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Una passeggiata in Terra Santa

Martin Luther King
29 maggio 2018
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Una passeggiata in Terra Santa
Il reverendo Martin Luther King. Fu pastore della Chiesa battista.

Il 4 aprile scorso ricorrevano 50 anni dall’assassinio di Martin Luther King, uno dei profeti del nostro tempo. Nel libro Un dono d’amore il pastore racconta un viaggio nei Luoghi Santi.


Il sermone (trascritto da una registrazione) è stato pronunciato la domenica di Pasqua a Montgomery, Alabama, il 29 marzo 1959, nella chiesa battista di Dexter Avenue. Ne proponiamo uno stralcio.

***

Se si prosegue lungo quella strada, la Via Crucis, la strada dei travagli e delle pene, alla fine si giunge a una chiesa detta del Santo Sepolcro. Ed è lì, proprio lì, in quella chiesa che si trova il punto esatto in cui Gesù venne crocifisso. È lì che si vede la croce di Gesù Cristo. Ovviamente quella esposta oggi non è la stessa su cui fu crocifisso ma, quando sei lì, per un attimo te ne dimentichi. Inizi a sentire davvero di trovarti nel luogo in cui fu crocifisso. Non dimenticherò mai quello che ho provato dentro di me. Mentre me ne stavo in piedi di fronte a quella croce, in quel punto preciso, qualcosa dentro di me ha cominciato a sgorgare dal profondo. C’era un non so che di magnetico, lì dentro, qualcosa che mi sopraffaceva totalmente, e senza rendermene conto mi sono ritrovato in ginocchio a pregare. E senza rendermene conto mi sono messo a piangere. È stata un’esperienza profonda, sconvolgente, di quelle che ti cambiano. E ricordo che con noi c’erano anche altre persone e che, dopo quell’esperienza, sono tornato in albergo. Ho lasciato Coretta e gli altri dicendo che volevo tornare in albergo, e ci sono andato da solo. Sono tornato indietro passando per le stesse strade, sono arrivato in albergo e ho cercato di meditare sul significato di quella croce e dell’esperienza che avevo appena vissuto. Ho iniziato a pensare al senso di quella croce in un modo che prima non mi era mai successo.

E mentre meditavo, mi sono venute in mente alcune cose. Mentre cercavo di valutare nella mia mente e con i miei mezzi limitati il significato di quella croce, ho pensato ad alcune cose. Innanzitutto, Gesù non era obbligato a sottoporsi alla crocifissione: ha fatto volontariamente una cosa che nessuno poteva imporgli. Nessuno avrebbe mai potuto pretendere che sacrificasse la sua vita in un modo del genere, e lui non era costretto a farlo: avrebbe potuto ritrattare, e tutto si sarebbe risolto. Avrebbe potuto risalire l’altro versante del Monte degli Ulivi, tornare in Galilea e dimenticare la faccenda, e tutto si sarebbe risolto. Ma era un uomo con la straordinaria capacità di obbedire agli obblighi non vincolanti. Credo che sia questo che ci dice la croce, stamattina. Se c’è un pensiero che vorrei lasciarvi, quando ve ne andrete da qui, è che un uomo non è tale finché non ubbidisce a obblighi non vincolanti.

Esistono tre gruppi di persone, al mondo. Da un lato ci sono quelli che non rispettano le regole, infrangono la legge e sono rinchiusi nelle nostre prigioni, gente che non segue mai i codici di comportamento della società, che si tratti di leggi scritte o semplicemente di consuetudini: i fuorilegge, appunto. Poi c’è un secondo gruppo, quello di chi rispetta la legge, i cui modelli di comportamento derivano principalmente dall’esterno. Queste persone seguono le leggi fatte dall’uomo, quelle scritte nella Bibbia o gli usi e costumi della società. In questa categoria rientra la maggior parte delle persone, anzi, sospetto che stamattina gran parte di noi si riconosca in questo gruppo. Non siamo fuorilegge: noi le rispettiamo, le leggi. Ubbidiamo alle leggi e ne seguiamo le norme, e senza dubbio rispettiamo gli usi e costumi della nostra comunità. Vi è poi un terzo gruppo di persone, quelle fedeli a una legge interiore, che hanno interiorizzato un certo modo di comportarsi. E qui sta la differenza. (…) Sono loro gli artefici della storia, in grado di imprimerle un corso differente. Di individui così ne nascono solo ogni tanto.

Uno di loro potrebbe essere Socrate, che parla con l’amico Critone, il quale gli dice che se ne può andare e che andrà tutto bene, non dovrà per forza affrontare la tragedia della cicuta. Socrate lo guarda e gli dice: «Devo difendere ciò che considero giusto e vero, anche se questo potrebbe condurmi alla morte». E poi dice, alla fine dell’Apologia: «Ma è già l’ora di andarsene, io a morire, voi a vivere; chi di noi però vada verso il meglio, è cosa oscura a tutti, meno che al dio».

Un altro è Martin Lutero, davanti ai funzionari della Chiesa cattolica. Avevano cercato di costringerlo a ritrattare e a rimangiarsi quello che aveva affermato sulla corruzione all’interno del sistema delle indulgenze, sulle novantacinque tesi che aveva affisso sul portone della chiesa del castello di Wittenberg. Ma lui rimase a testa alta di fronte a loro e rispose: «Io resto qui, non posso fare altrimenti, che Dio mi aiuti».

Un altro ancora è Gesù di Nazareth, che avrebbe potuto andarsene e tornare a casa sua per diventare una persona come tante, ma che invece si disse: «No, non posso continuare così. Devo rimanere fedele a ciò che so essere la verità e la giustizia. Con il tempo ciò che so entrerà a far parte della struttura dell’universo». E questo è ciò che ci dice la croce stamattina: la grandezza, nella vita, arriva quando ubbidiamo agli obblighi non vincolanti.

Si definisce grande una nazione composta da cittadini che ubbidiscono non solo alle leggi scritte sui libri, ma anche a quelle che nessuno potrebbe costringerli a rispettare. È come una grande famiglia, con una bella vita domestica, basata non sugli obblighi di legge, ma su quelli non vincolanti. In ultima analisi, esiste una caratteristica che non può essere frutto di coercizione. Il fatto che un uomo rimanga fedele a sua moglie o una donna al marito non dipende dalla costrizione. In definitiva, l’individuo deve ubbidire a ciò che non può essere preteso per legge. Il fatto che un padre provveda ai figli e sia onesto con loro non dipende da un obbligo di legge. La legge gli può intimare di provvedere al loro mantenimento, ma non può costringerlo ad amarli. La legge non può costringerci a dedicare ai figli il tempo necessario, non può impedirci di partecipare a un numero infinito di attività e di impegni sociali trascurando i bambini. La legge non può costringere nessuno a fare una cosa del genere. In fin dei conti, si tratta di ubbidire agli obblighi non vincolanti. E ogni volta che una persona arriva a questo punto, raggiunge la stessa grandezza di Gesù Cristo in croce.

Terrasanta 3/2018
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