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«Ci sono molte ragioni per andare in Terra Santa senza timori», parola di vescovo

Carlo Giorgi
21 luglio 2015
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«Ci sono molte ragioni per andare in Terra Santa senza timori», parola di vescovo
Un gruppo di pellegrini nella semioscurità della basilica del Santo Sepolcro, a Gerusalemme. (foto Hadas Parush/Flash90)

Non fare vincere la paura e partire con fiducia per la Terra Santa. È questo il messaggio lanciato dai vescovi italiani che anche quest'estate hanno scelto di organizzare un pellegrinaggio a Gerusalemme con la propria diocesi. Abbiamo raccolto alcune testimonianze, che ci provengono da Grosseto, Parma e Macerata.


Non fare vincere la paura e partire con fiducia per la Terra Santa. È questo il messaggio lanciato dai vescovi italiani che anche quest’estate hanno scelto di organizzare un pellegrinaggio a Gerusalemme con la propria diocesi. Un anno fa la pioggia di razzi da Gaza e il pesante attacco militare israeliano sulla Striscia scoraggiarono migliaia di pellegrini che preferirono rinunciare al viaggio per paura della guerra. Quest’anno, forse, è il peggioramento del conflitto in Siria ad alimentare i timori. Il risultato, alla fine dei conti, è la costante diminuzione dei viaggi, gli alberghi vuoti anche in alta stagione, il sistema turistico in crisi. E, di conseguenza, la tentazione per molti arabi cristiani, rimasti senza occupazione, di emigrare abbandonando la Terra Santa. Una crisi che non ha alcuna motivazione razionale, visto che la situazione nei luoghi santi è di totale tranquillità.

«Oggi, alle paure sulla sicurezza, che mi sembrano francamente eccessive, per alcuni si è aggiunta anche la difficoltà di affrontare i costi del viaggio. Ma dobbiamo ricordare che il pellegrinaggio in Terra Santa è unico – spiega mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto, che sarà in Terra Santa dal 20 al 27 agosto con 45 suoi fedeli -. Bisogna insistere sull’importanza dei pellegrinaggi, in particolare noi vescovi dobbiamo dare l’esempio. Ci sono tanti motivi per andare, per non arrendersi: dobbiamo ricordare, per inciso, che proprio grazie al pellegrinaggio molti tornano alla fede; e poi si tratta di un modo concreto per aiutare i cristiani di Terra Santa».

Monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma, porta in Terra Santa dal 10 al 18 agosto un gruppo di 84 pellegrini, per la maggior parte giovani dai 18 ai 30 anni. «È la tappa conclusiva di un percorso di tre anni fatto coi giovani della nostra diocesi – racconta don Paolo Salvadori, organizzatore del viaggio -. Devo dire che qualcuno ha rinunciato per paura, il ricordo dei bombardamenti di Gaza è ancora vivo in molti…, poi però tanti altri si sono aggiunti all’ultimo momento, ragazzi dell’Azione cattolica e un gruppo di scout. Così alla fine saremo in tanti».

Monsignor Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, invece è appena tornato dalla Terra Santa, dove è stato dal 2 al 9 luglio con una cinquantina di fedeli: «Si è trattato di un pellegrinaggio tradizionale iniziato in Galilea e terminato a Gerusalemme – racconta mons. Marconi –. Abbiamo cercato di incontrare anche le cosiddette “pietre vive”, ovvero i cristiani locali, perché un pellegrinaggio non è mai una questione di archeologia. Non abbiamo percepito tensione neppure a Hebron. Parlando da vescovo, credo che un pellegrinaggio in Terra Santa sia importante almeno per due motivi: per i fedeli, è un’occasione unica per stare con il loro vescovo e vivere con il pastore una dimensione diocesana. Per il vescovo, poi, che nella vita ordinaria è sempre in giro, incontra molta gente, ma spesso in modo superficiale, un pellegrinaggio del genere è occasione unica per entrare in relazione con i suoi fedeli in modo continuativo; sperimentare una convivenza che consente di non restare separato dalla gente. Sennò il rischio è di odorare di Chanel N° 5 e non dell’odore delle pecore… che non è una puzza ma un buon odore».

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