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Si scrive taxi, si pronuncia Yassir

Paola Caridi
23 giugno 2022
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Basta scaricare l’app di Yassir e muoversi in una città caotica come la capitale algerina può diventare molto meno complicato. E con il prezzo delle corse chiaro e bloccato. Lo chiamano lo «Uber algerino». Ve lo raccontiamo.


Sullo schermo dello smartphone il modello è molto simile. Un’automobilina compare sulla mappa di Algeri, si sposta lungo il tragitto, comunica alla cliente in quanti minuti arriverà e il costo della corsa. Basta scaricare l’app di Yassir e muoversi in una città caotica come la capitale algerina può diventare molto meno complicato. E con il prezzo delle corse chiaro e bloccato, senza mercanteggiare. È già stato chiamato lo «Uber algerino». E come la società che ha cambiato il nostro modo di usare un servizio di trasporto non pubblico, Yassir è cresciuto esponenzialmente in appena cinque anni.

Una piccola rivoluzione, per un Paese come l’Algeria, e soprattutto per la sua capitale, una città estesa di almeno quattro milioni di abitanti. Una rivoluzione che trova conferma anche nella velocità con la quale lo stesso nome – «yassir» – sia diventato sinonimo di taxi. Nata come una startup alla fine del 2017, Yassir è il parto di due ingegneri algerini, Noureddine Tayebi e Mehdi Yettou. Entrambi laureati al politecnico di Algeri e con un dottorato ottenuto oltre Atlantico, Tayebi nella prestigiosa Università di Stanford (California), Yettou in Canada. La differenza, rispetto ad altre storie di cervelli che scelgono di lasciare il proprio Paese, sta nel fatto che Tayebi e Yettou hanno deciso di tornare in Algeria, per creare il proprio lavoro.

Ora, a cinque anni dalla fondazione, Yassir è il più importante datore di lavoro per chi è ingegnere informatico in tutto il Maghreb: ne impiega seicento, mentre i dati forniti di recente dalla società alla France Presse parlano di 40 mila persone, tra autisti e rider, impiegate, quattro milioni di clienti in 25 città servite non solo in Algeria, ma anche in Tunisia, Marocco, Canada e Francia. Alla fine del 2021, Yassir ha raccolto 30 milioni di dollari di investimenti negli Stati Uniti e conta di irraggiarsi in Africa, soprattutto sulla costa occidentale. È il Senegal il punto di partenza prescelto. È tutto oro quel che luccica? A parte gli ostacoli burocratici in Algeria, indicati dagli stessi fondatori di Yassir, la domanda fondamentale è se il modello Uber, il modello della sharing economy e di una modalità di lavoro diversa, sia necessariamente il simbolo di un fulgido innovativo futuro.

Le parole scritte da Alaa Abd-el Fattah nei suoi «quaderni dal carcere» (Non siete stati ancora sconfitti, hopefulmonster editore, 2021), dedicate al modello Uber servono a farci riflettere e a metterci in guardia. «Queste teorie si sono trasformate da strumento per analizzare il passato a strumento ideologico per plasmare il presente e il futuro – scrive il più noto prigioniero di coscienza egiziano, ingiustamente detenuto da otto anni nel carcere di massima sicurezza di Tora, al Cairo –. Sono diventate l’ortodossia che governa i mercati, con gli investitori che competono in una corsa frenetica per individuare la prossima tecnologia o idea dirompente ed essere i primi a conquistarla (e idealmente monopolizzarla). Poi la finanziano e la fanno fruttare, affrettandosi a trasferire le attuali tecnologie dirompenti in nuovi mercati e settori. Così è nato il successo dell’idea della sharing economy nel mercato dei servizi alberghieri alternativi (ad es. Couchsurfing e Airbnb) che ha incoraggiato gli investitori a finanziare il trasferimento delle stesse tecnologie nel mercato dei trasporti (come Uber e Lyft), e ha spinto le stesse aziende ad espandersi geograficamente in nuove città e mercati».

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