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Un sigillo e lampade a olio, piccoli grandi misteri svelati

Christophe Lafontaine e Cécile Lemoine
30 dicembre 2020
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Un sigillo e lampade a olio, piccoli grandi misteri svelati
Il sigillo, antico 27 secoli e raffigurante un leone, potrebbe essere stato usato da un alto funzionario alla corte di Geroboamo II (foto Danny Machlis, Ben-Gurion University of the Negev)

Le recenti analisi di un sigillo del tempo di Geroboamo II, uno dei più antichi della Terra Santa, e la riscoperta di un grande laboratorio di lampade a olio dei primi secoli del cristianesimo a Beit Shemesh rivelano dettagli sconosciuti di tesori antichi.


L’archeologia è una scienza che richiede tempo e riserva sorprese. Un sigillo ovale d’argilla, senza alcun segno della sua provenienza, era stato venduto negli anni Ottanta a un prezzo modico da un antiquario beduino. Si ritiene ora che sia uno dei sigilli più antichi ritrovati in Israele, secondo quanto riferisce un comunicato del 9 dicembre 2020 dell’Università Ben Gurion di Be’er Sheva, università in cui insegnava proprio colui che lo aveva acquistato. L’acquirente, incuriosito dalle iscrizioni sul sigillo, aveva deciso di mostrarlo agli specialisti della sua Università.

Solo da cinque anni, però, sono in corso test interdisciplinari e con strumenti di alta tecnologia per verificare che l’oggetto non fosse contraffatto. L’Università ha condotto lo studio scientifico in collaborazione con il servizio geologico di Gerusalemme e l’Autorità israeliana per le antichità (Aia) e i risultati sono stati pubblicati in ebraico sulla rivista Eretz Yisrael (usciranno in inglese sull’Israel Exploration Journal). Risulta che il sigillo risalirebbe all’età del ferro (VIII secolo a.C.) e sarebbe quindi una testimonianza del tempo del re Geroboamo II, a capo del regno di Israele dal 788 al 748 a.C., menzionato nella Bibbia nel Secondo Libro dei Re.

Una sorprendente somiglianza

Il sigillo da poco autenticato misura 23,4 x 19,3 millimetri e presenta un leone che ruggisce, ritto sulle quattro zampe e con la coda sollevata. Nella parte alta si legge la parola Leshem [A]. Il comunicato dell’Università sottolinea che «è stranamente simile al famoso sigillo di Megiddo, che riportava la scritta ’I’Shema eved Yerov’am (appartenente a Shema, il servo / ministro di Geroboamo, ndr)». Questo sigillo di Shema fu ritrovato nel 1904 a Tel Megiddo, suscitando grande interesse. Fu allora spedito in dono a Istanbul, capitale dell’Impero di cui la Palestina era una provincia, per la collezione del sultano ottomano. Ma da allora il pezzo è scomparso.

Il sigillo di Megiddo era realizzato con pietra di diaspro, probabilmente incastonato in un anello e di dimensioni quasi doppie rispetto a quello oggetto di studio. Ciò suggerirebbe che quest’ultimo possa essere una copia ridotta. Non è noto se questi sigilli siano stati fatti nello stesso luogo o in diversi centri amministrativi del regno di Israele, ma non è impensabile che l’artigiano autore del sigillo conoscesse quello di Megiddo. Ciò indica che l’alto funzionario Shema avrebbe utilizzato più di un sigillo per la sua corrispondenza e i suoi funzionari presumibilmente li utilizzarono per firmare documenti e spedire merci per suo conto.
La famiglia del fortunato acquirente degli anni Ottanta ha accettato di consegnare il sigillo all’Aia e di trasferirlo in una mostra al Museo di Israele a Gerusalemme. (ch.l.)

 

Lampade a olio Beit Nattif. (foto Yoli Schwartz/Aia)

 

A metà dicembre è stata data anche la notizia del ritrovamento di uno dei più importanti laboratori di lampade a olio in Israele. La scoperta è avvenuta a Beit Shemesh, a ovest di Gerusalemme, per opera di un’équipe dell’Autorità israeliana per le antichità (Aia). La scoperta riguarda centinaia di lampade in ceramica, oltre a stampi in pietra e statuette in terracotta. Gli oggetti risalirebbero al III-IV secolo d.C.

C’è soddisfazione fra i ricercatori per la qualità e la quantità degli oggetti ritrovati e che svelano un mistero archeologico che risaliva a quasi 90 anni fa. Infatti, nel 1934 l’archeologo Dimitri Baramki, ispettore del Dipartimento delle antichità durante il Mandato britannico in Palestina (1920-1948) scoprì una cisterna d’acqua presso Beit Shemesh. Durante lo scavo s’imbatté in un «tesoro»: una quantità impressionante di lampade a olio intatte, recanti incisioni con motivi animali, vegetali e disegni geometrici, conosciute con il nome di «lampade Beit Nattif», dal luogo del ritrovamento. Dopo gli scavi la cisterna fu richiusa e la sua collocazione rimase sconosciuta nonostante gli sforzi fatti per rilocalizzarla. Fino a oggi.

Una prova della storia archeologica

Realizzati in previsione di un piano di costruzioni, come avviene sempre in Israele, gli scavi hanno portato a indagare in una zona che confina con le vestigia di Khirbet Beit Nattif. «Abbiamo scoperto una cisterna per l’acqua identica a molte altre nella regione. Con nostra sorpresa gli scavi accanto alla cisterna però hanno rivelato un gran numero di lampade a olio», hanno spiegato i responsabili dei lavori in un comunicato.

Grazie ad alcune foto gli archeologi hanno potuto identificare la cisterna con quella di Baramki. Così la cisterna delle lampade a olio «è stata riportata in vita, perché non è soltanto un’importante scoperta archeologica, ma anche una prova tangibile della storia archeologica».

Beit Nattif era un centro amministrativo di livello regionale durante il periodo del Secondo Tempio, come narra lo storico Giuseppe Flavio nei suoi scritti (37-100 d.C.). «Le statuette e le fantasie che decorano le lampade Beit Nattif – spiega Benyamin Storchan, esperto di queste lampade – raccontano la storia delle colline della Giudea nel periodo successivo alla rivolta di Bar Kokhba». Questa guerra, che contrappose gli ebrei della regione contro l’Impero romano nel 132-135, si concluse con la sconfitta dei giudei. Gli inizi del cristianesimo Alcune lucerne, decorate con simboli tipicamente ebraici, come lo shofar o la menorah con i sette bracci, testimoniano la persistenza della vita ebraica sulle colline di Giudea, nonostante il fallimento della ribellione.

Ma il periodo vede anche il diffondersi del cristianesimo. Alcune delle lampade a olio Beit Nattif hanno disegni di pesci, uno dei simboli della religione emergente. «La grande varietà di lampade e statuette dimostra quindi che la popolazione locale era composta da pagani, cristiani ed ebrei», spiega Storchan. Le lampade a olio erano il metodo principale di illuminazione in Israele nell’antichità. Data l’importanza del ritrovamento e la sua posizione, le autorità governative intendono preservare il sito incorporandolo in un grande parco aperto al pubblico. (c.l.)

 

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