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Nuove chiese, timide speranze

fra Mamdouh Chéhab Bassilios ofm
28 novembre 2014
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Secondo le ultime indiscrezioni di stampa, le elezioni parlamentari in Egitto non verranno effettuate prima del maggio 2015. Stando a quanto pubblicato il 20 ottobre scorso dal quotidiano Al-yôm al-sâbe’ (Settimo giorno) il motivo del ritardo sarebbe il mancato completamento della ripartizione dei collegi elettorali. Uno slittamento che sposta in là il lasso di tempo previsto (sei mesi) dall’entrata in vigore della nuova carta costituzionale.

Sempre che non si registrino ulteriori slittamenti, cosa si aspettano i cristiani dal nuovo Parlamento che sarà eletto? La risposta è semplice: la libertà di culto, che si realizza nel permesso di erigere nuove chiese. La costruzione di nuovi edifici di culto è sempre stato il sogno di tutti i cristiani che vivono in Egitto. Tale sogno ha conosciuto diverse tappe durante la storia del Paese.

Il 14 febbraio 1856, dopo il sostegno manifestato dall’Inghilterra e dalla Francia all’Impero Ottomano nella guerra contro la Russia, le autorità imperiali, riconoscenti, vollero sostenere lo statuto delle minoranze cristiane  tramite una legge nota come «Decreto hamayoni» (ossia «Decreto imperiale») emesso durante il regno del sultano Abd al-Magid ibn Mahmoud Khan (1823-1861). Se da un lato, tale decreto ha previsto un uguale trattamento tra cristiani e musulmani per quanto riguarda il servizio militare e le promozioni nella carriera amministrativa dello Stato ottomano, esso però ha previsto il ricorso alla Sublime Porta per le riparazioni e la costruzione di luoghi di culto. Uno sguardo veloce agli articoli di tale decreto dimostra passi in avanti verso l’uguaglianza tra musulmani e cristiani in territori a maggioranza islamica. Nel dettaglio, il decreto prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini dell’Impero ottomano nei diritti e doveri, di qualsiasi religione e setta essi siano; l’esenzione delle chiese da imposte e tasse;  riserva però al sultano la prerogativa di concedere o meno la licenza per la costruzione e ristrutturazione di chiese e cimiteri per i non musulmani.

Al Decreto imperiale fece seguito una circolare  firmata da un certo al-’Ezabi, segretario del ministero dell’Interno, nel 1934, che complicò la situazione. Il Decreto hamayôni prevedeva semplicemente la richiesta del permesso alla Sublime Porta. La circolare «al-’Ezabi» introduce una decina di regole che il vescovo Antonios Aziz Mina, scherzosamente, definisce «i dieci comandamenti». Nei fatti questo regolamento crea infinite difficoltà a qualsiasi comunità cristiana che pensi di erigere una nuova chiesa. «Queste regole vietano – spiega anba Mina – di costruire nuove chiese vicino alle scuole, ai canali, agli edifici governativi, alle ferrovie e alle aree residenziali. In molti casi, l’applicazione rigida di queste regole ha impedito di costruire chiese in città e paesi abitati da cristiani, soprattutto nelle aree rurali dell’Alto Egitto».

Dopo infiniti incontri, il 27 ottobre scorso, alti rappresentanti delle comunità cristiane egiziane hanno consegnato la bozza di un disegno di legge in merito alla costruzione di nuovi luoghi di culto. Bozza che dovrebbe superare la situazione attuale e dare il via ad una nuova era. Ora occorre aspettare che venga formato il nuovo parlamento e che una legge sancisca concretamente l’uguaglianza nei diritti e doveri non solo di musulmani e cristiani. Ma anche per quanto riguarda l’edificazione di moschee e chiese. Restiamo in attesa.

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