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Un incontro con Ahmed Mourad

Anna Clementi
28 aprile 2014
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Un incontro con Ahmed Mourad
Lo scrittore egiziano Ahmed Mourad.

«È una magnifica sorpresa essere tra i sei finalisti dell'Arabic Booker». Lo scrittore egiziano Ahmed Mourad, classe 1978, è emozionato mentre racconta che il suo ultimo libro, L'elefante blu, è tra i possibili vincitori del più importante concorso letterario arabo, il Premio per la narrativa araba 2014, che verrà consegnato ad Abu Dhabi domani, 29 aprile.


(Il Cairo) – «È una magnifica sorpresa che il mio romanzo sia tra i sei finalisti dell’Arabic Booker». Lo scrittore egiziano Ahmed Mourad, classe 1978, fa fatica a contenere l’emozione mentre racconta che il suo ultimo libro, L’elefante blu, è uno dei possibili vincitori del più importante concorso letterario arabo, il Premio per la narrativa araba 2014, che verrà consegnato ad Abu Dhabi domani, 29 aprile.

Scrittore, grafico, fotografo e sceneggiatore. Ahmed ha una formazione poliedrica in campo artistico e letterario, frutto del fermento culturale egiziano degli ultimi anni. Dopo essersi laureato presso l’Istituto superiore di cinema, al Cairo, il giovane Mourad ha cominciato a lavorare come fotografo personale di Hosni Mubarak immortalando l’ex presidente egiziano in conferenze, riunioni di famiglia e incontri istituzionali. «È un lavoro che mi ha aiutato molto nel processo di scrittura perché mi ha insegnato come costruire la trama narrativa del romanzo e come creare le ambientazioni adatte. Inoltre mi ha permesso di entrare in contatto con uomini e donne di ogni classe sociale e di comprenderne le dinamiche interne».

Ahmed ha cominciato a scrivere nel 2007, per sfogare la rabbia che accumulava durante le lunghe ore di lavoro in un mondo che percepiva come distante e fasullo. Il risultato di questo suo narrarsi è stato Vertigo, un thriller avvincente e appassionante con molti tratti autobiografici, che denuncia la corruzione degli uomini di potere a danno delle classi più povere della società. Il romanzo ha avuto un successo immediato, è stato subito tradotto in molte lingue europee tra cui l’italiano (Marsilio, 2012) ed è tuttora considerato come uno dei libri premonitori della rivoluzione egiziana.«In Ahmed Kamal, l’eroe del romanzo, si sono identificate intere generazioni di egiziani: non parlo di utopia, mi limito a descrivere la tragica verità della situazione egiziana che siamo costretti a vivere ogni giorno», racconta Mourad. «Proprio per questo ha riscosso successo anche all’estero: in Vertigo vengono presentate tutte le classi sociali egiziane da quella dei ricchi e dei potenti ai ceti più poveri e disagiati».

Sulla scia di Vertigo, lo scrittore egiziano ha proseguito il proprio percorso letterario rimanendo fedele al genere giallistico. «Uno dei principali autori che ha influenzato la mia formazione è stato Naguib Mahfuz (premio Nobel per la letteratura nel 1988 – ndr) il quale ha scritto molti romanzi gialli, partendo dalla descrizione della realtà in cui viveva. Inoltre, continua Mourad, da cineasta professionista, il thriller è il genere che più soddisfa la mia volontà di fornire un effetto scenico agli eventi».

Infatti, anche i suoi ultimi due libri, Polvere di diamanti (2010, ed. it. Marsilio, 2013) e L’elefante blu (2012), sono romanzi gialli, intriganti e misteriosi, di un Mourad più maturo ed esperto nella costruzione della trama e nell’introspezione psicologica dei personaggi. Se Polvere di diamanti riprende alcuni dei temi già toccati nel romanzo precedente, come la denuncia della corruzione degli uomini di affari e lo sfruttamento economico e sociale delle classi più povere, L’elefante blu si concentra principalmente sulla psicologia umana dei personaggi e sui loro turbamenti mentali.

Il protagonista del libro è il dottor Yahya, che dopo cinque anni di lontananza dalla propria professione, decide di tornare nell’ospedale psichiatrico dove lavorava. Lì, tra i pazienti che deve curare, c’è Sherif, un vecchio amico accusato di omicidio, che presenta gravi disturbi psichici e che condurrà il protagonista alla scoperta di segreti che cambieranno per sempre la sua vita. «L’indagine psicologica dei personaggi permette di addentrarsi nella conoscenza dei meccanismi segreti con cui lavora la nostra mente e ha lo scopo di stuzzicare la curiosità del lettore», spiega Mourad. «Inoltre ho scelto di terminare il romanzo con un finale aperto che stimoli l’immaginazione e che faccia riflettere sui vari scenari possibili».

Tra poche ore si saprà se L’elefante blu sarà il vincitore dell’edizione 2014 dell’Arabic Booker. O se il premio per la migliore opera di fiction verrà assegnato a uno degli altri finalisti: gli scrittori marocchini Youssef Fadel e Abdelrahim Lahbibi rispettivamente con Un raro uccello blu che vola con me e con I viaggi di Abdi, figlio di Hamriyya; l’autore siriano Khaled Khalifa con Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città; lo scrittore iracheno Ahmed Saadawi, con Frankenstein a Baghdad e l’autrice irachena Inaam Kachachi con Tashari.

«Sarà una decisione molto difficile per la giuria. Per me, il solo fatto di essere stato selezionato tra oltre 150 autori, è già una vittoria», conclude Mourad.

 

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