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La spartizione del Medio Oriente

Paolo Pieraccini
20 gennaio 2017
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La spartizione del Medio Oriente
Gerusalemme, 1898 (G. Eric and Edith Matson Photograph Collection)

Poco più di cent’anni fa, il 16 maggio 1916, gli accordi Sykes-Picot diedero avvio al nuovo assetto del Medio Oriente dopo la caduta dell’Impero ottomano.


Nel novembre 1915 il diplomatico parigino François Georges-Picot e il politico londinese Mark Sykes iniziarono le trattative per raggiungere un accordo sulla spartizione delle regioni arabe dell’Impero ottomano. Per molte popolazioni del Medio Oriente l’intesa che raggiunsero cinque mesi dopo costituisce il simbolo del tradimento dell’imperialismo europeo e la causa di molte delle loro sofferenze. Il governo inglese intendeva stipulare l’accordo per affermare un controllo su vaste regioni del Medio Oriente, passaggio terrestre e marittimo obbligato per l’India, perla del suo impero. Quello francese, invece, alle manie di grandeur imperiale aggiungeva un interesse culturale e religioso – prima ancora che economico – per la regione siriana. Con essa vantava legami di secoli, durante i quali aveva svolto la «missione storica» di proteggere le minoranze cattoliche. Gran Bretagna e Francia vollero assicurarsi una cospicua parte di bottino a spese del sultano dopo le concessioni fatte alla Russia, loro alleata in guerra contro Germania, Austria e Turchia. Il governo dello zar era infatti riuscito a strappare ad esse il riconoscimento delle sue secolari mire su Costantinopoli e sugli Stretti, per garantirsi libero accesso al Mediterraneo.

Al tavolo delle trattative Sykes cercò di ridimensionare le richieste di Georges-Picot, il quale mirava a un controllo diretto sulla Grande Siria, compresa la regione palestinese e quella di Mosul. La Gran Bretagna stava già trattando con lo sceriffo del Hagiaz – Hussein ibn Ali, guardiano delle città sante della Mecca e di Medina – per sollevare gli arabi contro i turchi e contrastare la chiamata alla guerra santa, effettuata dal sultano ottomano in qualità di califfo.

Per suscitare una ribellione generale contro i turchi, Hussein rivendicava l’indipendenza di tutti i territori arabi dell’impero turco sotto la sua sovranità. Tuttavia i britannici, per cercare di conciliare le sue rivendicazioni con quelle della Francia, contestarono il carattere arabo della costa siriana. Domandarono inoltre l’esclusione dal futuro Stato arabo indipendente delle province di Bassora e Baghdad, sulle quali intendevano riservarsi una sfera d’influenza. Lo sceriffo non volle cedere sulla Siria occidentale, ma questa divergenza non gli impedì di stringere alleanza con gli inglesi.

Gli accordi Sykes-Picot furono condizionati dal tentativo britannico di tener conto delle ambizioni di Hussein: all’amministrazione diretta della Francia sarebbero spettate due regioni contigue – quella turca di Cilicia e la Siria occidentale –, mentre a quella bri­tannica le province di Bassora e di Bagdad. Per cercare di armonizzare quest’accordo con quello raggiunto con lo sceriffo, fu stabilito che il rimanente territorio sarebbe appartenuto a uno «Stato arabo» o a una «confedera­zione di Stati arabi». Anche all’interno di questi Stati «indipendenti», però, le due potenze si riservavano delle sfere d’influenza: la Francia sulla provincia di Mosul e sulla Siria interna; la Gran Bretagna sull’odierna Giordania, sul Neghev e sul sud-est della Siria. Sykes riuscì a ottenere anche l’internazionalizzazione della parte centro-occidentale della Palestina – quella compresa tra la Galilea e Hebron –, contenente i Luoghi Santi delle tre religioni monoteistiche.

    (La mappa geopolitica del Medio Oriente disegnata dagli accordi Sykes-Picot)

A questa trama d’intese è indissolubilmente legata la Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917), della quale gli inglesi si servirono per ottenere il mandato sulla Palestina. Emanandola la Gran Bretagna prometteva di fare «ogni sforzo per facilitare» la «costituzione in Palestina di un focolare nazionale  per il popolo ebraico», violando in tal modo gli accordi Sykes-Picot e quelli con Hussein.

