La Corte internazionale di giustizia dell'Aia esamina il caso di Israele che impedisce nei Territori occupati le attività dell'agenzia Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi. Ancora una volta, davanti ai giudici, Washington avalla le scelte del governo israeliano.
Se qualcuno volesse la prova provata che la politica è completamente impazzita e che, soprattutto, il diritto internazionale è ormai la foglia di fico dietro cui si nascondono gli interessi più vergognosi delle potenze, non dovrebbe far altro che seguire il dibattito in corso presso la Corte internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. La Corte sta dibattendo il caso di Israele, accusato di aver violato la carta fondativa delle Nazioni Unite per il bando imposto nell’ottobre scorso all’Unrwa, che è l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi.
Come si sa, nel gennaio 2024 Israele ha accusato dodici impiegati dell’Unrwa di aver partecipato alle stragi del 7 ottobre 2023, portando munizioni ai terroristi di Hamas o addirittura partecipando ai rapimenti dei civili israeliani. Le Nazioni Unite lanciarono un’inchiesta sull’accaduto e nessuna prova a supporto delle accuse israeliane fu trovata. Né gli israeliani hanno mai risposto alla richiesta di fornire indicazioni più precise. Da decenni Israele cova risentimento nei confronti dell’Agenzia che supporta i palestinesi, per una ragione ben precisa: con la propria sola esistenza ed attività, l’Unrwa perpetua il riconoscimento dello status di rifugiato per i palestinesi fuggiti dalla Palestina durante la nakba del 1948 e per i loro discendenti. E lo status di rifugiato implica il diritto, prima o poi, a tornare sulla propria terra, idea che Israele respinge da sempre.
Dall’ottobre del 2023 ad oggi, le bombe israeliane hanno ucciso 290 membri dello staff dell’Unrwa e colpito con 830 attacchi le sedi dell’agenzia, anche quando affollate di rifugiati. Infine, nell’ottobre scorso, è arrivato il bando totale dell’Unrwa, contenuto in due nuove leggi israeliane.
Dicevamo del mondo impazzito. Al dibattito presso il tribunale degli Stati Joshua Simmons, consigliere legale del Dipartimento di Stato Usa, è intervenuto per sostenere le decisioni di Israele dicendo che gli interventi umanitari possono essere realizzati anche dalla «potenza occupante» o da «organizzazioni imparziali come il Comitato Internazionale della Croce Rossa», accusando quindi l’Unrwa di non essere imparziale e ribadendo le accuse di una partecipazione dei suoi uomini alla strage del 7 ottobre del 2023.
Così, mentre una grande potenza democratica come gli Stati Uniti (l’unico Paese ad assumere una simile posizione insieme con l’Ungheria) dava la propria copertura a una strage di civili, un Paese come la Russia, che da tre anni occupa con le armi parte importante di un Paese vicino, proponeva per l’Unrwa il Premio Nobel per la Pace, attaccando ovviamente la politica condotta da Israele. Alla faccia, Usa e Russia, del cosiddetto diritto internazionale.