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Il principe verde, da Hamas a Israele

Carlo Giorgi
20 marzo 2015
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Il principe verde, da <i>Hamas</i> a Israele

Cos’è Hamas, come funziona il suo braccio militare, che filosofia adotta e che finalità persegue? Per trovare alcune risposte è utile la visione del documentario The Green Prince (Il principe verde), del regista israeliano Nadav Shirman, che in aprile uscirà nelle sale cinematografiche italiane. Il documentario racconta la vicenda di Mosab Hassan Yousef, palestinese, e del suo amico israeliano, Gonen Ben Itzhak, un agente dei servizi segreti israeliani che lo induce a collaborare.


Cos’è Hamas, come funziona il suo braccio militare, che filosofia adotta e che finalità persegue? Per trovare alcune risposte illuminanti, è utile la visione del documentario The Green Prince (Il principe verde), del regista israeliano Nadav Shirman, che in aprile uscirà nelle sale cinematografiche italiane, distribuito da Feltrinelli Real Cinema e Wanted, ma che sin d’ora acquistabile online nella versione in lingua inglese.

Il documentario racconta la vicenda di Mosab Hassan Yousef, palestinese, e del suo fraterno amico israeliano, Gonen Ben Itzhak. Mosab è un ragazzo palestinese militante di Hamas «dalla nascita», essendo suo padre, Sheick Hassan Yousef, il capo del movimento islamista nei Territori Occupati.

Mosab trascorre la sua infanzia e adolescenza completamenti immerso nella logica e nella filosofia di Hamas, desidera imbracciare le armi e combattere Israele, cerca una rivincita all’occupazione israeliana e alle sue conseguenze. Siamo alla fine degli anni Novanta e Hamas ha scelto di attaccare Israele con letali attentati suicidi. Proprio quando Mosab sta per compiere la sua prima azione armata, però, accade un fatto inatteso: viene arrestato dai militari israeliani e, in prigione, un agente dei servizi segreti gli chiede di collaborare con Israele e contro Hamas. «L’azione militare che avrei voluto fare era la mia occasione di diventare un eroe per la patria – racconta Mosab nel documentario –, ma Dio aveva altri piani per me…».

Qualcosa dopo quell’incontro si risveglia nella coscienza di Mosab, che apre gli occhi sulle ingiustizie che anche la strategia di Hamas sta causando, capendo di essere nella posizione favorevole per evitare la morte di molti innocenti. Così, un po’ alla volta, «il principe verde» – questo il nome in codice attribuitogli dai servizi segreti israeliani, prendendo spunto dal colore della bandiera di Hamas – decide di collaborare. E Israele guadagna un irripetibile alleato, al corrente di ogni segreto e progetto del movimento islamista.

Il documentario è la storia del rapporto tra Mosab, il collaborazionista palestinese, e Gonen, la spia israeliana a cui è affidato. Per il rischio della vita condiviso, per le operazioni di strategica importanza che riescono a portare a termine, tra i due nei dieci anni in cui è attiva la collaborazione cresce un rapporto di amicizia fraterna, vivo ancora oggi, il cui frutto più incredibile sarà il colpo di scena finale di questa vicenda. The Green Prince – che è stato premiato negli Stati Uniti, al Sundance Film Festival in Park City, Utah e in Israele ha ricevuto lo scorso settembre il premio Ophir della Israeli Academy Awards, per il miglior documentario – colpisce anche per i differenti linguaggi cinematografici con cui parla al pubblico.

È un documentario storico per l’incredibile mole di filmati di repertorio utilizzati: manifestazioni di Hamas, comizi del padre di Mosab, Sheick Hassan Yousef, immagini reali girate nelle carceri israeliane o sui luoghi degli attentati suicidi palestinesi. È un thriller per la sceneggiatura e la forma del racconto, che lascia lo spettatore in bilico sulla sorte di Mosab fino agli ultimi minuti. È un dramma psicologico e introspettivo per come si dipana la vicenda del rapporto di Mosab e Gonen, ma anche di quello per nulla scontato di Mosab con suo padre Sheick.

Da vedere e far vedere. Il documentario è tratto dal libro autobiografico pubblicato anche in Italia: Figlio di Hamas. Dall’intifada ai servizi segreti israeliani (Gremese Editore, 2011).

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Ernesto Borghi

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