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Piazza Tahrir cinque anni dopo, in Rete un Digital Museum sulle donne

Manuela Borraccino
21 gennaio 2016
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«Abbiamo chiesto alle donne egiziane che hanno agito eroicamente durante la rivolta del gennaio 2011 di raccontare la loro storia». È nato così il Museo digitale delle donne.


Il 25 gennaio 2011 abbiamo spezzato le catene della paura e del silenzio, rifiutando di tornare alle nostre case malgrado venissimo accusate dai nemici dell’Egitto e dagli agenti di Mubarak di commettere oscenità nelle tende. Essi non si rendevano conto che i giovani in piazza erano molto più puri di loro». Così racconta Duaa’ al Adel, soprannominata «l’inchiostro della Rivoluzione» per le caricature che ha disseminato sui muri intorno a piazza Tahrir nei giorni della rivolta, sulle pagine del Digital Museum of Women, il primo passo di un sogno generato dall’estro dell’attivista 29enne Yasmine Ibrahim. Quella della vignettista cairota è infatti solo una delle centinaia di testimonianze raccolte sul Museo digitale, lanciato nell’estate 2013 per documentare il ruolo avuto dalle donne nel successo della Rivoluzione del 25 gennaio 2011 e diviso in quattro sezioni: Donne e politica, cultura, economia e società.

«Il museo è costituito da un sistema informatico costantemente aggiornato disponibile online: abbiamo chiesto alle donne che hanno agito eroicamente durante la rivolta di raccontare la loro storia, in modo da far conoscere le lotte e i sacrifici compiuti dalle donne in quello che è stato un periodo epocale della storia egiziana», ha raccontato al quotidiano online Al Monitor Yasmine Ibrahim, premiata dall’International Center for Journalists quando il suo sito è stato segnalato come una delle otto migliori iniziative mediatiche per il Medio Oriente e Nord Africa dall’organizzazione statunitense. Oggi, a ridosso del quinto anniversario della rivolta del 2011, quando gli egiziani rovesciarono dopo 18 giorni di proteste il regime di Hosni Mubarak al grido di «Pane, giustizia e libertà», Yasmine già pensa al prossimo passo: traghettare il museo dal mondo virtuale a quello reale. I fondi già li ha raccolti: manca solo la licenza del ministero della Solidarietà sociale.

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