Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Sauditi e Houthi trattano, spiragli di pace in Yemen

Elisa Pinna
14 aprile 2023
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile

Una delegazione dell’Arabia Saudita è per la prima volta atterrata a Sana’a per aprire – il 9 aprile scorso – colloqui ufficiali e diretti con gli Houthi, la formazione yemenita filo-iraniana che, nel 2014, ha rovesciato il governo yemenita, spaccando in due il Paese. I punti in discussione.


Le cose cambiano con rapidità in Medio Oriente e spiragli di pace potrebbero aprirsi per lo Yemen, Paese distrutto e affamato da una guerra che dura da otto anni e che si porta dietro un bilancio provvisorio di 350mila morti, un numero incalcolabile di feriti e mutilati e un 80 per cento della popolazione (24 milioni di persone) che sopravvive solo grazie agli aiuti delle agenzie umanitarie.

Una delegazione dell’Arabia Saudita è per la prima volta atterrata ufficialmente a Sana’a, l’8 aprile scorso, per aprire colloqui diretti con gli Houthi, la formazione yemenita filo-iraniana che, nel 2014, aveva rovesciato il governo legittimo sostenuto da Riyadh, costringendolo a fuggire ad Aden. La guerra civile interna si era regionalizzata già nel 2015, con l’intervento dei sauditi a capo di una coalizione di Paesi arabi; i loro bombardamenti massicci e un embargo totale verso lo Yemen settentrionale (l’area sotto controllo Houthi) non sono però riusciti a modificare la situazione sul campo, né a riportare un governo amico nella capitale Sana’a. Anzi gli Houthi, sostenuti con armi e droni dall’Iran, hanno rafforzato le loro posizioni e sono riusciti a mettere in difficoltà l’Arabia Saudita e le sue infrastrutture petrolifere. L’incontro di Sana’a, preparato con la mediazione dell’Oman, è quanto di «più vicino ad una possibilità di pace duratura», ha affermato l’inviato delle Nazioni Unite per lo Yemen, Hans Grundberg.

A stringersi la mano, nel palazzo presidenziale di Sana’a, sono stati – il 9 aprile – l’ambasciatore Muhammad al-Jaber, l’uomo di Riyadh in Yemen (Aden), e il capo politico houthi, Mahdi al-Mashat, su cui pende dal 2017 una taglia saudita di 5 milioni di dollari per terrorismo. Se colloqui sottotraccia ci sono stati anche in passato tra sauditi e Houthi, la forma ufficiale di questa tornata rappresenta una cesura. Per la cronaca, ad immortalare il cordiale saluto tra i due è stata l’agenzia cinese Xinhua. Oltre alla foto, c’è molto altro di cinese in quello che sta succedendo negli ultimi tempi in Medio Oriente. La diplomazia, a partire dallo Yemen, sembra aver ripreso forza, dopo l’accordo per il ripristino dei rapporti diplomatici e lo scambio di ambasciatori firmato a Pechino, il 10 marzo scorso, tra l’Iran e l’Arabia Saudita, i due grandi avversari regionali.

Nell’incontro di Sana’a, si è discusso di temi importanti e concreti, secondo quanto hanno fatto trapelare alcuni dei partecipanti: tra i punti affrontati, una nuova immediata tregua di 6-8 mesi (una riedizione più corposa del cessate il fuoco del 2022), il progressivo ritiro di tutte le truppe straniere dal Paese, e l’avvio, tra circa un anno, di una fase di transizione, che servirà alle parti per costruire un nuovo assetto statale post-bellico e a ridare ossigeno al sistema economico del Paese, distrutto dal conflitto.

Sul suo profilo Twitter, un dirigente houthi, Mohammed al-Bukhaiti ha aggiunto altri dettagli: si è parlato di limitare le restrizioni imposte ai porti yemeniti, per consentire l’arrivo di merci e beni di prima necessità e la ripresa dei commerci con il resto del mondo. Anche la riapertura dell’aeroporto internazionale di Sana’a è in agenda. Ciò consentirebbe, fra l’altro, a migliaia di persone di poter viaggiare per ricevere cure mediche adeguate. In una catastrofe umanitaria estremamente complessa, le misure economiche sono in primo piano. È necessario, scrive al-Bukhaiti, che l’Arabia Saudita convinca il governo di Aden a riprendere subito il pagamento degli stipendi di tutti gli impiegati pubblici, anche nello Yemen settentrionale. Da anni sono stati bloccati e per molte famiglie rappresentano l’unica forma di sostentamento. È uno degli elementi che ha portato l’80 per cento della popolazione a una dipendenza totale dagli aiuti internazionali.

All’incontro di Sana’a mancavano i rappresentanti del governo legittimo di Aden. Il ministro degli Esteri yemenita si è affrettato a chiarire che ci sono state consultazioni con i sauditi, che nessuno «è stato tagliato fuori» e che, anzi, gli ultimi sviluppi in Yemen dimostrano come «l’Iran stia abbandonando i suoi obiettivi espansionistici regionali». Per ora Aden sembra fare buon viso ad un gioco tutto saudita, ma gli obiettivi, tra tutore e tutelato, potrebbero presto divergere. Per Riyadh la priorità è adesso disimpegnarsi da una guerra troppo lunga, troppo costosa, negativa in termini di immagine e diventata ormai un peso nei nuovi piani economici e politici dell’erede al trono Mohammed Bin Salman.

Sul progetto saudita di spingere le parti ad un accordo, grazie alle potenti leve di cui dispone Riyadh per premere su Aden e dei buoni uffici iraniani presso gli Houthi, si sono già dichiarati favorevoli sia Teheran sia gli Emirati Arabi Uniti. Quest’ultimi, sin dal 2019, dopo dissidi e scontri con i loro alleati sauditi, hanno ritirato gran parte delle loro truppe dallo Yemen. Ad Aden, però, tra le file del governo legittimo si teme di essere abbandonati al proprio destino e che anni di combattimenti possano finire in una resa. Lo Yemen non rappresenta solo una guerra per procura, avverte Abdulghani al-Iryani del Centro per gli studi strategici di Sana’a. La situazione è molto più intricata. Negli ultimi anni si sono affermati gruppi, milizie armate locali (tra cui Al Qaeda nel Sud) che lottano per il potere e il controllo di risorse importanti, quali petrolio e gas. A ciò si aggiungono faide istituzionali. Le due banche centrali, di Aden e di Sana’a, gestiscono separatamente le loro politiche monetarie. Qualcuno già si chiede: con che tipo di banconote verranno pagati gli stipendi – se mai verranno pagati – degli impiegati pubblici nord-yemeniti?

Articoli correlati
Colorexploring
Barbara Marziali, Sandra Marziali

Colorexploring

Il metodo per conoscere se stessi e illuminare i lati oscuri della vita
«Voi chi dite che io sia?»
Francesco Patton

«Voi chi dite che io sia?»

In cammino con Pietro sulle orme di Gesù
Seguire Gesù
Matteo Crimella

Seguire Gesù

Sette meditazioni sul Vangelo di Luca
Semi di fraternità
Massimo Fusarelli

Semi di fraternità

Con Francesco nelle sfide del nostro tempo