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Cosa c’è dietro lo schiaffo a Biden dal Golfo Persico

Fulvio Scaglione
10 marzo 2022
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Nei giorni scorsi i due uomini forti dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti non si sono fatti trovare al telefono dal presidente Usa Joe Biden che vorrebbe più barili di petrolio sul mercato. Proviamo a capire perché.


Uno dei riflessi della brutale invasione russa dell’Ucraina è stato, nei giorni scorsi, il clamoroso rifiuto delle autorità dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti di parlare con il presidente americano Joe Biden. Questi voleva convincerli ad aumentare la produzione di petrolio per garantire i rifornimenti ai Paesi industrializzati e contenere i prezzi sul mercato mondiale. Loro, cioè il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (detto Mbs) e il principe emiratino Mohammed bin Zayed al-Nahyan non gli hanno nemmeno risposto al telefono. Hanno solo fatto sapere che si atterranno ai piani di produzione fissati dall’Opec+ (l’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio più la Russia). Il tutto mentre il petrolio supera il prezzo di 130 dollari a barile, cosa che non succedeva da quattordici anni.

Difficile credere che ciò sia dovuto solo alle relazioni personali da sempre fredde che intercorrono tra i leader, soprattutto tra Biden e Mbs. Ancor più difficile pensare che Arabia Saudita ed Emirati vogliano rompere la tradizionale alleanza con gli Usa per schierarsi accanto alla Russia su una questione, quella ucraina, che a loro interessa assai poco. Ci dev’essere, quindi, un’altra spiegazione.

L’ipotesi più credibile è che i sauditi ed emiratini non siano soddisfatti dell’andamento delle trattative di Vienna tra Usa e Iran per ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano siglato da Barack Obama nel 2015 e disdetto da Donald Trump nel 2018. Sia gli americani sia gli iraniani hanno detto più volte, nelle ultime settimane, che un accordo non solo è possibile ma anche è vicino. E le indiscrezioni sostengono che esso sarebbe costruito su questa base: l’Iran accetterebbe di eliminare le riserve di uranio a medio arricchimento e quasi totalmente anche quelle di uranio impoverito, oltre a smantellare due terzi delle centrifughe usate appunto per arricchire l’uranio. Gli Usa si impegnerebbero a far cadere le sanzioni che hanno devastato l’economia iraniana, insieme con quelle dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite.

Par di capire che le monarchie del Golfo Persico si siano sentite poco consultate nel procedere della trattativa e poco rispettate nelle loro esigenze di sicurezza. In particolare per quanto riguarda la guerra nello Yemen, dove sia i sauditi sia gli emiratini sono impegnati da anni, senza vincere la resistenza degli Houthi e, anzi, sentendosi sempre più minacciati dai droni che agli yemeniti, insieme con altri aiuti, arrivano appunto dall’Iran. Forse anche per questo l’Arabia Saudita negli ultimi tempi ha cercato di riavvicinare l’Iran, come avevamo fatto notare in queste pagine decidendo di tappare da sola i buchi lasciati dagli americani. Il rifiuto sul petrolio sarebbe una vigorosa tirata d’orecchio a un alleato che, peraltro, continua a essere indispensabile.

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