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«Nell’assedio di Aleppo la speranza non muore»

Carlo Giorgi
7 settembre 2016
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«Nell’assedio di Aleppo la speranza non muore»
Il vicario apostolico latino di Aleppo, mons. Georges Abou Khazen.

Al telefono dalla seconda città siriana, mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico dei cattolici di rito latino, racconta la vita precaria, ma non disperata, dei suoi concittadini.


«Noi speravamo veramente in un accordo tra Russia e Stati Uniti, soprattutto dopo gli avvenimenti dell’ultimo mese… Speravamo che si potesse arrivare a una riconciliazione. Purtroppo non è andata così».

Al telefono da Aleppo non nasconde la sua delusione mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico dei cattolici di rito latino in Siria. L’incontro tra Vladimir Putin e Barack Obama, al G20 di Hangzhou in Cina il 5 settembre scorso, purtroppo non ha portato a un consenso tra le due potenze per favorire il cessate il fuoco in Siria. Una mancata intesa che significa soprattutto per i civili siriani la continuazione della guerra e delle sofferenze, chissà fino a quando.

«Contavamo davvero su una riconciliazione – spiega il vescovo –; d’altra parte sembra che ultimamente le cose stiano andando a favore del governo del presidente Bashar Al Assad, appoggiato dalla Russia. Ed è possibile che gli Stati Uniti non abbiano voluto stringere un accordo adesso, per non avvallare le posizioni attestate sul terreno, sfavorendo così i ribelli. C’è un po’ di delusione e guardiamo all’intervento americano con un certo sospetto. Recentemente il quotidiano inglese The Guardian ha scritto che in Siria ciascuno sta combattendo una guerra per proprio conto, finalizzata a raggiungere il proprio interesse…».

La pace sembra allontanarsi ancora una volta. La gente di Aleppo come affronta questa situazione?
Continua a vivere la propria vita, nel modo più normale possibile. Tutti sanno che una sicurezza completa non c’è da nessuna parte: a casa, in chiesa, a scuola o in strada. Ma si continua a vivere con speranza. Durante l’estate abbiamo sempre continuato a fare le nostre attività. E in moltissimi hanno partecipato. Abbiamo portato diversi gruppi di famiglie fuori da Aleppo, per brevi periodi di vacanza, per dare loro un po’ di vita. Abbiamo tenuto aperto il nostro Centro di Terra Santa, dove c’è anche una piscina e un campo giochi. Una volta abbiamo chiamato un istruttore di nuoto e dovevate vedere i ragazzi in piscina, le loro famiglie, i papà e le mamme… Lo dico da vescovo: per me simili attività sono importanti come lo è tenere aperta una chiesa o una scuola. Abbiamo permesso alla gente di incontrarsi, di sfogarsi un po’. Bisogna offrire qualche cosa che permetta di resistere, senza rimanere sempre sotto tensione. Pensi che quest’estate una bomba è caduta proprio nel terreno del Centro di Terra Santa. Bene, due giorni dopo la gente ha ripreso a venire, tanto era il bisogno di distrarsi.

Dice che l’ultimo mese è stato particolarmente difficile.
Un mese fa l’esercito ha preso la strada del Castello a nord della città, allontanando il pericolo dei fondamentalisti. Allora abbiamo pensato: forse la pace è vicina… ma ad un certo momento è arrivato il contrattacco dei gruppi armati nella zona dell’accademia militare, a sud ovest del centro urbano; hanno preso l’unica strada che esce dalla città, con una strage di centinaia di morti. È vero che in pochi giorni il governo ha sferrato un altro attacco riconquistando l’accademia militare e liberando la strada. Però alla fine quello che la gente pensa è che non c’è più niente di sicuro, si entra inevitabilmente in una psicologia negativa.

Quali sono le difficoltà concrete che affrontano ogni giorno gli aleppini?
Il lavoro non c’è e cresce continuamente l’inflazione: un dollaro all’inizio della guerra valeva 50 lire siriane mentre oggi ne vale 550; in compenso gli stipendi sono rimasti invariati. Il prezzo delle merci è molto aumentato anche perché i trasporti sono estremamente insicuri e rischiosi. In questo momento si riesce ad andare a Damasco; si calcola che ad Aleppo ci siano ancora tra un milione e mezzo e due milioni di persone. Se mancassero i rifornimenti sarebbe un disastro. La luce manca da un mese, per alcuni giorni siamo rimasti anche senz’acqua… Possiamo produrre energia elettrica solo coi generatori a gasolio. Ma la speranza non muore: in concomitanza con la Giornata della gioventù di Cracovia, a fine luglio, abbiamo organizzato nel centro dei salesiani, un incontro per i giovani di Aleppo dai 18 ai 30 anni, una convivenza di un giorno e mezzo. Il motto era «Muovi il tuo cuore» e i giovani che hanno partecipato sono stati più di 800. Non può immaginare la gioia con cui hanno vissuto questi giovani! È stata una cosa stupenda. Questo ci dà coraggio, come pastori, ed è anche un segno di speranza che il Signore mantenga viva la fiamma della fede. Speriamo che questa fiamma continui veramente ad illuminare.

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