
Durante una conferenza stampa organizzata al Patriarcato latino di Gerusalemme il 13 maggio, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha sintetizzato, con parsimonia ed entusiasmo, l’esperienza del Conclave.
È un cardinale felice di essere tornato nella città santa quello che nel pomeriggio di martedì 13 maggio ha incontrato un gruppo di giornalisti di varie testate a Gerusalemme. Ampiamente citato da molti media come uno dei «papabili» dopo la morte di papa Francesco, il card. Pierbattista Pizzaballa ha liquidato con un sorriso la questione, anche se ha ammesso di essere stato un po’ infastidito dal chiasso che si faceva intorno a lui: «Ci sono stati due conclavi – ha detto –: quello dei cardinali e quello dei media. Io partecipavo al primo… Sapevo prima di partire per Roma che sarei tornato».
Senza poter rivelare troppo sui retroscena del voto che ha portato, in 25 ore, all’elezione del cardinale statunitense Robert Francis Prevost, il card. Pizzaballa ha spiegato che «c’è stato un consenso molto rapido e molto chiaro tra i cardinali sulla scelta da fare». Pur essendo stati creati cardinali nello stesso Concistoro, il 30 settembre 2023, il nuovo papa e il patriarca si conoscono poco, ma quest’ultimo ha salutato una scelta che incarna «continuità e diversità».
Quando gli hanno chiesto quali parole abbia detto al Papa appena eletto, il card. Pizzaballa ha risposto: «Gli ho assicurato l’obbedienza, la vicinanza nella preghiera, la lealtà e la volontà di lavorare insieme per la Chiesa del mondo e della Terra Santa».
Guerra e pace, temi ricorrenti nelle Congregazioni dei cardinali
Per il patriarca latino – cardinale da neppure due anni – quello appena concluso è stato il primo Conclave. Per lui l’esperienza è stata «molto interessante»: «L’atmosfera era molto solenne e raccolta. Essere seduti sotto gli affreschi di Michelangelo, nella Cappella Sistina, è un’esperienza unica». Un video che mostra Pizzaballa intento a osservare il soffitto con aria pensosa è circolato molto sui social. Lui ne ride: «Il posto assegnatomi era proprio sotto la raffigurazione della creazione di Adamo. Così ho avuto tutto il tempo per contemplarla».
Il patriarca si è detto particolarmente colpito dalle Congregazioni generali, le riunioni preparatorie in cui i cardinali parlano delle sfide della Chiesa: «Le questioni della guerra e della pace sono state tra i grandi temi emersi durante le Congregazioni, insieme alla vita della Chiesa. La nostra convinzione, condivisa, è che con oltre cinquanta conflitti in corso nel mondo, la Chiesa non possa restare in silenzio: c’è bisogno di parlare di pace e promuovere il dialogo, tanto religioso quanto politico».
La parola “pace” papa Leone XIV l’ha pronunciata più volte nella sua prima apparizione come successore di Pietro dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, lo scorso 8 maggio. È tornato a parlarne anche nel breve discorso dopo il canto del Regina caeli a mezzogiorno di domenica 11 maggio, lanciando un vibrante: «Mai più la guerra», prima di invocare un «cessate il fuoco immediato a Gaza»: «Che l’aiuto umanitario venga fornito alla popolazione civile stremata e che tutti gli ostaggi siano liberati».
Le attese dei cristiani di Terra Santa
Papa Francesco si era distinto per le sue telefonate quasi quotidiane alla piccola parrocchia di Gaza e per aver denunciato più volte la “crudeltà” di Israele nell’enclave. Ora i cristiani di Terra Santa guardano con attenzione ai primi passi del papa americano.
«La nostra speranza – si spinge a scrivere Daoud Kuttab, giornalista cristiano palestinese con cittadinanza statunitense, in un editoriale sul giornale saudita in lingua ingelse Arab News – è che papa Leone non solo segua i passi di papa Francesco, ma li renda ancora più espliciti, visitando i feriti, chiamando in causa l’occupazione e l’oppressione e sollevando le voci di chi è messo a tacere. Una visita a Gaza, se dovesse avvenire, segnerebbe un inizio notevole».
«Non so quando sarà possibile una visita [del Papa] in Medio Oriente e in Terra Santa», osserva il patriarca latino di Gerusalemme. «È evidente che sarà in programma, prima o poi. Oltre a essere la madre delle Chiese, Gerusalemme è al cuore di un conflitto che risuona in tutto il mondo. Il nuovo papa è chiamato a intervenire sulla scena internazionale. Ma per ora, bisogna lasciarlo respirare. Ha tante cose da scoprire».
Nel frattempo, il cardinale Pizzaballa denuncia con fermezza il blocco israeliano che priva l’enclave degli aiuti umanitari da oltre due mesi: «La situazione è inaccettabile. La fame non può essere usata come arma di guerra. Facciamo appello a tutti coloro che ne hanno il potere perché pongano fine a questa guerra».