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Trump: Ecco il «piano del secolo» per la Terra Santa

Terrasanta.net
29 gennaio 2020
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La Casa Bianca ha reso pubblico a Washington il piano di pace che l'amministrazione Trump immagina come decisivo per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. I punti salienti.


(g.s.) – Il «piano del secolo» del presidente statunitense Donald Trump per la pace in Terra Santa è stato reso pubblico il 28 gennaio, poco dopo le 12.00 ora di Washington, alla Casa Bianca. Plaudente e soddisfatto, a fianco del presidente c’era il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (anche il suo principale antagonista alle elezioni, Benny Gantz, è giunto nella capitale statunitense per l’occasione).

Se è vero, come tutti ripetono da anni, che la pace in quella porzione di mondo camminerà solo sulle gambe di un accordo tra israeliani e palestinesi, è subito evidente che alla Casa Bianca mancava una gamba. Né Trump, né Netanyahu, davanti all’uditorio riunito nella East Room (presenti anche gli ambasciatori di Oman, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti) si sono nascosti che al momento i palestinesi non digeriscono il piano presentato dall’amministrazione Usa.

Nell’insoddisfazione palestinese si riflette l’entusiasmo del governo israeliano, al quale il disegno di Trump piace perché, come dice Netanyahu, tiene conto del bisogno di sicurezza di Israele e del desiderio di dignità e autodeterminazione dei palestinesi.

Secondo il premier israeliano, la proposta della Casa Bianca, dettagliata in 80 pagine, centra sei obiettivi:

  1. insiste sul fatto che i palestinesi debbano riconoscere Israele come Stato ebraico;
  2. consegna alla sovranità di Israele la valle del fiume Giordano;
  3. chiede il disarmo di Hamas e la demilitarizzazione della Striscia di Gaza;
  4. esclude il ritorno dei profughi palestinesi (prodotti dalla guerra del 1948) nel territorio di Israele;
  5. ribadisce che Gerusalemme rimane la capitale indivisa di Israele;
  6. non implica lo sradicamento di alcun palestinese o israeliano dalla sua casa. Detto in altri termini: riconosce la legittimità degli insediamenti israeliani in Cisgiordania rendendoli di fatto inviolabili.

Mentre il governo israeliano sarebbe sul punto di annettersi unilateralmente quanto Washington gli riconosce nel piano e a congelare per quattro anni la nascita di nuovi insediamenti, ai palestinesi è concesso un quadriennio per negoziare con gli israeliani ciò che resta da negoziare.

Formalmente rimane sul piatto la creazione di uno Stato palestinese indipendente e con una propria capitale nei sobborghi di Gerusalemme Est, al di là del muro di separazione costruito nei primi anni di questo secolo e destinato, secondo il piano, a restare dov’è.

I palestinesi che attualmente risiedono a Gerusalemme avrebbero, teoricamente, tre possibilità: mantenere l’attuale status di residenti permanenti, acquisire la cittadinanza israeliana oppure quella dello Stato di Palestina.

Di fatto lo Stato palestinese sarebbe un’enclave completamente circondata da Israele, se non a sud e a ovest della Striscia di Gaza (dove ci sono l’Egitto e il Mar Mediterraneo). È prevista la continuità territoriale tra Cisgiordania e Striscia di Gaza, grazie alla realizzazione di una lunga galleria sotterranea che unisca le due regioni.

Verrebbe assicurato lo status quo sulla Spianata delle Moschee, aperta ad ogni musulmano che venga in pace, ma anche a chiunque altro voglia recarvisi in preghiera. Oggi la preghiera pubblica è interdetta ai non musulmani, e in primo luogo agli ebrei.

Per indorare la pillola, ai palestinesi – come già annunciato – viene proposto un piano decennale di investimenti per 50 miliardi di dollari, che dovrebbe in futuro assicurare la loro prosperità e non dipendenza dai sussidi internazionali.

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