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Il tesoro del Califfo

don Gianantonio Urbani *
23 marzo 2016
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Il tesoro del Califfo
Il porto di Cesarea Marittima oggi.

Nei pressi del porto di Cesarea Marittima (Israele) è venuto alla luce uno straordinario tesoro di monete d’oro risalenti al periodo fatimide. La scoperta permette di cogliere meglio le relazioni commerciali del Califfato in quell’area attorno all’anno mille.


Un anno fa, nel febbraio 2015, un gruppo di subacquei, mentre era in immersione nei dintorni dell’antico porto di Cesarea Marittima sulla costa di Israele, vide sul fondale alcuni luccichii. I sommozzatori si fermarono e spostarono alcune conchiglie superficiali. In quel momento scoprirono quello sarebbe diventato di lì a poco uno dei più grandi tesori di monete d’oro trovati presso le coste della Terra Santa. Subito riemersi, avvisarono il Diving Centre di Cesarea (che come mascotte porta l’immagine di Re Erode il Grande) che a sua volta informò il prof. Kobi Sharvit, direttore dell’Unità di archeologia marina dell’Autorità per le antichità di Israele. Gli archeologi si misero subito al lavoro per organizzare uno scavo di emergenza nel luogo dove furono rinvenute le prime monete. L’esito, dopo alcuni giorni di ricognizioni e scavi subacquei fu stupefacente! Il ricercatore di metalli subacqueo rilevò una presenza diffusa sul fondale di monete di varie dimensioni di oro massiccio a 24 carati. Il recupero fu alquanto straordinario: 2.580 monete d’oro per un peso totale di 7,5 chilogrammi. Vi erano dinari di circa 4 grammi e quarti di dinaro di 1 grammo.

Le monete sono datate da metà del IX secolo agli inizi dell’XI secolo d.C. e furono coniate dai Califfi Fatimiti dell’Egitto, i quali governarono su un vasto impero dal nord dell’Africa fino alla Siria e verso est fino allo Yemen. I Fatimidi o Fatimiti (in lingua araba Fāṭimiyyūn) furono una dinastia sciita-ismaelita tra le più importanti della storia dell’Islam. Il loro nome proviene da Fātima bt. Muhammad, figlia del profeta Maometto, che tramite il suo matrimonio con ‛Alī b. Abī Tālib garantì una discendenza al Profeta. Il primo fulcro di questo movimento ebbe come base la Siria nel IX sec. nella città di Salamiyya, tra Hama e Homs.

Le monete trovate si riferiscono al periodo intermedio di questo Califfato quando già si era espanso, annientando la dinastia abbasside, e arrivando sino all’Egitto. Le monete in gran parte attestano il regno di due Califfi: Al-Hākim bi-amri Ilāh che governò dal 996 al 1021 e di suo figlio ‛Alī al-Zāhir che prese il testimone dal padre fino al 1036. Di particolare interesse è una moneta da un quarto di dinaro coniata a Palermo con l’effige di un esagono che sviluppa dodici punti con il nome e i titoli del Califfo Fatimita Al-Hākim bi-amri Ilāh. Gli abitanti della Sicilia chiamavano questa moneta tarì che significa nuovo mentre i sudditi del califfato le definivano ruba’i, per indicare il quarto di dinaro. Oltre gli elementi che indicano il Califfo in carica e i suoi titoli, le monete riportano anche un versetto del Corano: «Egli è Colui che ha inviato il Suo Messaggero con la guida e la Religione della verità, onde farla prevalere su ogni altra religione, anche se ciò dispiace agli associatori» (Sura IX, v. 33).

Quali sono le ipotesi avanzate circa l’obiettivo di questo carico di monete d’oro? Il team di archeologi dell’Autorità per le Antichità di Israele ne propone due. Il tesoro può essere stato l’ammontare della raccolta delle tasse che un funzionario ha raccolto per portarlo al Cairo, la capitale del Califfato Fatimita. Appena partiti probabilmente vi fu cattivo tempo e la nave subì un violento urto contro gli scogli o i frangionde, affondando. Altra ipotesi, che tiene conto della prossimità al porto di Cesarea, è che i dinari fossero destinati ai dipendenti ed alla guarnigione del Califfato in città e nei dintorni.

Secondo Robert Cole, esperto di numismatica dell’Autorità israeliana per le Antichità, «le monete sono in eccellente stato di conservazione. Nonostante siano state sul fondo del mare per un migliaio di anni, non hanno bisogno di alcuna pulitura o intervento di conservazione». Questi tipi di monete rimasero in circolazione anche dopo la conquista dei crociati, in particolare nelle città portuali, luoghi di commercio internazionale.

Da un confronto con alcuni documenti dell’XI secolo contenuti nella Genizah (luogo dove vengono raccolti i manoscritti ebraici di una sinagoga) del Cairo si può ricavare che un salario di un artigiano approssimativamente fosse di 2 dinari d’oro al mese. In riferimento al numero di conii ritrovati, risulta un valore di circa 1.200 salari mensili per oltre un secolo di buste paga; un controvalore che oggi può essere stimato in Israele in circa cinque milioni e mezzo di sheqel (circa un milione e 350 mila euro). Il tesoro trovato è significativo anche per l’importanza che ebbe Cesarea Marittima come porto di collegamento al tempo della sovranità Fatimita. Le monete sono state esposte in occasione dei 50 anni di vita del Museo d’Israele di Gerusalemme, città per molti anni parte del Califfato Fatimita. Un grande ritrovamento che permette di capire meglio ciò che accadeva nella Terra Santa di quel periodo.

(* docente presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme)

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