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Scuola, dove i conti non tornano

di Giuseppe Caffulli
12 settembre 2013
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In questi giorni, nella gran parte delle città italiane, inizia l’anno scolastico. In Terra Santa è iniziato a fine agosto, e con esso non pochi problemi. Alle preoccupazioni che riguardano soprattutto gli abitanti di Gerusalemme Est dà voce Betty Herschman, direttrice dell’ong israeliana Ir Amim...


In questi giorni, nella gran parte delle città italiane, inizia l’anno scolastico. In Terra Santa è iniziato a fine agosto, e con esso non pochi problemi. Alle preoccupazioni che riguardano soprattutto gli abitanti di Gerusalemme Est dà voce Betty Herschman, direttrice dell’ong israeliana Ir Amim («Città delle genti»): «La maggior parte dei genitori si angoscia per il primo giorno di scuola dei figli. Si preoccupano per gli episodi di bullismo; della qualità dell’insegnamento… A Gerusalemme Est, madri e padri si preoccupano invece di tutt’altra faccenda: se i loro figli avranno o meno un posto in un’aula. O meglio: se l’aula in questione esiste o no».

Il motivo di tale preoccupazione è presto detto. Per la fetta di popolazione scolastica che vive al di là dell’invisibile (ma sostanziale) confine situato alla Porta di Damasco, mancano ben 2.200 aule. Negli ultimi 5 anni, a fronte di questa carenza, sono state edificate solo 150 nuove aule. Un rapporto congiunto realizzato da Ir Amim e dall’Associazione per i diritti civili in Israele (Acri) a Gerusalemme Est – la porzione di città abitata in stragrande maggioranza dai palestinesi – stima il tasso di abbandono scolastico nell’età dell’obbligo al 13 per cento. «Secondo il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat il sistema scolastico va migliorando – precisa Herschman – ma il ritmo della costruzione di nuove aule scolastiche è troppo lento per rispondere ai bisogni urgenti dei bambini palestinesi». Oltre alle 150 aule costruite, ce ne sarebbero 332 in progettazione. Come scusante, la municipalità di Gerusalemme, a dar retta a Ir Amim, afferma che non ci sarebbero aree edificabili disponibili a Gerusalemme Est. «Ma la stessa amministrazione permette il progredire di nuovi piani edilizi per i coloni israeliani sulla pur scarsa terra disponibile a Gerusalemme Est».

La disparità di risorse economiche investite nella parte araba di Gerusalemme, rispetto a quella ebraica, è testimoniata anche da altri fattori: il numero degli ispettori scolastici (5 a Gerusalemme Est contro i 18 di Gerusalemme Ovest), a fronte di una popolazione scolastica residente per il 56 per cento del totale nella parte Est. Per non parlare dei pedagogisti impegnati nei servizi sociali: 29 a Gerusalemme Est contro 250 nella parte Ovest.

Ma non è solo la carenza di aule a preoccupare. Secondo alcune organizzazioni palestinesi, è in atto anche una battaglia sotterranea che mira a intaccare la stessa identità del popolo. Come? Convincendo le scuole ad abbandonare i libri di testo palestinesi (in arabo) e ad adottare quelli in ebraico in uso nelle scuole di Gerusalemme Ovest. Fonti di stampa riportano che sarebbero già cinque gli istituti, in questo anno scolastico, ad aver intrapreso questa strada.

La ragione? Forse il desiderio di una maggior integrazione con la parte ebraica della società (molti bambini arabi parlano anche l’ebraico)… Ma ci sarebbe dell’altro. Già l’anno passato la municipalità di Gerusalemme aveva vincolato l’erogazione dei fondi alle scuole private (in maggioranza gestite da Chiese o enti religiosi) all’adozione dei libri di testo del ministero dell’Istruzione israeliano. Ora la strategia sarebbe stata estesa anche alle scuole pubbliche della parte est di Gerusalemme. In cambio dell’adozione dei libri di testo israeliani il comune avrebbe previsto anche per questi istituti un bonus di 2 mila shekel (circa 500 euro) per ogni studente. 

(Twitter: @caffulli)

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