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Una messa «speciale» al Giordano

Giampiero Sandionigi
20 gennaio 2021
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Una messa «speciale» al Giordano
La messa presieduta dal Custode di Terra Santa, frate Francesco Patton, il 10 gennaio 2021 nel convento di San Giovanni Battista al Giordano. (foto n. Asfour/Cts)

Per la prima volta, dopo oltre mezzo secolo, domenica 10 gennaio i francescani di Terra Santa sono tornati a dir messa nel piccolo convento di San Giovanni Battista presso il Giordano. Tutta la zona era un campo minato fino a pochi mesi fa e ora va rinascendo.


La consueta peregrinazione dei frati della Custodia di Terra Santa al fiume Giordano nella festa liturgica del Battesimo di Gesù quest’anno si è svolta senza la presenza del popolo, sempre per via delle restrizioni imposte dalle autorità sanitarie come argine alla pandemia da coronavirus. Solo una cinquantina di persone – tra frati, giornalisti, autorità consolari e militari – hanno raggiunto la località di Qasr al-Yahud, pochi chilometri a sud-est di Gerico, la mattina di domenica 10 gennaio e si sono disposte all’aperto in gruppi di dieci e ben distanziate. A rendere speciale l’evento c’è stato anche un altro aspetto, stavolta gioioso: la messa non è stata celebrata all’altare della piccola edicola quasi in riva al fiume, ma nel conventino di San Giovanni Battista, restituito nell’ottobre 2020 ai francescani dopo lo sminamento dell’area da parte dell’organizzazione britannica Halo Trust. La Custodia acquistò questo fazzoletto di terra nel 1932, e nel 1956 fece erigere una chiesetta dedicata al Precursore, affidata ai frati del convento di Gerico. L’ultima messa in quel luogo era stata celebrata 54 anni fa, ai tempi della guerra dei Sei giorni (1967). Poi i militari israeliani requisirono l’area per creare campi minati alla frontiera con la Giordania, che coincide con il letto del fiume.

La celebrazione del 10 gennaio è stata presieduta dal Custode di Terra Santa, Francesco Patton. Presenti, tra gli altri, il rappresentante pontificio in Terra Santa, mons. Leopoldo Girelli, il console generale d’Italia, Giuseppe Fedele, e la viceconsole spagnola Paloma Serra.

Nei prossimi mesi l’ufficio tecnico della Custodia riqualificherà il terreno piantando palme e creando spazi dedicati alla meditazione e alla sosta dei pellegrini.

(Clicca qui per un servizio video del Christian Media Center)


Un’oasi spirituale in riva al Giordano

Qui il fiume Giordano è un piccolo corso d’acqua limaccioso e poco invitante, che per gettarsi nel Mar Morto si insinua nell’arsura semidesertica, circondandosi di verdi fronde.

La località sulla sponda orientale è nel Regno di Giordania e si chiama Wadi al-Kharrar (il toponimo italiano è Betania oltre il Giordano). Nel letto del fiume, largo pochi metri, passa la linea di frontiera. Sulla sponda occidentale siamo nei Territori palestinesi, a Qasr al-Yahud. La località è in Area C, ampia fascia di territorio completamente controllata dai militari israeliani in base agli Accordi di Oslo dei primi anni Novanta.

(Clicca qui per la versione ingrandita della mappa – formato pdf)

 

L’ambiente, umido e torrido, non è proprio amichevole per chi volesse abitarci. Eppure questo luogo, poco lontano dalla città di Gerico, per secoli è stato un crocevia vitale e trafficato. Qui la tradizione colloca la scena evangelica di Gesù che scende nelle acque del fiume per ricevere il battesimo da Giovanni Battista, il precursore che predica conversione e penitenza.

Altre tradizioni situano qui anche il guado scelto dagli israeliti per entrare nella Terra promessa dopo il lungo vagare dell’esodo dall’Egitto e un luogo di ritiro del profeta Elia e del suo discepolo Eliseo.

Nei secoli sono passati moltissimi pellegrini e sono stati edificati monasteri e cappelle. La guerra arabo-israeliana del 1967 ha bruscamente sospeso tutto. Giordani e israeliani hanno creato campi minati e innalzato altane per controllare il territorio e sorvegliare le truppe nemiche.

Con la firma del trattato di pace, nel 1994 Giordania e Israele hanno smesso di essere belligeranti e all’inizio di questo millennio i giordani hanno smantellato i campi minati sul loro versante. La Casa Reale hashemita ha deciso di rilanciare il sito, facendolo ritornare un luogo di pellegrinaggio da inserire nelle rotte turistiche. Varie Chiese cristiane sono state incoraggiate a costruire nuovi luoghi di culto.

Alcuni sono ancora in fase di cantiere – come la chiesa del Patriarcato latino di Gerusalemme – altri sono ormai ultimati (nella mappa ci è stato possibile segnalarne pochi soltanto).

Piccoli o grandi conventi e monasteri erano già fioriti prima della guerra anche lungo la sponda occidentale. Nulla di speciale sotto il profilo artistico o architettonico. Ognuno ha voluto essere presente a modo suo: molteplici i segni di culto al Maestro comune, plastica la rappresentazione delle fratture tra i cristiani.

Il presidente israeliano Reuven Rivlin ama chiamare Qasr al-Yahud «la terra dei monasteri» e si adopera per la riqualificazione dell’area. Nel decennio scorso anche gli israeliani hanno avviato lo sminamento e revocato le restrizioni che impedivano alle comitive il libero accesso al Giordano.

I lavori fervono e la recente restituzione del convento di San Giovanni Battista ai francescani è solo una fase. Sono previsti nuovi parcheggi per i pullman, aree di sosta per i gruppi, ulteriori gradinate verso il letto del fiume… Rivlin ha illustrato il suo piano ai capi delle Chiese e alle autorità giordane e palestinesi. Al Papa ne ha parlato più volte e il 14 dicembre scorso gli ha telefonato per invitarlo all’inaugurazione del progetto.

Il mandato del presidente scade nel luglio di quest’anno. Il Papa accoglierà l’invito entro allora? Difficile immaginare che possa farlo senza l’avallo dei palestinesi e dei giordani.

In tempi normali sono più numerosi i gruppi di pellegrini che raggiungono il luogo del Battesimo dal versante occidentale invece che da quello orientale. Parliamo spesso della necessità di gettare ponti di pace piuttosto che costruire muri. Non sarebbe bello – e anche proficuo per tutti – prevedere a Qasr al-Yahud/Wadi al-Kharrar un piccolo ponte pedonale, che consenta ai pellegrini di spostarsi liberamente su entrambe le sponde del fiume, come è accaduto per secoli?

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