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Di fronte alla terribile guerra che ha sconvolto la Terra Santa sorge spesso un senso d'impotenza. Non bisogna però disperare...

Attesa e sofferenza per un mondo di pace

fra Alberto Joan Pari ofm
2 settembre 2014
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Attesa e sofferenza per un mondo di pace
San Francesco e il sultano, in un mosaico di padre Marco I. Rupnik per la chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo (Foggia).

Dice il Signore: Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe (Mt 10, 16).

Perciò quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare fra i Saraceni e altri infedeli, vadano con il permesso del loro ministro e servo. I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono ordinare i rapporti spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio (1Pt 2,13) e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore (…)».

In questo modo san Francesco volle che si scrivesse nella prima regola dei suoi frati, affinché sapessero come comportarsi nelle terre dei non cristiani; ho pensato molto in questo periodo a queste parole e ai tanti fatti che vedono protagonisti la Terra Santa e tutto il Medio Oriente da ormai troppo tempo; protagonisti di scene tristissime e violente, di odio, di vendette e di relazioni ferite. All’inizio di ottobre festeggeremo la solennità di san Francesco e anche a Gerusalemme sarà l’occasione per pensare alla pace e al dialogo, tanto amato dal nostro Serafico Padre. Un altro evento che è stato protagonista dell’anno, che sta per concludersi, è stata la visita di Papa Francesco; una festa di incontri, semplici e genuini come sono i gesti di questo Papa speciale. Subito dopo la sua visita tutti ricorderemo con emozione l’incredibile preghiera che è riuscito ad organizzare nei giardini vaticani tra le tre grandi religioni monoteistiche e alla presenza dei rappresentanti politici dei due popoli di Israele e Palestina. Un momento unico, pieno di significati e segni forti che ha impressionato tutto il mondo…

Sfortunatamente a poche settimane di distanza, è scoppiata tra i due popoli, che all’ombra di San Pietro si sono abbracciati e hanno piantato alberi di pace, una delle più tremende guerre della loro storia, con migliaia di morti tra civili e soldati. In estate sono stato in Italia per un periodo di vacanza e una delle cose che ho dovuto fare più spesso è stata quella di informare i miei interlocutori sulla situazione in Terra Santa; «depurare» le loro opinioni da imprecisioni, pregiudizi e luoghi comuni su israeliani e palestinesi e soprattutto confortare. Infatti, una delle frasi più comuni ascoltate in diversi dialoghi avuti con gli italiani, aveva come soggetto la preghiera di Pentecoste al Vaticano e la sua dichiarata inutilità, a detta dei più. Come è possibile che i presidenti dei due Stati invitati a pregare per la pace a poche settimane di distanza siano stati capaci delle più atroci barbarie  e di una guerra sanguinaria e inspiegabile? Non è facile rispondere a provocazioni simili e non lo è scriverne una riflessione ora, ma possono venirci in aiuto, come sempre, la sapienza della Parola di Dio e il Vangelo di Cristo. Durante i violenti scontri a Gaza, durante le domeniche di quelle settimane, nelle chiese di tutto il mondo risuonavano le parabole del Regno e tutti siamo stati invitati dal Signore a due cose: ad avere una grande pazienza e a saper convivere con il male e i malvagi. Il regno di Dio è simile a un campo in cui il grano e la zizzania crescono insieme e ancora, ad una grossa rete che raccoglie insieme pesci buoni e pesci cattivi.

La più grande tentazione di ognuno di noi è quella di desiderare che la zizzania venga tolta sul nascere, estirpata alla radice o che i pesci cattivi vengano pescati e gettati via lontano; ma il Signore dice «no!» – abbiate pazienza, non è ora il tempo di giudicare, ora è il tempo di vivere insieme e di seminare, di nuotare nel mare della vita -. La parola «pazienza» dal latino patientia ha nella sua radice la parola «patire», ha in sé il doppio significato, di attesa e di sofferenza, ed è così. Credo che questa sia la lezione più forte di una lunga estate di sofferenze viste da lontano attraverso i telegiornali e i mezzi di comunicazione o vissuta più da vicino da chi ha il cuore in quella terra benedetta: l’essere pazienti e soffrire con chi soffre, gioire con chi è nella gioia, nell’attesa del Regno che sarà di vera pace. Come Francesco che chiese ai suoi frati di avere pazienza ad annunciare il Regno di Dio, solo se ne avessero avuto l’occasione; come Papa Francesco che non ha avuto alcun timore a pregare per la pace, non perché convinto che il Signore avrebbe subito esaudito la preghiera di cuori sinceri, ma perché certo che ora è il tempo di seminare senza paura e senza riserve; perché anche se il seme cadrà sulla strada, tra le spine o tra le rocce… sempre qualche chicco cadrà anche sul terreno buono e farà frutto!

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