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Polio, uno sgradito ritorno

di Giuseppe Caffulli
29 aprile 2014
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A partire dal 1988 il virus della poliomielite è stato in costante calo. Nel 2013, in tutto il mondo, si sono registrati solo 406 casi, tanto che la malattia è uscita dai protocolli sanitari di molti Paese e solo in Afghanistan, Nigeria e Pakistan era considerata ancora un serio rischio. Di recente, però, la polio sta conoscendo una recrudescenza specialmente nell’area mediorientale... Ed è allarme sulle sponde del Mediterraneo.


La poliomielite affligge principalmente i bambini al di sotto dei 5 anni. Un caso su 200 porta a paralisi irreversibile. La malattia, che è di origine virale, conduce alla morte tra il 5 e il 10 per cento dei piccoli pazienti che l’hanno contratta, a causa soprattutto di complicanze respiratorie. A partire dal 1988 il virus della polio è stato in costante calo. Nel 2013, in tutto il mondo, si sono registrati solo 406 casi, tanto che la malattia è uscita dai protocolli sanitari di molti Paese e solo in Afghanistan, Nigeria e Pakistan era considerata ancora un serio rischio.

Di recente, però, la malattia sta conoscendo una recrudescenza specialmente nell’area mediorientale. Sono una quarantina i casi confermati, finora, di paralisi flaccida da poliomielite nell’area siriana (ma talune organizzazioni stimano che i bimbi contagiati dal virus, sia pure con esiti meno gravi, possano essere addirittura 80 mila).

In questi mesi l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), insieme a Unicef, Mezzaluna rossa e autorità locali, sta provvedendo a un massiccio programma di vaccinazioni in Siria e nei Paesi confinanti. L’intero costo dell’operazione sfiora i 39 milioni di dollari.

La malattia non compariva in Siria dal 1999. Le situazioni particolari nelle quali si trovano i bambini siriani a causa della guerra (con condizioni igienico-sanitarie ormai difficilissime) fanno temere una progressiva diffusione del virus. In molte zone del Paese le vaccinazioni sono state notevolmente limitate a causa del conflitto in corso. Le attrezzature per assicurare la catena del freddo necessaria per la conservazione delle dosi di vaccino, specie nelle aree occupate dagli insorti anti-Assad, sono andate perdute; molte unità sanitarie mobili non sono state in grado di eseguire visite regolari. Si calcola che per questa ragione almeno 500 mila bambini non siano stati sottoposti a profilassi.

Di fronte a questo quadro e all’aumento dei casi d’infezione, le autorità sanitarie di 21 nazioni hanno dichiarato lo stato di emergenza. Il ceppo virale che ha colpito i bambini siriani, proveniente dal Pakistan, è stato trovato anche nel sistema fognario di Egitto, Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza.

Tra i Paesi che hanno aderito alla campagna di vaccinazione ci sono anche Giordania, Iraq, Libano e Turchia. L’obiettivo è quello di dispensare 23 milioni di dosi anti-polio.

Dato che i virus non conoscono frontiere, l’allarme poliomielite sta preoccupando anche le autorità sanitarie europee. Secondo gli infettivologi, l’alto numero di rifugiati dalla Siria in Occidente rischia di reintrodurre i ceppi virali in aree dove la malattia era ritenuta debellata. C’è poi un secondo rischio, spiegano gli esperti, dovuto al tipo di vaccino in uso in Occidente, molto efficace in fase di prevenzione, ma meno attivo in caso di infezione. E c’è già chi, nei Paesi che si trovano ad ospitare i profughi, parla della necessità di misure più incisive.

In Italia i tassi di copertura per la vaccinazione antipolio sono altissimi, superiori al 95 per cento, il che dovrebbe mettere la nostra popolazione infantile al riparo dal virus. Ma è altrettanto vero che le persone in arrivo rappresentano un possibile rischio.

Per onor di cronaca (e di verità) va detto che il ceppo della polio era stato isolato dalle autorità sanitarie israeliane ben prima che nel novembre scorso scoppiasse il «caso siriano» (al punto che era stato reinserito nella profilassi il vaccino anti-polio orale). In questo mondo sempre più diviso da barriere e guerre, Dio non voglia che anche la paura di una malattia (seppur grave) possa fornire alibi per non andare in soccorso e per non accogliere chi si trova in pericolo di vita. 

(Twitter: @caffulli)

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