Circa un anno fa, mentre la società Energean (gruppo privato europeo, fondato in Grecia ed oggi con quartier generale a Londra, specializzato nell’estrazione e commercializzazione di gas e petrolio – ndr) esplorava i fondali del Mediterraneo in vista dell’estrazione di gas naturale a oltre 90 chilometri dalla costa israeliana, le immagini inviate dal robot subacqueo rivelarono qualcosa di inatteso: «Un grande quatitativo di anfore ammassate sul fondale», spiega il dottor Karnit Bahartan, responsabile ambientale di Energean. Le immagini furono trasmesse all’Autorità israeliana per le antichità (Aia), che ha reso nota la scoperta in un comunicato stampa pubblicato il 20 giugno scorso.
Il ritrovamento è unico: si tratta del carico di una nave mercantile cananea affondata più di 3.000 anni fa e che giace a una profondità di 1,8 chilometri. Lunga 12 metri, l’imbarcazione trasportava centinaia di anfore, la maggior parte delle quali sono ancora intatte, sepolte sotto i sedimenti marini, con – forse – parte dello scafo in legno. I fondali marini sono pieni di relitti in tutto il mondo, ma questo è il primo ritrovato in acque profonde.
Nuove prospettive storiografiche
«Questa scoperta cambia quel che sapevamo dalla storia», afferma entusiasta Jacob Sharvit, capo dell’unità marina dell’Aia, nel comunicato stampa. Sulla base della scoperta di altri due relitti della tarda età del bronzo non lontano dalla costa turca, l’ipotesi accademica comunemente accettata fino ad ora era che il commercio all’epoca si svolgesse navigando sottocosta da un porto all’altro.
«Ora sappiamo che i marinai erano in grado di attraversare il Mediterraneo anche perdendo di vista la costa. In questo punto del Gps si vede solo il mare. Quindi probabilmente per orientarsi facevano riferimento alla posizione del sole e delle altre stelle».
A giudicare dal modo in cui il suo carico è rimasto in gran parte intatto e allineato (stando alle onde acustiche percepite dal sonar), l’antica nave sarebbe affondata all’improvviso: «O a causa di una tempesta o a causa di un attacco di pirati, un fenomeno ben noto alla fine dell’Età del Bronzo», dice Jacob Sharvit. Protetta dalle onde e dalle correnti grazie alla sua profondità, la nave è rimasta «come congelata nel tempo» e offre «un enorme potenziale di ricerca», spiega Jacob Sharvit.
Gente di mare e pirati
Il team di Energean ha organizzato un’operazione speciale con gli archeologi dell’Aia per sollevare e riportare in superficie due delle anfore del relitto utilizzando un dispositivo speciale progettato per non danneggiare la struttura dell’antica nave. Tipiche del periodo cananeo, queste giare erano il modo più efficiente per trasportare olio, vino e frutta da un luogo all’altro.
«Il ritrovamento di una così grande quantità a bordo di una sola nave testimonia gli importanti legami commerciali tra il loro paese d’origine e le antiche terre del Vicino Oriente», spiega Jacob Sharvit. Una volta analizzate, le giare non contenevano altro che sedimenti.
Alla fine dell’Età del Bronzo, più di 3.200 anni fa, il commercio internazionale si sviluppò notevolmente nella regione. Furono create reti commerciali, le navi migliorarono e furono in grado di trasportare maggiori volumi di merci.
«Città portuali come Byblos, una città cananea, e altri centri urbani fenici videro crescere il proprio status», spiega l’archeologo. «Abbiamo documenti di questo periodo su spedizioni militari marittime, come il testo sulle pareti del palazzo di Thutmosis III a Karnak che descrive la sua quinta campagna in Siria e in Terra d’Israele. Durante quella campagna furono catturate molte navi cananee cariche di merci».
Il commercio marittimo fiorì sino alla seconda metà della tarda età del bronzo. In quel periodo, nel Mediterraneo orientale comparve un nuovo attore: i «Popoli del Mare», pirati che disturbarono il commercio tra l’Egitto e la costa del Levante.
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