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Santa Sede/Israele, le Poste celebrano i 25 anni di relazioni diplomatiche

Danilo Bogoni
9 settembre 2019
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Cafarnao, con la sua sinagoga e la casa di san Pietro, è il soggetto scelto dalle Poste Vaticane e da quelle israeliane per celebrare il venticinquesimo anniversario di relazioni diplomatiche.


Vengono da Cafarnao – la città sul lago di Tiberiade che Gesù, negli ultimi anni della sua vita terrena, elesse come sua – le immagini scelte da Israele e condivise dal Vaticano, per ricordare postalmente il venticinquesimo anniversario dall’apertura delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato ebraico. Sono immagini della casa dell’apostolo Pietro e della sinagoga (non quella ove predicò Gesù, ma quella più grandiosa, edificata qualche secolo dopo). La stessa sinagoga, curiosamente, fu messa in campo il 14 giugno 1961 per rimpiazzare in fretta e furia la veduta di Nazaret – dove l’arcangelo Gabriele annunciò a Maria la sua prossima maternità divina – che receva in primo piano la sagoma di un campanile sormontato dalla croce. Il soggetto era stato inizialmente scelto per illustrare il francobollo inserito nella serie di posta aerea – in tutto dieci valori con altrettante vedute – approdata agli sportelli della Posta tra il 1960 ed il 1962 ed al quale era stato assegnato il valore nominale da 35 agorot (i centesimi in cui è suddiviso uno shekel, o siclo, la valuta israeliana). Proprio la croce che svettava dal campanile, immagine probabilmente ispirata alla chiesa greco-ortodossa dell’Annunciazione, scatenò la protesta di gruppi di ebrei ortodossi più o meno oltranzisti che non esitarono a giudicare il simbolo cristiano presente sul francobollo come «detestabile». Di fronte alla protesta montante, ai responsabili delle Poste non restò che annullare l’emissione del francobollo «incriminato», la cui memoria è affidata a qualche sbiadita immagine in bianco e nero, come quella mostrata nella nostra galleria fotografica. Al suo posto, due anni dopo – il tempo necessario per individuare un nuovo soggetto capace di non sollevare critiche, predisporre il disegno e passare alla stampa, conservando s’intende il valore nominale da 35 agorot – arrivò la sinagoga di Cafarnao, uno dei più grandi edifici di culto ebraico d’epoca bizantina in Galilea, mostrata attraverso alcuni dei più importanti resti. Vestigia tornate alla luce a cominciare dal 1866, quando sul sito da tempo dimenticato, l’inglese Charles William Wilson avviò una piccola campagna di scavi. In seguito, e precisamente nel 1894, la Custodia francescana di Terra Santa acquistò la proprietà delle rovine con conseguente ampliamento degli scavi.

Il villaggio di Pietro che ospitò Gesù

All’epoca la sontuosa sinagoga (un edificio rettangolare di 24,40 x 18,65 metri in stile greco romano con capitelli corinzi composto da due corpi: la sinagoga vera e propria e una scuola per scribi) venne ritenuta quella in cui Gesù pronunciò il discorso sull’Eucaristia (Vangelo di Giovanni, capitolo 6 versetti 22-59) e sui cui gradini guarì l’indemoniato nell’esorcismo narrato nel Vangelo di Marco al capitolo 1, versetti 21-28. La sua ricostruzione con i resti ritrovati sul posto, iniziata nel 1921 da padre Gaudenzio Orfali e in seguito portata avanti dai padri Virgilio Corbo e Stanislao Loffreda, permise di far risalire l’edificio di culto al IV-V secolo dopo Cristo, epoca in cui sarebbe stato costruito sui resti di una precedente sinagoga. Probabilmente quella vista e descritta dalla coraggiosa pellegrina Egeria, che nel IV secolo compose una sorta di diario – l’Itinerarium – del suo viaggio dalla Spagna alla Terra Santa, durato tre anni (dal 381 al 384), come ricorda il francobollo da 40 pesetas emesso della Spagna nel 1984.

A cominciare dal Medio Evo, anche per le difficoltà di spostarsi, Cafarnao – centro d’irradiazione del ministero pubblico di Gesù in Galilea ubicato sulla Via Maris che conduceva a Damasco e in Egitto, e luogo in cui avvenne la chiamata degli apostoli Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni – cadde nella più totale dimenticanza, diventando un insieme di ruderi. Così come la Casa di Pietro, piccola come tutte le altre, che – lo ricorda Egeria – era stata trasformata in chiesa. Su una delle sue pareti, nel corso del tempo, i pellegrini avevano tracciato graffiti in più lingue (151 in greco, 9 in aramaico, 2 in latino), per lo più riferiti a Gesù, ma anche a Pietro.

