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Torna in giudizio il muro israeliano a Cremisan

Giampiero Sandionigi
23 maggio 2013
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Torna in giudizio il muro israeliano a Cremisan
Uno scorcio della collina di Cremisan con il convento delle Figlie di Maria Ausiliatrice (le suore salesiane).

La sentenza resa pubblica il 24 aprile scorso dai magistrati di Tel Aviv non ha chiuso la battaglia legale su Cremisan in corso già da sette anni. L’ultima parola l’avranno i giudici dell’Alta corte di giustizia israeliana.

Cremisan è una collina rigogliosa di 170 ettari coltivati a vigne e ulivi appena a nord-ovest della città di Betlemme. Vi sono i poderi di 58 famiglie di coltivatori, in gran parte abitanti del villaggio di Beit Jala, e due proprietà più ampie: la casa ove ha sede l’azienda vitivinicola fondata dai salesiani nel 1885, e, più a valle, il convento e i terreni delle suore salesiane. Da decenni le religiose mandano avanti una scuola elementare che oggigiorno offre istruzione primaria ad oltre 400 alunni palestinesi.

A ovest e ad est della collina sorgono gli insediamenti israeliani di Har Gilo e di Gilo. La linea verde tracciata con l’armistizio del 1949, dopo la guerra arabo-israeliana dell’anno prima, passa più a nord. Di là Israele, di qua i Territori palestinesi sotto occupazione militare israeliana dal 1967.

La distanza tra il centro di Gerusalemme e Betlemme è di circa otto chilometri, ma le periferie delle due città praticamente si toccano, anche perché gli israeliani negli ultimi decenni hanno continuato a costruire nuovi complessi edilizi (come Gilo e Har Grilo appunto) per ampliare verso sud – oltre la linea armistiziale – la loro capitale «una, eterna e indivisibile».

L’alta barriera difensiva israeliana costruita alle porte di Betlemme a partire dal 2004 sorge in quelli che la comunità internazionale e i palestinesi considerano Territori occupati (gli israeliani respingono questa interpretazione del diritto internazionale e non considerano la linea verde un confine definitivo). Quello che per Israele non va concepito come una frontiera, per i palestinesi è un vero e proprio «muro d’annessione».

Ora come ora sulla collina di Cremisan la barriera si interrompe. Il primo tracciato previsto dalle autorità israeliane passava a sud del convento delle suore (nella foto), isolando quasi tutta la collina e la scuola stessa dai vicini villaggi palestinesi. I coltivatori hanno fatto ricorso in tribunale, le suore si sono associate a loro in un secondo momento, concordi nel chiedere che il muro sorga ben più a nord, in prossimità della linea verde. In tal modo la barriera risparmierebbe i terreni agricoli e non li separerebbe dalle abitazioni dei loro legittimi proprietari. Inoltre non vi sarebbero impedimenti alla libera comunicazione tra le suore, la popolazione e la casa dei salesiani.

La sentenza del 24 aprile scorso, però, non ha preso in esame la richiesta di spostare il tracciato del muro salvaguardando la collina e abbattendo la parte già costruita. Ha soltanto riconosciuto l’opportunità di mutarne di poco il percorso nel tratto non ancora realizzato. La variante ammessa – lunga circa un chilometro e mezzo – cingerebbe su tre lati il convento delle salesiane, lasciandolo sul versante palestinese ma separandolo dai suoi terreni e dalla casa dei salesiani che resterebbero accessibili grazie a un cancello agricolo presidiato dai soldati israeliani.

La soluzione non soddisfa né la popolazione (in buona parte cristiana) di Beit Jala né le salesiane, che ricorreranno all’Alta corte. Delusione è stata espressa anche dalle autorità ecclesiastiche locali. Un comunicato degli ordinari cattolici di Terra Santa firmato dal presidente, il patriarca latino Fouad Twal, definisce la decisione «ingiusta». 

Il 3 maggio si è espresso per iscritto anche il responsabile dei salesiani in Medio Oriente, don Munir El Rai. Tramite lui i salesiani esprimono sostegno alle famiglie di Beit Jala e ribadiscono che «le autorità israeliane hanno stabilito tutto il percorso del muro con decisioni unilaterali, senza tener conto del parere legale emanato dalla Corte Internazionale di Giustizia, a riguardo della costruzione del muro, in data 9 luglio 2004».

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