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In Egitto la tivù promuove la scelta di al-Sisi

Laura Silvia Battaglia
21 aprile 2022
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Una fiction televisiva raggiunge le case degli egiziani per promuovere l'immagine del presidente al-Sisi, spiegando fatti e antefatti del colpo di Stato che lo portò al vertice dello Stato nel 2013. Una narrativa che taluni contestano.


L’attività revisionistica della recente storia egiziana promossa dal governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi è approdata nelle case di tutti gli egiziani durante gli iftar del corrente mese di Ramadan e sta già dividendo fortemente l’opinione pubblica di tutto il mondo arabo. Lo sceneggiato (tecnicamente definito musalsal) più discusso del momento si chiama Al-Ikhtiyar 3 (tradotto: «La scelta n. 3») ed è la terza serie che segue Al-Ikhtiyar 1 e Al-Ikhtiyar 2 trasmesse nelle scorse stagioni e racconta le ore, nell’agosto 2013, che hanno preceduto la presa del potere militare, progettata dall’allora ministro della Difesa e attuale presidente del Paese, dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011 e il defenestramento del presidente egiziano democraticamente eletto, Mohamed Morsi, sostenuto dai Fratelli Musulmani egiziani.

Al-Ikhtiyar 3, basato su eventi realmente accaduti, ritrae un futuro presidente stoico, preoccupato e determinato a fare tutto ciò che sia necessario per proteggere la caduta del Paese nella guerra civile. La linea narrativa dello sceneggiato è chiaramente anticipata dal trailer che promette di portare gli spettatori «dietro le quinte delle 96 ore più pericolose dell’Egitto», affermando che la serie dimostra la «determinazione di al-Sisi nel salvare l’Egitto dal sentiero oscuro dei Fratelli Musulmani». Di fatto, si tratta di una docu-fiction che utilizza una sceneggiatura romanzata degli ultimi giorni della presidenza Morsi, alternata a filmati d’archivio e a materiale inedito, con alcuni importanti leader dei Fratelli Musulmani in azione. Alcune delle figure raffigurate insieme a Morsi, ad esempio, includono il defunto ex ministro della Difesa Hussein Tantawi e alcuni leader dei Fratelli Musulmani come Mohamed Badie, la guida suprema del movimento, e Khairat al-Shater, vice-guida suprema.

I membri della Fratellanza, bandita in Egitto all’indomani del colpo di Stato di al-Sisi dell’agosto del 2013, sono descritti come entità politiche che desideravano stabilire il controllo totale dello Stato e minare le speranze di democrazia del popolo egiziano. Considerate le annunciate misure di modifica alla Costituzione egiziana che i Fratelli Musulmani desideravano introdurre, si può sostenere che Al-Ikhtiyar 3 qui non sia sbilanciata verso la misinformation. Tuttavia, partendo da qui e facendosi forte di questa premessa, lo sceneggiato presenta al-Sisi come un uomo obbligato dal dovere di agire per impedire che la «congiura» abbia successo. Per creare empatia con lo spettatore, il futuro presidente ancora generale viene ritratto nella sua vita privata, lontano dagli uffici del potere, mentre trascorre del tempo con la sua famiglia a casa o mentre si reca ad assistere la madre. La colonna sonora – agghiacciante e sinistra nelle scene con i membri dei Fratelli, eroica e potente quando i protagonisti sono el-Sisi e i suoi ufficiali – completa il quadro agiografico del salvatore dello Stato.

Lo sceneggiato punta molto anche a ingraziarsi il pubblico della minoranza copta e dell’Occidente cristiano: nel terzo episodio dello sceneggiato, intitolato Fratellanza di Stato, si racconta la storia di una coppia cristiana in preda al panico per l’imminente attuazione delle leggi della sharia da parte della Fratellanza. Lo stesso episodio inizia con un apparente incontro tra Mohamed Badie e l’allora ministro della Difesa al-Sisi, in cui Badie riconosce la popolarità di al-Sisi tra le masse e i soldati. Durante un’intensa conversazione, al-Sisi lancia un avvertimento calmo ma fermo al leader della Fratellanza, dicendo a Badie che la sua organizzazione si sta «intromettendo in questioni che non la riguardano». Alcuni utenti dei social media hanno reagito, commentando l‘episodio: pare che questa sceneggiatura non rispecchi il comportamento deferente assunto pubblicamente da al-Sisi mentre prestava servizio come ministro della Difesa durante la presidenza Morsi. «Stanno solo cercando di cancellare dalla nostra memoria le immagini del vero al-Sisi, in piedi davanti a lui con la testa china e sottomessa, seduto come una ragazza timida di fronte al suo fidanzato», scrive su Twitter Shirin Arafah, condividendo le immagini originali di al-Sisi con Morsi durante la presidenza del leader dei Fratelli musulmani. Inutile dire che, al di là delle critiche fattuali come quella citata, la messa in onda della serie abbia suscitato un’ondata di indignazione tra gli attivisti per i diritti umani e i membri dell’opposizione egiziana, che l’hanno definita «un esempio di revisionismo storico». Il più diretto è stato l’attore egiziano in esilio Amr Waked che l’ha definita «una commedia» che presenta una realtà molto diversa da quella che gli egiziani «hanno vissuto e sperimentato». Il famoso attore, che si è espresso con molta chiarezza sulle violazioni dei diritti umani in Egitto, ha ulteriormente dichiarato: «Sappiamo tutti chi è il bugiardo e il mistificatore. Il generale al-Sisi ha detto che non si sarebbe candidato alle elezioni e avrebbe salvato le persone dalla povertà, ma invece è finito per essere un politico che ha venduto il suo Paese».

Nel dibattito, che sta coinvolgendo una vasta platea nel mondo arabo un utente di Twitter localizzato in Qatar ha scritto: «In un momento in cui dobbiamo essere uniti, i produttori di Ikhtiyar 3 fomentano ancora di più le divisioni all’interno della società egiziana, dando la preferenza a una precisa linea politica». Il peggiore esempio di crimewashing imputato alla serie resta comunque la rappresentazione del massacro di Rabaa al-Addawyia del 13 agosto 2013, la più brutale uccisione di massa di civili nella storia dell’Egitto moderno, con circa mille morti in poche ore all’alba di quello stesso giorno. La scena più contestata è quella in cui gli ufficiali egiziani discutono l’eccidio dei sostenitori di Morsi – che chiedevano il ripristino della presidenza Morsi e il ritorno del suo governo – giustificandolo. La motivazione – che chi era testimone allora sa che era stata ampiamente diffusa dalla propaganda del generale el-Sisi e che non corrispondeva a quanto verificato nella sede del sit-in – era che le persone uccise a Rabaa erano armate. Per avere un quadro completo dell’operazione messa in piedi dal governo attuale, ai fini di avvicinare il presidente egiziano al suo popolo, in un momento in cui l’economia nazionale vacilla e prosegue il soffocamento delle voci critiche, occorre sapere che l’Egyptian Media Group, che possiede la casa di produzione dello show – denominata Synergy –, è a sua volta di proprietà di Eagle Capital, una società d’investimento collegata ai servizi segreti egiziani. Nulla di nuovo sotto i cieli del Cairo.

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