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I patriarcati ortodossi di Mosca e Alessandria ai ferri corti

Christophe Lafontaine
1 febbraio 2022
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I patriarcati ortodossi di Mosca e Alessandria ai ferri corti
Iconostasi della cattedrale greco-ortodossa dell’Annunciazione ad Alessandria (Egitto), sede del Patriarcato ortodosso di Alessandria (foto Roland Unger / Wikimedia Commons)

Il Patriarcato di Alessandria e di tutta l’Africa ha riconosciuto nel 2019 l’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina. In risposta, alla fine del 2021 la Chiesa russa ha creato un proprio esarcato in Africa. Lo scontro continua a colpi di comunicati.


Da due anni i rapporti tra il Patriarcato ortodosso di Mosca e il Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria si sono gravemente deteriorati. Sullo sfondo, la questione del riconoscimento da parte del Patriarca di Alessandria della nuova Chiesa ortodossa di Ucraina. Quest’ultima il 5 gennaio 2019 è diventata la quindicesima Chiesa ortodossa autocefala (che si governa da sé), dopo che il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, le ha concesso il tomos, cioè l’indipendenza canonica.

In una dichiarazione del 28 gennaio scorso, il Patriarcato di Mosca ha chiesto solennemente al patriarca Theodoros II di Alessandria e alla sua Chiesa «di rinunciare al sostegno allo scisma ucraino e di tornare sulla via canonica per preservare l’unità della santa ortodossia».

Per comprendere appieno la questione, si deve risalire all’8 novembre 2019, quando il patriarca greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa decise di riconoscere la nuova Chiesa ortodossa autocefala dell’Ucraina, a scapito della Chiesa ortodossa russa, fino a quel momento l’unica Chiesa canonica dell’Ucraina. La nuova Chiesa è il frutto di un concilio, svoltosi nel dicembre 2018, che ha riunito in Ucraina due Chiese non canoniche, cioè non in comunione con il resto del mondo ortodosso, e che durante la XX secolo si erano separate dalla Chiesa ortodossa ucraina. Quest’ultima, detta «leale», è rimasta canonicamente legata al Patriarcato di Mosca, che non riconosce la nuova Chiesa autocefala, vedendola sfuggire al suo controllo.

Un esarcato russo in Africa

Il riconoscimento da parte del patriarca di Alessandria della nuova Chiesa d’Ucraina non è il primo: è arrivato dopo quello della Chiesa ortodossa di Grecia e ha anticipato quella di Cipro, la più legata a Costantinopoli. La Chiesa di Mosca non ha apprezzato, per usare un eufemismo, l’avvicinamento del patriarca ortodosso di Alessandria a quelli che chiama «gli scismatici ucraini». «Per due anni la Chiesa russa (…) ha pazientemente atteso che il patriarca Theodoros cambiasse decisione», si legge nel comunicato del Patriarcato di Mosca, che conferma le misure adottate in questi ultimi mesi.

I patriarchi Theodoros II e Kirill.

Infatti, di fronte all’atteggiamento del patriarca Theodoros II, alcuni esponenti della Chiesa ortodossa russa hanno chiesto la creazione di una «metropoli africana del Patriarcato russo». Questo attacco alla legittimità del patriarca di Alessandria e di tutta l’Africa potrebbe essere considerato un monito di Mosca alle altre Chiese ortodosse che, a loro volta, vorrebbero riconoscere la Chiesa ucraina indipendente dalla Russia. Lo scorso 29 dicembre, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa, sotto la presidenza del Patriarca di Mosca Kirill, è passato all’azione creando un esarcato patriarcale in Africa, diviso in due diocesi, una per il Nord e l’altra per il Sud del continente.

Al contempo la Chiesa ortodossa russa ha dichiarato di ricevere sotto la sua giurisdizione 102 membri del clero del Patriarcato di Alessandria, che non sostengono la posizione del loro patriarca Theodoros II. Una decisione clamorosa, se si considera che nell’ortodossia ogni patriarcato ha autorità sul proprio territorio canonico, nel quale nessun altro patriarcato può interferire, e l’Africa appartiene per antica tradizione al Patriarcato di Alessandria. Mosca ha quindi rotto con questa tradizione.

Un’intrusione vista come un ricatto

La diatriba è ripresa: il Sinodo del Patriarcato di Alessandria si è riunito dal 10 al 12 gennaio per condannare ufficialmente l’«intrusione» della Chiesa di Russia nella sua giurisdizione. «Negli ultimi due anni (…) abbiamo subito l’invasione e l’intrusione non canonica e indecente della Chiesa russa, con metodi contrari alla prassi e tradizione ecclesiastica». La Chiesa di Alessandria ha denunciato il reclutamento «di chierici appartenenti al nostro Patriarcato, attuando rappresaglie dirette e, per estensione, segni di ricatto o vendetta nei nostri confronti».

Di conseguenza, Alessandria ha preso due decisioni. In primo luogo, informare il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e le altre Chiese ortodosse della «confusione “pestilenziale”» che regna tra i fedeli del Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa. Secondo, «esigere la fedele e immediata applicazione delle sanzioni ecclesiastiche per i trasgressori, prescritte dai divini e santi canoni». Il 13 gennaio anche il patriarca di Alessandria Theodoros II ha pubblicato un’enciclica in cui rivendica l’appartenenza canonica di tutta l’Africa al suo Patriarcato e denuncia l’intrusione del Patriarcato russo come «anticanonica» e «antiecclesiastica» e condanna il manifesto rifiuto da parte di Mosca dell’autorità primaziale del patriarca ecumenico di Costantinopoli.

Primus inter pares, quest’ultimo gode di un primato d’onore, ereditato dallo status di capitale dell’Impero romano d’oriente di cui godeva un tempo Costantinopoli. Accusandolo di usare il suo titolo di primus inter pares per decidere da solo per tutti, senza accettare un sistema di controllo conciliare, Mosca considera Bartolomeo I colpevole del nuovo scisma che sta attraversando il mondo ortodosso, ancora una volta diviso su diverse visioni del «primato».

Un antecedente che non inganna Alessandria

Nella sua dichiarazione del 28 gennaio, il Patriarcato russo di Mosca spiega che «una decisione così difficile, presa nella situazione in cui il Patriarca di Alessandria ha riconosciuto gli scismatici ucraini, non è in alcun modo un segno di rivendicazione sul territorio canonico della Chiesa antica di Alessandria. Persegue un solo obiettivo: garantire una protezione canonica ai chierici ortodossi in Africa che non vogliono essere coinvolti nella legittimazione illegale dello scisma».

Un argomento probabilmente insufficiente per placare Alessandria, visto che il Santo Sinodo russo aveva già deciso il 26 dicembre 2019 di sottrarre alla giurisdizione del Patriarcato di Alessandria le sei parrocchie ortodosse sul suolo africano dedite alla pastorale con i fedeli di lingua russa che vivono nel continente (ponendole sotto la giurisdizione personale del patriarca Kirill).

Allo stesso tempo, Mosca aveva vietato di commemorare il nome del patriarca Theodoros II di Alessandria nelle liturgie. Infatti, le Chiese ortodosse canoniche autocefale, che sono indipendenti sul piano giuridico e amministrativo, sono unite tra loro dalla confessione di una fede comune e dal riconoscimento reciproco. Per manifestare questa unità nella fede, quando il primate di una Chiesa autocefala celebra la Divina Liturgia, cita nei dittici i nomi dei primati delle altre Chiese autocefale. Se non lo fa, significa frattura.


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