Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Un museo della «memoria» del popolo ebraico

Elena Lea Bartolini De Angeli
12 luglio 2010
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Come è noto, la categoria della memoria è una dimensione importante per la coscienza ebraica, e questo vale anche per l’esilio, in ebraico galut, termine configurato da una radice che comprende sia il significato di «esiliare» che quello di «rivelare». A tale proposito vale la pena visitare a Tel Aviv il Museo di Nahum Goldmann che racconta l’esperienza del popolo ebraico in esilio dalla distruzione del Primo Tempio, avvenuta 2.600 anni fa, fino ad oggi.

All’interno del Museo sei «portali» sono di ausilio per strutturare percorsi finalizzati alla comprensione del fenomeno della diaspora nel mondo: famiglia, comunità, fede, cultura, il popolo ebraico tra le nazioni ed il ritorno alla Terra d’Israele. A differenza di altri musei, le esposizioni presenti nel Museo della Diaspora non hanno carattere cronologico, e la maggior parte degli oggetti esposti non sono «originali» ma «copie» che raccontano il tessuto della vita ebraica; un esempio, sono le candele o lampade del Sabato che assumono differenti forme a seconda del gruppo etnico a cui appartengono, le quali testimoniano l’antica tradizione degli ebrei di tutto il mondo di accogliere lo Shabbath nella casa illuminata.

Tutti i percorsi rivelano così la ricchezza e la varietà dei differenti gruppi etnici, mostrando come l’ebraismo si sia positivamente inculturato nelle diverse zone geografiche nelle quali ha scelto di vivere o vi è stato costretto. Sono al riguardo interessanti i modelli di 18 sinagoghe: dalla pagoda utilizzata come casa di preghiera proveniente da Kaifeng in Cina alla sinagoga ultra moderna di Frank Llloyd Wright’s del 1954, il tempio Beth Shalom in Elkins Park, in Pennsylvania. Lo stesso vale per le diverse tipologie di arte, l’istruzione, le differenti lingue e, presso il Feher Jewish Music Center, per le differenti tipologie di musica ebraica, che possono essere ascoltate unitamente alla visione di differenti video musicali, ora anche in forma digitalizzata. Il data base del Centro Feher comprende musiche provenienti dall’India, dalla Spagna, dalla Libia, Grecia, Marocco e da altre parti del mondo per un totale di oltre 5.000 nomi tra direttori d’orchestra, compositori, autori di testi, poeti, traduttori, cantanti ed esperti di musicologia: dalle radici della musica ebraica fino ad oggi. Tra i diversi nomi qui presenti e catalogati ve ne sono alcuni poco noti, come quello di Acan Moses de Zaragua, un poeta del XIV secolo, ed altri estremamente famose come quello del Maestro Leonard Bernstein, celebre per la composizione relativa alla «preghiera ebraica prima di dormire», per la sua direzione della Aaron Copland’s Appalachian Spring e di altri capolavori.

Nel percorso tra le «nazioni» vi è il racconto del rapporto tra gli ebrei e le persone di altre fedi e culture, mentre il «Ritorno a Zion» racconta la storia del sionismo e la specifica influenza del medesimo sulle famiglie. Qui è possibile trovare «alberi genealogici» che mostrano due differenti rami: uno formato dagli ebrei provenienti da tutto il mondo e l’altro formato dai membri delle famiglie giunte in Israele.

Per chi desidera invece una visione cronologica della storia ebraica, attraverso il cosiddetto Chronosphere come all’interno di un teatro si viene condotti passo passo lungo la medesima. Infine, presso il Jewish Genealogy Center, è possibile vivere l’emozione di scoprire i luoghi di origine e la storia della propria famiglia, verificando eventuali origini ebraiche «perdute» nel tempo.

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