Nel corso della guerra gli inglesi, nonostante lo scarso contributo militare arabo, inflissero gravi sconfitte all’Impero ottomano. Lo Hagiaz fu comunque considerato Stato belligerante, e come tale invitato alla conferenza di pace di Parigi. La piccola delegazione, capeggiata dal terzo figlio dello sceriffo Hussein (Feisal), non partecipò quindi in rappresentanza dell’intero popolo arabo. A Feisal, in ogni caso, gli inglesi permisero di insediare un governo a Damasco (ottobre 1918), con autorità sulle regioni che gli accordi Sykes-Picot destinavano allo Stato arabo «indipendente» sotto l’influenza della Francia. Quest’ultima, a sua volta, si affrettò a occupare la Cilicia e il litorale siro-libanese, preparandosi a contrastare le mire dell’emiro su questi territori.

Già durante gli ultimi mesi del conflitto gli inglesi avevano maturato la convinzione che fosse necessario rimettere in discussione gli accordi Sykes-Picot. Essi, oltre che dal saldo controllo militare che avevano affermato sull’Impero ottomano, furono agevolati dall’uscita di scena della Russia dalla guerra. Le loro esigenze coloniali non confliggevano solo con le promesse contraddittorie formulate agli arabi, ai francesi e ai sionisti, ma anche coi proclami anti-imperialisti di Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti. Londra, in ogni caso, puntava ormai al controllo diretto dell’intera Mesopotamia – regione ricca di petrolio – e della Palestina. Il valore strategico di quest’ultima regione risiedeva nel suo ruolo di cuscinetto a protezione del Canale di Suez e di collegamento tra i territori mesopotamici e il protettorato egiziano.

Nel gennaio 1918 Wilson aveva emanato i cosiddetti «14 Punti», per fronteggiare l’offensiva diplomatica pacifista della Russia bolscevica. Essi sarebbero stati i pilastri su cui ricostruire il mondo dopo il conflitto: dalla pace non avrebbe dovuto scaturire un nuovo assetto territoriale a vantaggio delle potenze coloniali, ma si sarebbe dovuto tener conto dei diritti politici delle popolazioni locali. Ciò costrinse Gran Bretagna e Francia ad accettare il sistema dei mandati internazionali. In base a tale sistema, previsto dall’art. 22 del Patto della Società delle Nazioni, alcune grandi potenze avrebbero dovuto condurre alla completa indipendenza alcuni popoli non ancora in grado di autogovernarsi, esercitando su di essi una tutela temporanea in nome della comunità internazionale.

La questione orientale fu affron­tata alla conferenza di Sanremo (18-24 aprile 1920). Gli alleati, per determinare il destino delle popolazioni arabe dell’Impero ottomano, pur traendo ispirazione dagli accordi Sykes-Picot ne disattesero diverse clausole, per imporre un controllo ancor più diretto sui territori promessi al grande Stato arabo. La conferenza si aprì in un quadro internazionale profondamente mutato: Parigi e Londra, grazie alla politica isolazionista degli Stati Uniti (che non avevano ratificato il trattato di pace), ebbero completa libertà nel perse­guire i loro disegni imperialistici. La Francia, al contempo, aveva maturato un debito di riconoscenza verso la Gran Bretagna, che alla conferenza di Parigi aveva appoggiato le sue ossessive richieste di pace punitiva verso la Germania.

A Sanremo venne abbandonata la distinzione tra i concetti di «amministrazione diretta» e «sfera d’influenza» adottati da Sykes e Picot, in favore della nozione unica di «mandato internazionale», svuotata però del suo originale senso wilsoniano: la Francia avrebbe esercitato un controllo diretto sulla Siria – camuffato sotto le spoglie del mandato –, amputata della regione palestinese e di quella di Mosul. Alla Gran Bretagna venivano invece assegnati due mandati: uno sull’Iraq, che oltre alle province arabe di Baghdad e di Bassora comprendeva quella di Mosul; il secondo sulla Palestina (compreso l’Oltregiordano, il deserto del Neghev e la Galilea del nord), con la raccomandazione di applicarvi la Dichiarazione Balfour. Il movimento sionista otteneva in tal modo una sanzione internazionale alle sue rivendicazioni.

Il 10 agosto 1920 le potenze vincitrici firmarono a Sèvres il trattato di pace con l’Impero ottomano, del quale era previsto il completo smembramento: al sultano sarebbero stati sottratti lo Stato indipendente del Hagiaz, la Tracia orientale e la regione di Smirne assegnate alla Grecia, la Siria, la Palestina e l’Iraq provvisoriamente soggetti a mandato. Interessi speciali venivano riconosciuti alla Francia in Cilicia e all’Italia nell’Asia Minore sud-occidentale. Era inoltre prevista la formazione di uno Stato armeno indipendente nell’Anatolia nord-orientale e di un Kurdistan autonomo ai suoi confini meridionali.