Sopra la casa di Pietro, nel 1980, su progetto dell’architetto Ildo Avetta, fu costruito un Memoriale consacrato il 29 giugno 1990 dal cardinale Duraisamy Simon Lourdusamy, all’epoca prefetto della Congregazione per le Chiese orientali.

Ed è proprio la Casa di Pietro – e del suo ospite, Gesù – con il Memoriale, ad essere proposta, insieme alla sinagoga, sull’emissione vaticana ed israeliana che riunisce un piccolo foglio di 90 x 70 millimetri. L’emissione congiunta, fanno notare all’Ufficio filatelico e numismatico vaticano, testimonia «la profondità e unicità delle relazioni e delle interazioni tra ebraismo e cristianesimo». Ed anche, ci sia permesso di aggiungere, quanta acqua sia passata sotto i ponti nei quasi sessant’anni trascorsi dalla cancellazione del francobollo di Nazaret, reo di mostrare la croce. Nel frattempo, c’è stato il concilio Vaticano II con la dichiarazione Nostra aetate, i pellegrinaggi dei pontefici in Terra Santa e la firma, il 30 dicembre 1993 a Gerusalemme, dell’Accordo fondamentale tra Santa Sede ed Israele, entrato in vigore nel 1994 con lo scambio, ad aprile, dei rispettivi ambasciatori.

Tutto ciò ha portato ad una crescente conoscenza e ad un più attento ascolto reciproco, dei quali i francobolli via via emessi danno plastica testimonianza. Un cammino di fratellanza culminato in certo qual modo nel francobollo del 2005 «in morte di papa Giovanni Paolo II», con lo scomparso Pontefice ritratto al Muro del pianto, primo Papa a figurare su un dentello postale israeliano. Quando, nel 1961, Paolo VI si fece pellegrino in Terra Santa, forse anche per il brevissimo arco di tempo intercorso tra l’annuncio e il viaggio, Israele si limitò a due annulli speciali che andarono letteralmente a ruba.

Le precedenti iniziative postali

Con Benedetto XVI debuttarono le emissioni congiunte Israele–Vaticano e, destinate per lo più ai collezionisti, le produzioni «personalizzate» dei souvenir. Produzioni ottenute con francobolli di precedente emissione completati da una bandella utilizzata per riprodurre edifici religiosi che costellarono il pellegrinaggio papale e da ritratti del Papa (queste ultime, non francobolli) e da francobolli automatici con veduta della chiesa dell’Annunciazione a Nazaret e un particolare della statua di san Pietro con le chiavi, che si trova in Vaticano. Nel 2009 e nel 2010, queste copiose e significative produzioni postali vennero presentata al Pontefice da parte di delegazioni delle Poste israeliane, guidate dall’allora ambasciatore presso la Santa Sede, Mordechay Lewy.

Nel 2014 a farsi pellegrino in Terra Santa fu papa Francesco, subito salutato da Israele con un francobollo automatico raffigurante la chiesa del Santo Sepolcro e due minifogli personalizzati, ognuno comprendente 12 francobolli da 2 shekel ai quali, come d’uso, vennero aggiunte altrettante bandelle con immagini dei Luoghi Santi nel primo caso e immagini di Francesco scattate nel corso del pellegrinaggio, nel secondo caso.

Il 2 settembre 2015 arrivarono, in ricordo del viaggio dell’anno precedente, due foglietti: quello vaticano e quello di Israele. Un’attenzione, quella vaticana, del tutto particolare nei confronti dello Stato ebraico. Mentre infatti per le restanti quattro mete internazionali visitate nel 2014 (Albania, istituzioni europee con sede a Strasburgo, Turchia a Corea del Sud) vi furono commemorazioni postali mediante normali francobolli, il pellegrinaggio in Terra Santa venne salutato col foglietto. Sul quale veniva raffigurata la basilica del Santo Sepolcro, inserita in una veduta di Gerusalemme con il monte Sion e la chiesa della Dormizione di Maria che occupa la parte inferiore del piccolo foglio, sul quale si staglia la figura sorridente di papa Francesco. Immagine, quest’ultima, che nell’emissione di Israele venne rimpiazzata – poiché le Poste israeliane non raffigurano in francobollo personalità viventi – con le frasi: «Insieme possiamo dare un grande contributo per la causa della pace» e «contrastare con fermezza ogni forma di antisemitismo e le diverse altre forme di discriminazione».

Il foglietto israelo-vaticano per il venticinquennale delle relazioni diplomatiche sarà in distribuzione a partire dal prossimo 10 settembre. L’indomani, 11 settembre – a margine dell’udienza generale del mercoledì – sarà presentato nelle due versioni a papa Francesco dall’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Oren David, e da Mauro Olivieri, direttore dell’Ufficio filatelico e numismatico della Città del Vaticano.

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