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I tre «san Giacomo» della Chiesa primitiva

Edoardo Arborio Mella
21 gennaio 2009
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La Chiesa di Terra Santa conserva il ricordo di tre personaggi neotestamentari di nome Giacomo attorno ai quali si è intrecciata tutta una rete di tradizioni. Il primo è colui che nella lettera di Paolo ai Galati (1,19) è chiamato «fratello del Signore». Egli è presente in vari punti degli Atti degli Apostoli come detentore di una posizione speciale entro la Chiesa di Gerusalemme, che dunque lo considera il suo primo vescovo. A lui è attribuita la Lettera di Giacomo, e anche un importante testo apocrifo noto come Protoevangelo di Giacomo. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio (Antichità 20,9,1) narra che egli fu ucciso verso l’anno 62, lapidato in seguito a una controversa iniziativa del sommo sacerdote. Una tradizione ne indica la tomba nella valle del Cedron. Un problema a suo riguardo è costituito dal sopra ricordato appellativo «fratello del Signore»: la Chiesa cattolica, ricordando che tale termine può indicare una parentela prossima, vede generalmente in lui un cugino; per la Chiesa ortodossa e alcune Chiese orientali egli è invece un fratellastro, figlio di Giuseppe, ma non di Maria. Talvolta è identificato con Giacomo figlio di Alfeo ricordato in Mt 10,3 fra gli apostoli. Se non si accetta tale identificazione, quest’ultimo è dunque un secondo Giacomo, noto anche come Giacomo il minore (secondo una dizione presente in Mc 15,40) per distinguerlo da Giacomo il maggiore, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni.

Eccoci dunque al terzo Giacomo, ripetutamente menzionato nei Vangeli sinottici fra i più cari amici di Gesù. Gli Atti degli Apostoli (12,1-2) ne menzionano la morte per ordine di Erode, attorno agli anni 41-44. Egli fu quindi il primo nel gruppo dei dodici a conoscere il martirio. Secondo la tradizione il suo corpo fu poi portato miracolosamente in Spagna, quella Spagna amata ch’egli, sempre secondo la tradizione, aveva cercato invano di evangelizzare. Sul luogo del suo riposo sorse poi il santuario di Santiago de Compostela. Una tradizione di Terra Santa afferma peraltro che la sua testa troncata venne raccolta da Giacomo fratello del Signore e pietosamente deposta sul proprio seggio episcopale. Essa si trova ora nella cattedrale armena, nella terza cappella a sinistra a lui dedicata rivestita di marmo e decorata di madreperla e tartaruga.

Entriamo a questo punto in un’altra tradizione: quella secondo cui la cattedrale armena sorge precisamente sul luogo della dimora del fratello del Signore, dunque sull’episcopio della primitiva comunità. Lo stesso Giacomo vescovo è sepolto sotto l’altare maggiore, e davanti ad esso si vede il suo trono episcopale sormontato da un canopio ricoperto di madreperla. Esso non è mai occupato: solo una lampada fa memoria della presenza del santo. Il patriarca armeno siede su un più modesto seggio accanto al trono.

La Chiesa armena ha assunto dunque l’eredità spirituale di Giacomo vescovo in base a tradizioni topografiche. Ma tutta la Chiesa di Gerusalemme ne rivendica la paternità: così la locale parrocchia ortodossa, situata sul sagrato del Santo Sepolcro, è a lui intitolata. Pure intitolata a lui è una succursale della parrocchia francescana nel quartiere di Beit Hanina, nella parte nord della città. Perfino una moschea lo ricorda: situata dentro la porta di Jaffa, consiste in un piccolo ambiente gotico e porta il curioso nome di Al-Yaqub, Giacomo: si tratta di una chiesa a lui dedicata, costruita in epoca crociata e poi trasformata in moschea.

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