
Abdallah II ha parlato nell'aula del Parlamento europeo chiedendo all'Europa di confermare le scelte positive compiute ottant'anni fa per dare un futuro di pace al continente stravolto dalla guerra mondiale. Quei principi valgono ancora, dice il sovrano. Anche in Medio Oriente.
(g.s.) – A mezzogiorno di ieri, 17 giugno 2025, il re di Giordania Abdallah II è stato accolto nell’aula del Parlamento europeo a Strasburgo e ha rivolto, in inglese, un discorso ai deputati chiamandoli «amici miei». Il tono pacato dell’allocuzione non ha fatto velo a un senso di urgenza che le parole del monarca hashemita hanno voluto trasmettere in una fase storica densa di incognite minacciose per il Medio Oriente, ma anche per il resto dell’umanità, a cominciare dai più prossimi alla regione, noi europei.
Re Abdallah ha ricordato che dal suo precedente intervento davanti all’europarlamento, cinque anni fa, sono accaduti «sconvolgimenti politici, tecnologici ed economici di vasta portata che hanno messo alla prova la nostra comunità internazionale. Una pandemia globale, nuove minacce alla sicurezza, un’accelerazione tecnologica senza precedenti, una disinformazione dilagante e iper-virale, una guerra furiosa in Ucraina e un’altra, crudele, nella Striscia di Gaza; ora gli attacchi contro l’Iran, che minacciano una pericolosa escalation di tensioni, nella mia regione e oltre. Stiamo vivendo ondate continue di sconvolgimenti, senza tregua».
Non c’è da stupirsi allora, dice il sovrano, se il mondo appaia disorientato e privo di saldi riferimenti morali: «Le regole si stanno sgretolando; la verità cambia di ora in ora, l’odio e la divisione prosperano, mentre moderazione e valori universali arretrano sotto la pressione degli estremismi ideologici. Nel caos, rischiamo di dimenticare chi siamo, e cosa rappresentiamo. Ma è proprio in questi snodi della storia che dobbiamo rinnovare il nostro impegno verso i nostri valori».
«L’Europa questo lo comprende – osserva Abdallah II –. Dopo la Seconda guerra mondiale, essa ha fatto una scelta: ricostruire non solo le sue città, ma anche le fondamenta. I popoli europei erano determinati a lasciarsi il passato alle spalle e a costruire una nuova era di pace. Hanno scelto la dignità umana al posto del dominio, i valori invece della vendetta, il diritto al posto della forza, la cooperazione invece del conflitto. Sulle rovine della guerra, l’Europa ha capito che la vera sicurezza non risiede nella forza degli eserciti, ma nella forza dei valori condivisi, e che la pace imposta con la forza o con la paura non può durare. Avete anche scelto di riconoscere che ciò che vi univa era molto più di ciò che vi divideva. Oggi, anche la nostra comunità globale deve fare lo stesso».
«Sappiamo – ha proseguito il monarca, ascoltato in silenzio ma raramente interrotto dagli applausi – che dispute e divergenze fanno parte della realtà umana; che le sfide saranno sempre più complesse, e che le crisi sono la cifra della nostra epoca. Ma ciò che conta è come le affrontiamo, e i valori cui ci ancoriamo».
«Amici miei, l’ultima volta che mi sono trovato in questa sala, ho condiviso la mia convinzione che “dietro ogni angolo c’è sempre una versione migliore di noi”. Ottant’anni fa, avete svoltato quell’angolo, avete scelto una versione migliore dell’Europa, e, per molto tempo, le vostre scelte hanno contribuito a formare un mondo più stabile e più giusto. Oggi quel mondo è in declino morale. Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori comuni si stanno sgretolando a un ritmo allarmante, con conseguenze devastanti. In nessun posto ciò è più evidente che a Gaza, un luogo in cui il mondo si è trovato a innumerevoli crocevia, ciascuno un’opportunità per diventare qualcosa di migliore, ma ogni volta, ha fallito. Ricordate il 2023, quando i primi attacchi e incursioni israeliane contro un ospedale a Gaza hanno suscitato choc e indignazione globali. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro strutture sanitarie a Gaza. Com’è possibile che ciò che venti mesi fa era considerato un’atrocità, oggi sia diventato così comune da passare quasi inosservato? Quale versione della nostra umanità permette che l’impensabile diventi routine? Che si usi la fame come arma contro i bambini? Che si normalizzi il bersagliamento di operatori sanitari, giornalisti e civili in cerca di rifugio nei campi? Venti mesi. Dovrebbe allarmarci tutti. Ma non sorprenderci. Perché quando la nostra comunità globale fallisce nel colmare il divario tra i principi e l’azione, quando i valori non vengono praticati, diventano retorica, astrazione, e merce sacrificabile».
Secondo il re di Giordania sono due i fronti su cui agire: «Il primo è sostenere lo sviluppo, perché un Medio Oriente prospero crea opportunità che avvantaggiano tutti. Ma come abbiamo visto più volte, questa realtà funziona in entrambe le direzioni. Quando la speranza viene a mancare, le conseguenze si ripercuotono oltre i confini. Il secondo è un’azione forte e coordinata per garantire la sicurezza globale. La nostra sicurezza reciproca non sarà garantita finché la comunità internazionale non agirà, non solo per porre fine alla guerra in Ucraina, che dura da tre anni, ma anche al conflitto più lungo e distruttivo del mondo, quello tra palestinesi e israeliani, che va avanti da otto decenni. Perché, amici miei, i palestinesi, come tutti i popoli, hanno diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, a uno Stato».
«Alla fine, questo conflitto deve concludersi. E l’unica soluzione praticabile è quella fondata su una pace giusta, il diritto internazionale e il riconoscimento reciproco. Amici miei, la strada verso la nostra versione migliore non può essere tracciata solo con il progresso tecnologico, le scoperte scientifiche o i successi politici. È forgiata dalle scelte che compiamo ogni giorno, come individui e come leader. Il cammino verso la pace è già stato percorso. Può esserlo di nuovo, se avremo il coraggio di sceglierlo, e la volontà di percorrerlo insieme». Così si è espressa a Strasburgo una mano tesa da Amman.