Il mandato della Francia sulla Siria poté instaurarsi solo grazie alla forza delle armi. I francesi occuparono Damasco il 24 luglio 1920, sancendo la fine dell’indipendenza proclamata nel marzo precedente dal Congresso generale siriano. Il primo settembre 1920, da una costola della Siria stessa, il governo di Parigi trasse un secondo mandato, quello sul Libano, ritagliato in modo da mantenervi una maggioranza cristiana.

Sulle iniziative adottate dalla Gran Bretagna pesò il rifiuto dei contribuenti di farsi carico delle spese per l’occupazione del Medio Oriente. Il governo di Londra ritenne quindi preferibile amministrare le sue regioni mediante notabili locali, inquadrati da suoi consiglieri politici, economici e militari. Da una parte decise la creazione di un terzo mandato, quello sull’Oltregiordano, staccato dalla Palestina e affidato al secondo figlio dello sceriffo Hussein, Abdallah. I sionisti, che vedevano sottratti al loro focolare nazionale i due terzi della Palestina, non riuscirono a impedire l’approvazione di questo provvedimento da parte della Società delle Nazioni. Fu inoltre deciso di affidare a Feisal l’autorità sul mandato iracheno, per compensarlo della perdita del regno di Siria. Il compito di assicurare l’ordine pubblico in Iraq e Transgiordania fu affidato a una polizia reclutata localmente e addestrata da ufficiali inglesi. In caso di necessità sarebbe intervenuta l’aviazione britannica. Il 23 agosto 1921 Feisal ottenne il titolo di re dell’Iraq, firmando un trattato che lasciava alla Gran Bretagna un controllo quasi assoluto sulla sua amministrazione (10 ottobre 1922). Il nuovo ordine imposto da Gran Bretagna e Francia creava una profonda rottura nelle regioni mediorientali, interrompendo flussi commerciali, relazioni tribali, etniche, religiose e culturali molto antiche.

L’unico movimento capace di opporsi alle grandi potenze in Medio Oriente fu quello nazionale turco, che dai bolscevichi ottenne buona parte delle regioni anatoliche assegnate allo zar al tempo degli accordi Sykes-Picot. I governi di Parigi e Roma, da parte loro, coscienti di non disporre delle risorse economiche e militari per mantenere l’occupazione del Paese, decisero di riconoscere il nuovo regime turco e di evacuare i territori loro assegnati dal trattato di Sèvres. Sventata la minaccia militare greca (settembre 1922) il governo turco, con sede ad Ankara, firmò il trattato di Losanna (24 luglio 1923), che riconobbe le sue rivendicazioni territoriali. Questo storico trattato sostituì quello di Sèvres, firmato dal governo del sultano: la nuova repubblica di Turchia recuperava la Tracia Orientale e l’intera l’Anatolia, cancellando in tal modo le clausole riguardanti il Kurdistan autonomo e lo Stato armeno.

Gli accordi Sykes-Picot costituirono solo il punto di partenza del processo di spartizione dell’impero ottomano. Essi furono largamente rinegoziati nel primo dopoguerra. Non menzionavano infatti né il focolare nazionale ebraico né il Libano, e nemmeno l’Iraq e la Transgiordania. Si limitavano a parlare di zone di influenza più o meno diretta a beneficio delle due grandi potenze e di uno o più Stati arabi. Le differenze tra quanto previsto da Sykes e Picot e la sistemazione territoriale concretizzatasi nel primo dopoguerra non sono di poco conto: la Gran Bretagna riuscì ad appropriarsi della Palestina e dell’importante regione petrolifera di Mosul a danno della Francia la quale, sull’onda dei trionfi del movimento nazionale turco, perse anche la Cilicia. Inoltre Londra e Parigi – grazie alla finzione dei mandati e alla stipula di trattati che diedero vita agli Stati fantoccio d’Iraq e di Transgiordania – finirono per affermare un reale controllo anche sui territori dello Stato arabo previsto nel maggio 1916. Delle frontiere immaginate da Sykes e Picot rimase solo la parte meridionale del tracciato che continua tutt’oggi a dividere la Siria dall’Iraq.

Se le due potenze si astennero dall’allungare le mani anche sul Hagiaz fu solo l’estrema povertà di allora e per il timore della reazione del mondo musulmano all’occupazione della terra di gran lunga più sacra per l’islam da parte di eserciti infedeli.

Terrasanta 1/2017
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