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Un dialogo tra credenti targato Giovanni Paolo II

Beatrice Guarrera
10 maggio 2019
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Festeggia in questi giorni i suoi primi 10 anni d'attività il Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso. Attivo a Roma e a Gerusalemme. Abbiamo incontrato i fondatori.


Una nonna anglicana, un marito ebreo, un parente musulmano: inizia spesso dalle storie personali l’impegno per il dialogo interreligioso. Così è stato anche per i fondatori del Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso, che ha festeggiato il 7 maggio a Roma il decimo anniversario dalla sua nascita.

«Tutto è iniziato dalla storia tra me e mio marito. Lui era ebreo e io cattolica e abbiamo avuto un matrimonio interreligioso». Così Angelica Berrie, presidente della Fondazione Russell Berrie, spiega da dove è partito il suo impegno per il dialogo tra religioni. Nel 2008 dalla partnership tra la sua fondazione, che porta il nome del marito scomparso nel 2002, e la Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma, nacque il Centro Giovanni Paolo II per il Dialogo Interreligioso. Ad averne fortemente voluto la fondazione furono i due condirettori, il rabbino Jack Bemporad e il professor Adam Afterman, legati tra loro e con la signora Berrie da profonda amicizia. «Quando morì Giovanni Paolo II, abbiamo pensato che sarebbe stato importante continuare il suo lavoro nel campo del dialogo interreligioso e per questo abbiamo voluto chiamare con il suo nome il nostro Centro», spiega Berrie.

Con sede a Roma e a Gerusalemme, l’istituzione mira a costruire ponti tra le tradizioni cristiane, ebraiche e di altre religioni. Offre un programma in studi interreligiosi, una borsa di studio della fondazione Russel Berrie, un viaggio studio in Terra Santa e la possibilità per gli studenti di ideare progetti per il dialogo interreligioso. Diventato in dieci anni un punto di riferimento per chi è impegnato in questo campo, il Centro ha festeggiato il decennale nella sede all’Angelicum di Roma con un evento dedicato all’educazione e al potere della leadership interreligiosa. Oltre alle iniziative intraprese dagli ex studenti del Centro, sono state portate all’attenzione anche altre organizzazioni impegnate in Terra Santa e in tutto il mondo: dalla Comunità di Sant’Egidio e il Movimento dei Focolari fino alla Conferenza ebraico musulmana (Muslim Jewish Conference, Mjc), all’Alleanza per la Pace in Medio Oriente (Amep) e al movimento mondiale per la pace MasterPeace.

«Ormai non possiamo più ignorare la questione del dialogo interreligioso – spiega Adam Afterman, il condirettore del Centro che si divide tra Roma e Gerusalemme –. Non conta dove vivi, se in Terra Santa, in Europa o ovunque nel mondo: deve essere parte della tua formazione». Nel fare questo sono molte le sfide che si incontrano quotidianamente con gli studenti e non solo. Prima tra tutti quella di superare i pregiudizi, gli equivoci, le incomprensioni. «È tutta una questione di comunicazione: si parlano lingue differenti, con differenti riferimenti e simboli e storie pregresse. Come ebreo posso dire, per esempio, che ogni interazione con la Chiesa nel passato è stata complicata e che anche il presente è parte della complessità». Nonostante questo però, secondo Adam Afterman, vale la pena impegnarsi nella conoscenza e nel dialogo con chi è diverso da noi.

«Parte della mia famiglia non era ebrea, mia nonna era cristiana anglicana. Ero uno studente di teologia medievale ebraica e sapevo che studiare il cristianesimo e l’islam è necessario per capire la mia tradizione – continua –. Il mio incontro con Angelica Berrie e il rabbino Jack mi ha portato poi a fondare il Centro Giovanni Paolo II, che è oggi la parte più importante della mia vita, insieme alla mia famiglia».

Anche Angelica Berrie ha fatto tesoro della sua esperienza personale per aiutare gli studenti del Centro a capire i punti più spinosi su cui lavorare. «Con mio marito era difficile parlare di teologia – racconta a Terrasanta.net –. Gli ebrei spesso non vogliono discutere di teologia con i cristiani e così abbiamo pensato che sia importante per gli studenti conoscere la teologia ebraica, perché possano avere una conversazione. Studiare teologia ebraica può anche essere utile per far capire ai cristiani da dove proviene quello che diceva Gesù».

La Berrie, dopo una vita trascorsa a studiare l’ebraismo e dopo il suo matrimonio misto – che lei definisce «un’avventura interreligiosa» – si è convertita all’ebraismo, ma non rinnega, né vuole dimenticare le sue radici cattoliche. «Credo che la più importante qualità che un leader di dialogo interreligioso possa avere sia saper incontrare, conoscere l’altro e guardarlo come un essere umano», sostiene.

Il rabbino Jack Temporad, presente anch’egli alla celebrazione dei dieci anni del Cento Giovanni Paolo II, ha raccontato a Terrasanta.net come è iniziata per lui questa avventura: «Ho avuto otto udienze con Giovanni Paolo II, la prima nel 1987, e sono rimasto molto colpito dalla sua grandezza, la sua immaginazione, la sua cultura». Da lì la decisione di fondare un Centro che porti il suo nome, sulla scia del concilio Vaticano II in cui per la prima volta una religione ha riconosciuto la legittimità delle altre. «Quando ho visto questo mi sono detto che i problemi del mondo sono così giganteschi che la politica e l’economia non possono risolverli. Occorre un nucleo spirituale e morale e dove lo si può trovare se non nelle religioni?». Partendo dalla sua riflessione sulla grande influenza che hanno le religioni e sulla possibile via perché possano lavorare insieme, il rabbino Temporad ha iniziato a impegnarsi nel campo del dialogo. «C’è stato un tempo in cui le religioni pensavano di agire per fare in modo che tutte le persone al mondo diventassero musulmane o cristiane – afferma –. Oggi capiamo che un miliardo e seicento milioni di musulmani non diventeranno cristiani e due miliardi di cristiani non diventeranno musulmani. Quindi dobbiamo trovare il modo di vivere insieme e capirci l’un l’altro».

«Nel nostro Centro crediamo che dobbiamo essere impegnati nella verità, ma allo stesso tempo non vogliamo creare una sorta di religione “diluita” – precisa Adam Afterman –. Dico sempre ai miei colleghi e ai miei studenti che il miglior modo per approfondire la propria tradizione religiosa è fare dialogo interreligioso. Ma è un processo delicato che deve essere basato su un sincero coinvolgimento e una connessione personale».

Un lavoratore infaticabile in questo campo è papa Francesco, che il rabbino Jack Temporad ha avuto la fortuna di incontrare: «Quando l’ho visto gli ho detto: “Grazie, perché lei vede la religione come coscienza della società e voce dell’umanità”. E lui mi ha risposto: “Dobbiamo pregare e lavorare insieme per questo”».

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