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Tornano alla ribalta le armi chimiche in Siria

Fulvio Scaglione
20 aprile 2020
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Sta per essere pubblicato un nuovo rapporto dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche dedicato all'utilizzo di questi ordigni in Siria. Stavolta l'organizzazione premiata con il Nobel per la pace nel 2013 indica i responsabili.


Tra pochi giorni si tornerà a discutere di Siria, Assad, attacchi chimici e Russia. Sta infatti per essere pubblicato un nuovo rapporto dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) che, secondo le anticipazioni (soprattutto dei giornali britannici) attribuirà all’aeronautica di Bashar al-Assad la totale responsabilità degli attacchi chimici su Khan Sheikoun (89 morti nel 2017) e su Douma (85 morti nel 2018). Già da questo, cioè dal fatto che l’Organizzazione indichi un colpevole, emerge una delle grandi novità del rapporto. Nel 2018, infatti, l’Onu aveva modificato il mandato dell’Opac relativo alla Siria, dando all’Organizzazione il compito non solo di censire e rilevare gli eventuali attacchi con armi chimiche, come avveniva in passato, ma anche di indicare esplicitamente il responsabile. A questo scopo l’Opac costituì due anni fa un nuovo team, detto di Investigazione e Identificazione, e l’imminente rapporto è proprio il primo frutto del suo lavoro.

Sempre se le indiscrezioni saranno confermate, tornerà al centro dell’attenzione il caso di Douma. Dopo la strage, i Paesi occidentali accusarono subito il presidente Bashar al-Assad, senza aspettare le risultanze delle inchieste, e Usa, Regno Unito e Francia bombardarono diverse basi militari in Siria. La Russia, alleata del presidente siriano, rispose con una propria inchiesta che, al contrario, scagionava Assad, sostenendo che l’attacco chimico era in realtà una messa in scena dei ribelli. I risultati dell’inchiesta russa furono presentati all’Aja proprio da quel generale Sergej Kikot che comanda il piccolo contingente di specialisti militari giunti in Italia in queste settimane per collaborare alla lotta contro il coronavirus. Anche su questo fronte, quindi, è scontato attendersi un’ondata di polemiche, visto che una parte della stampa italiana ha già presentato gli aiuti russi come un tentativo di ingerenza ostile nella politica del nostro Paese.

In realtà, non ci furono solo i russi a mettere in discussione le analisi e le conclusioni dell’Opac a Douma. Due membri del team che operò in Siria denunciarono le procedure dell’Organizzazione, sostenendo che le risultanze tecnico-scientifiche erano state piegate alla ragione politica, che voleva Assad sul banco degli imputati. L’Opac ha poi condotto un’indagine interna, giungendo alla piuttosto prevedibile conclusione che, al contrario, erano stati i due tecnici contestatori a sbagliare in mala fede pur di sostenere faziosamente una tesi pro-Assad.


 

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Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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