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Le battaglie delle società arabe sei anni dopo le rivolte

Manuela Borraccino
24 novembre 2016
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Le battaglie delle società arabe sei anni dopo le rivolte

Con agilità e partecipazione questo libro racconta cosa ne è stato delle istanze di «pane, giustizia e libertà» che animarono le rivolte arabe a Tunisi come al Cairo e in altri Paesi arabi nel 2010-2011.


Rivoluzioni tradite, deviate, tormentate: ma nelle quali le società civili non hanno mai smesso di cercare prima spazio di azione e dopo di uscita dalle crisi nelle quali sono piombati l’Iraq, la Siria, la Libia e, con accenti diversi, la Tunisia e il Marocco con le loro transizioni incompiute, l’Egitto con la “seconda rivoluzione” del luglio 2013 e la Palestina che «in qualche modo racchiude» tutti gli altri conflitti. Con questa prospettiva i giornalisti di Osservatorio Iraq e gli esperti della cooperazione di Un ponte per… offrono ai lettori italiani uno spaccato dall’interno degli sviluppi delle rivolte del 2011, sei anni dopo il sacrificio di Mohammed Bouazizi, che «per difendere la sua dignità» si diede fuoco a Sidi Bouzid il 17 dicembre 2010.

Proprio in Tunisia il conferimento del Nobel per la pace – nel 2015 – al Quartetto per il dialogo nazionale è una delle contraddizioni del presunto successo della Rivoluzione dei gelsomini: lo scorso anno ha visto 4.288 proteste nell’entroterra del Paese, l’opposizione è stata scossa nel 2013 dai due omicidi eccellenti di Choukri Belaid e Mohamed Brahmi, il reddito pro-capite è fermo ai 9 mila euro l’anno, il tasso di disoccupazione sfiora il 40 per cento per gli under30, e forse proprio per questo la Tunisia risulta il primo Paese che esporta foreign fighters verso il cosiddetto Stato islamico, almeno 4 mila secondo fonti di intelligence tra la Libia e la Siria.

Gli autori spiegano come le minacce del terrorismo jihadista coinvolgano l’intero Nord Africa e Medio Oriente e forniscano un alibi alle contro-rivoluzioni in atto nei vari Paesi. La tragedia di Giulio Regeni (il ricercatore italiano fermato, torturato e ucciso al Cairo a inizio 2016 – ndr) ha riacceso i riflettori sulla “democrazia militare” instaurata dal presidente Abdel Fattah al-Sisi con il beneplacito internazionale, ma non è che un caso emblematico della cultura repressiva e dell’impunità che era stata fra le cause della rivolta contro il presidente Hosni Mubarak e che non sono mai state realmente superate in Egitto: secondo un rapporto pubblicato dal Centro di documentazione indipendente Wikithawra citato nel volume, nel periodo tra luglio 2013 e aprile 2014 sarebbero state incarcerate 41.163 persone, tra le quali 166 giornalisti, 4.768 studenti e 976 minorenni, mentre si parla di oltre 10 mila persone detenute da gennaio a settembre 2015. Una fra tutte la giovane avvocatessa e attivista per i diritti umani Mahienour el-Masry.

E ancora: gli errori di Bashar al Assad con la repressione della rivolta non violenta e la scelta nel giugno 2011 di liberare oltre mille detenuti dal famigerato carcere di Sednaya. Tra loro non c’erano solo detenuti politici, ma in gran parte noti jihadisti arrestati nel 2008 tra i quali Hassan Aboud (Abou Abd Allah al-Hamawy), che avrebbe poi formato la potente milizia salafita Ahrar al-Sham; Zahran Alloush, fondatore di Jeish al-Islam che oggi controlla buona parte della periferia di Damasco; Ahmad Abou Issa, fondatore della milizia jihadista Suqour al-Sham.

Rivoluzioni violate è un testo che con agilità, passione e partecipazione racconta cosa ne è stato delle istanze di «pane, giustizia e libertà» che scandirono le giornate dei sit-in in avenue Bourghiba e a piazza Tahrir nel 2010-2011. Lo fa dando voce e restituendo un volto ai tanti attivisti, uomini e donne, che da anni si battono per il cambiamento. Alcuni pagando con la loro stessa vita, come Razan Zaituneh, classe 1977, fondatrice del Centro per la documentazione delle violazioni in Siria, sequestrata con il marito e due collaboratori il 13 dicembre 2013 a Damasco e mai più ritrovata.

Il libro indica come sia indispensabile sostenere chi lavora per costruire «luoghi di comunità, dialogo, rispetto, convivenza» in Paesi dilaniati dalle divisioni e dalle milizie armate, come la Libia, l’Iraq o lo Yemen. L’auspicio è quello di «tenere aperti gli spazi delle nostre menti» mentre si vanno sempre più restringendo gli spazi di associazioni e dissidenti nel mondo arabo, almeno laddove si erano aperti. E di fornire uno strumento di analisi critica sulle “narrative” veicolate dai media su quanto accade sulla sponda sud del Mediterraneo, dove troppo spesso l’attenzione è rivolta principalmente a come assicurare ai nostri Paesi gli approvvigionamenti energetici e la sicurezza delle frontiere contro nuovi flussi di migranti.


A cura di: Osservatorio Iraq – Un ponte per…
Rivoluzioni violate. Cinque anni dopo: attivismo e diritti umani in Medio Oriente e Nord Africa
edizioni dell’asino, Roma 2016
pp. 164 – 12,00 euro

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