra Santa, dove arrivò all’età di sedici anni, padre Cecchitelli ricorda la scintilla che lo fece innamorare della Terra di Gesù: «Facevo le scuole medie al Collegio Serafico di Roma quando conobbi i frati della Custodia, venuti per la festa dell’Assunta del 1950: fu una bella occasione per fraternizzare e quando chiesero chi voleva diventare missionario in Terra Santa, alzai subito la mano, pieno d’en tu sia smo! Ma i superiori mi fecero aspettare due anni, prima di lasciarmi partire per Betlemme, dove feci il noviziato».

Dopo gli studi di teologia a Gerusalemme e di filosofia a Napoli, padre Carlo venne nominato insegnante dei chierici a Betlem me e segretario custodiale all’età di 32 anni. Un incarico che ricoprì più volte, fino a diventare Custode nel 1986, per sei anni. Un tempo burrascoso che ricorda con passione: «Sono stato il Custode dell’intifada, della guerra del Libano  e della prima guerra del Golfo. Ci tiravano i sassi, ma non abbiamo mai rinunciato a portare aiuto alle famiglie in difficoltà. Siamo sempre stati vicini a chi pagava il prezzo più alto dell’odio, così come nel ’67 i nostri frati andavano persino a raccogliere i morti della guerra. Una presenza che la gente ci ha sempre riconosciuto».

Per i giovani padre Carlo ha sempre avuto un’attenzione particolare: fu lui a promuovere gli animatori vocazionali e la cultura, con l’insegnamento della filosofia a Betlemme.

Dopo l’impegno come Custode, arrivò l’incarico presso il Commissariato generale di Napoli, nello storico convento seicentesco nei quartieri spagnoli. Dopo una parentesi a Ain Karem come maestro dei novizi, il ritorno in terra partenopea, ma in un nuovo convento di cui è orgoglioso: «Siamo sulla collina che domina il golfo, circondati dal verde, proprio vicino alla reggia di Capodimonte. Qui posso anche dedicarmi ai miei fiori e alle passeggiate nel parco».

Ci spiega l’attività principale del suo Commissariato: «È legata ad una tradizione ancora molto sentita, quella dei fratelli collettori. Questi frati vanno di casa in casa per visitare ogni anno le famiglie iscritte nei registri dell’Opera pia di Terra Santa. Le offerte che raccolgono vanno per le necessità della Custodia e per la celebrazione di messe particolari a Gerusalemme».

Un’altra attività che occupa molto padre Carlo è quella dei pellegrinaggi: «Ogni volta che ho la possibilità di rituffarmi in Terra Santa mi sento ringiovanire, quasi non mi riconosco». Per questa ragione si dà da fare per andarci il più spesso possibile e per coinvolgere i giovani per i quali auspica ostelli e facilitazioni economiche: «Bisogna favorire la partecipazione dei giovani al pellegrinaggio, là dove risuonano gli inviti di Gesù a farsi discepoli.  Restano affascinati dal messaggio dei luoghi e ogni volta è un’esperienza che segna nel profondo».

Guardando alla Terra Santa di oggi, cosa c’è da sperare? «Che si avveri la profezia di Isaia: un tempo di pace! Tutti in questo modo potrebbe arrivare in Terra Santa per pregare nei Luoghi Santi».

E cosa sogna per sé padre Carlo? «Un prossimo incarico in Terra Santa, dove vorrei vivere e morire. Ein Karem, con le sue dolci colline, i fiori e i profumi che ricordano la nostra Toscana… Oppure Betlemme, il mio primo amore, il luogo dove ogni giorno è Natale».

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