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La Festa del Cinema iraniano, tra turbanti e «Sacra Difesa»

Elisa Pinna
21 febbraio 2023
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Uomini in turbante e donne velate in sala. In gara film per lo più patriottici e ispirati agli eroi della guerra Iran-Iraq ossia alla «Sacra Difesa» nazionale, come è chiamato uno dei più importanti filoni cinematografici della Repubblica islamica. Ospite d’onore il presidente ultraconservatore, l’ayatollah Ebrahim Raisi.


Nell’appena conclusa quarantunesima edizione del Fajr Film Festival, l’evento culturale tradizionalmente più importante e dinamico della Repubblica islamica,  l’atmosfera si è decisamente incupita per via delle proteste antiregime, tutt’altro che spente in zone di confine come il Belucistan e il Kurdistan, e il boicottaggio e il crescente isolamento dell’Iran da parte dei Paesi occidentali. Se negli anni della presidenza moderata di Rouhani, la festa del cinema iraniano era riuscita ad allargare i suoi spazi di libertà e di apertura intellettuale verso il mondo (soprattutto occidentale) e ad accrescere la sua fama di kermesse internazionale ambita e prestigiosa, il combinato disposto della elezione di Raisi e dell’epidemia di Covid hanno spinto la rassegna ad un progressivo ripiegamento.

Stavolta però il Fajr Film Festival è sembrato asserragliarsi tanto ideologicamente quanto logisticamente, confinato in cima al grattacielo più inaccessibile della capitale, la Milad Tower, la torre alta oltre 400 metri che è uno dei simboli della città. In passato, la manifestazione cinematografica si svolgeva in una zona più centrale e raggiungibile di Teheran: i cittadini iraniani avevano a disposizione molteplici sale dove potevano vedere film che probabilmente non sarebbero mai passati sui grandi schermi nazionali e discutere liberamente con registi di paesi laici.

Al Festival le giurie erano internazionali, i vincitori provenivano da tutto il mondo e rassegne speciali erano dedicate ai «maestri del cinema». Anche registi italiani, come Mario Monicelli e Francesco Rosi, sono stati ospiti del Festival.

Stavolta niente giuria internazionale. Quest’anno, l’unica partecipazione eccezionale è stata quella del presidente della Repubblica Raisi. Mai nessun suo predecessore si era affacciato al Fajr Film Festival, considerato una sorta di «zona franca» rispetto alla politica culturale istituzionale. Un nugolo abbastanza consistente di mullah – come mostrano i video rilanciati dall’ Iran Press – ha poi presidiato la manifestazione, che si è svolta dal primo all’11 febbraio, in concomitanza, come ogni anno, con le celebrazioni organizzate  per la Rivoluzione islamica del 1979.

I premi sono stati consegnati dal ministro della Cultura e della Guida islamica e dal ministro dell’Istruzione e della formazione professionale. A vincere nella sezione generale è stato Cinema Metropole, diretto dall’iraniano Mohammad Ali Basheh Ahangar, un lungometraggio ispirato alla coraggiosa ricostruzione, durante la guerra Iraq-Iran, del cinema Metropole, distrutto dai bombardamenti iracheni nella città di Abadan,  poco ad est dello Shatt-el-Arab. Un inno – riferisce chi lo ha visto – all’unità nazionale di fronte al nemico.

Il film prescelto nella sezione interna, The stranger del regista iraniano Mohammad Hossein Latifi,  parla di un comandante dei Pasdaran, Mohammad Burujedi, che domò con la forza i separatisti curdi e difese l’integrità nazionale, sempre durante la guerra Iran-Iraq. Un messaggio, nemmeno troppo oscuro, alla regione tuttora inquieta del Kurdistan iraniano e ai ribelli del Belucistan.

Tra le opere straniere, si è distinto, nella sezione «Cinema Felicità», il lungometraggio russo Favola. Altri premi sono andati a opere cinesi e indiane, riproducendo una geometria di amicizie o possibili amicizie molto a cuore ai vertici del potere iraniano.

Alcune settimane prima dell’inizio del Fajr, e nonostante i boicottaggi prevedibili, gli organizzatori avevano annunciato di aver ricevuto 578 candidature da 72 paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, senza però entrare nel dettaglio. Solo all’apertura dei festival le candidature selezionate sono state svelate: i film occidentali erano spariti, anche perché i registi avevano protestato con il distributore regionale che li aveva messi in concorso senza il loro consenso. Come è sparita la tradizionale platea del Fajr Film Festival, ovvero intellettuali, artisti, giovani pieni di entusiasmo, donne che magari, visti i tempi, sarebbero state capaci di presentarsi senza velo, o di toglierselo all’improvviso. Per evitare rischi, gli organizzatori hanno fatto accedere nell’enorme anfiteatro della Milad Tower un pubblico più controllato e, soprattutto, allineato ai canoni islamici.

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