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Mercenari in campo nel conflitto russo-ucraino

Laura Silvia Battaglia
11 marzo 2022
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Secondo alcuni media e agenzie internazionali, vari Paesi del Medio Oriente, a cominciare dalla Siria, sono terreno di reclutamento di mercenari da inviare in Ucraina. Al fianco dei soldati russi, ma non solo.


La guerra dei mercenari tra Russia e Ucraina è appena cominciata. I segnali ci sono tutti, e arrivano dalle agenzie di stampa e dai media in lingua araba. A partire dal quotidiano saudita Asharq-alawsat, edito a Londra, che rivela come nella capitale siriana Damasco siano già attivi trafficanti di mercenari che reclutano miliziani da spedire nella guerra ucraina al fianco dei russi. La conferma segue la notizia diffusa ufficialmente dai media russi e rilanciata dalle agenzie di stampa internazionali (come Reuters e France-Presse) del via libera dato dal presidente russo Vladimir Putin all’invio di 16mila combattenti volontari dal Medio Oriente per aiutare l’esercito russo in Ucraina.

La decisione è stata finalizzata durante una riunione del consiglio di sicurezza russo, in cui il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha annunciato l’esistenza di migliaia di volontari già pronti a prendere le armi e combattere a fianco dei russi nella regione del Donbass, nell’Ucraina orientale. La risposta di Putin, diffusa durante la riunione televisiva del consiglio di sicurezza, è stata positiva, pur con qualche cautela. «Se vedete che queste persone vogliono aderire di propria iniziativa, non per soldi, per aiutare le persone che vivono nel Donbass, allora dobbiamo dare loro ciò che vogliono e dobbiamo aiutarle a raggiungere la zona di conflitto».

Quanto rivela Asharq-alawsat conferma lo scenario: in Siria la milizia al-Bustan, legata a Rami Makhlouf, cugino del presidente Bashar al-Assad, ha già provveduto a raccogliere le adesioni e si sono registrati 23mila giovani già addestrati. I contratti per i miliziani promettono mille dollari al mese per sette mesi di servizio. Il contratto è rinnovabile, in base all’andamento degli eventi bellici. Per la Russia l’apertura ai mercenari è finalizzata a rafforzare dei ranghi che, secondo analisti delle forze armate americane, hanno subito migliaia di perdite in 16 giorni di operazioni sul campo (un bilancio simile a quello dei militari americani caduti in Iraq dal 2003 in poi).

Per il settimanale The Economist, anche se Kiev capitolasse, la Russia non avrebbe «i soldi e le truppe per occupare neanche la metà dell’Ucraina», un Paese ostile, dove servirebbero tra i 20 e i 50 soldati ogni mille abitanti. Da questo punto di vista, Putin ha trovato un utile alleato in Bashar al-Assad che gli sta restituendo una cortesia, dopo l’aiuto determinante ottenuto per riconquistare le aree del Paese in mano all’Esercito siriano libero nel 2013 e, successivamente, a gruppi filo-qaedisti e al sedicente Stato Islamico.

Dall’altra parte, la Turchia non sta con le mani in mano. Dopo avere risposto all’appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e avere favorito la cessione di droni armati, sempre secondo il quotidiano Asharq-alawsat, facilita forme di reclutamento parallele nella zona sotto il suo controllo nel Nord della Siria, a favore dell’Ucraina.

Anche in Iraq la stampa locale dà notizia di azioni simili in corso nel Paese, a vantaggio di entrambe le parti e il governo di Baghdad, mettendo in guardia da attività simili, lancia l’allarme: «Il pericolo di infiltrazione di jihaddisti nell’area è fortissimo».

In campo c’è anche l’uomo forte della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ex ribelle diventato alleato del Cremlino, che ha pubblicato su TikTok video di combattenti ceceni in Ucraina, dicendo che alcuni di loro sono stati uccisi in battaglia.

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