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Ebraismo al femminile

Claudia Milani ed Eliora Mishler
21 gennaio 2014
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Ebraismo al femminile
Ritratto di Bonna Devora Haberman, una delle Donne del Muro (foto Miriam Alster/Flash90)

Qualche volta la storia si ripete. All’epoca del secondo Tempio, quella di Gesù, i farisei coesistevano con sadducei, esseni e zeloti. Oggi come allora l’ebraismo è attraversato da molteplici correnti, che presentano le più svariate sfumature. Quattro, attualmente, le principali: ultraortodossi, ortodossi moderni, liberali ed ebrei masoretici, eredi dell’ebraismo farisaico (cfr a questo proposito il dossier sulla rivista di gennaio-febbraio 2012). All’interno di ciascun movimento esistono poi ulteriori ramificazioni: haredim (i «timorati di Dio»), i sionisti religiosi, conservative e neo-liberali, ciascuno contraddistinto da proprie pratiche, con una tendenza politica peculiare e soprattutto con una propria visione della vita.

Queste differenze sono altrettanto vivaci e presenti nel mondo femminile. Il che rende le discussioni dei pranzi di Shabbat molto movimentate.

In questo dossier (per le cui testimonianze ci siamo avvalsi della collaborazione di Eliora Mischler, giovane ebrea residente in Israele) vorremmo cercare di dar conto appunto (seppur in maniera non esaustiva) dell’universo femminile dell’ebraismo. E delle sue peculiarità e differenze. A partire dalla cosiddetta «controversia del Muro», la querelle che da 25 anni oppone al Kotel (il Muro occidentale) le frange più progressiste del mondo ebraico femminile e le componenti più conservatrici della società. Da una parte dunque donne che rivendicano la possibilità di pregare indossando lo scialle di preghiera (talith), i filatteri (tefillin) e la kippah, tutti elementi, in ambito ultraortodosso e ortodosso moderno, riservati esclusivamente agli uomini.  Dall’altra, una visione tradizionale (o meno progressista), che rivendica una divisione ancora netta dei ruoli, pur riconoscendo alla donna un ruolo centrale nel progetto di YHWH sull’umanità. (g.c.)

Nota: In questo Dossier abbiamo scelto di riferirci alla divinità con il tetragramma sacro YHWH, secondo l’uso più corrente nel giudaismo.

(Queste righe costituiscono l’Introduzione al Dossier di 16 pagine pubblicato nella versione cartacea del bimestrale Terrasanta)

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