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Israele-Palestina, Washington ci riprova

di Giorgio Bernardelli
2 maggio 2013
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In questi ultimi giorni si è ricominciato a parlare apertamente di negoziati di pace in Medio Oriente. E non è un caso. Come scrivevamo già qualche settimana fa, più che all’apparentemente deludente viaggio di Obama a Gerusalemme era all’attività del segretario di Stato americano John Kerry che occorreva guardare...


In questi ultimi giorni si è ricominciato a parlare apertamente di negoziati di pace in Medio Oriente. E non è un caso. Come scrivevamo già qualche settimana fa, più che all’apparentemente deludente viaggio di Obama a Gerusalemme era all’attività del segretario di Stato americano John Kerry che occorreva guardare per capire quanto la Casa Bianca in questo secondo mandato intenda tornare a occuparsi sul serio della questione del conflitto israelo-palestinese. E in questi giorni Kerry un segnale l’ha lanciato, ottenendo un risultato che di fatto ributta la palla nel campo di Israele.

Kerry – dopo il suo primo viaggio nell’area – ha ricevuto lunedì a Washington una delegazione della Lega Araba guidata dal ministro degli Esteri del Qatar Hamad Bin Jassem Al Thani. E al termine dell’incontro il capo della diplomazia di quella che è la nuova potenza emergente del Golfo ha rilanciato l’Iniziativa di pace araba, il piano con il quale nel 2002 i Paesi della Lega Araba offrivano il riconoscimento di Israele in cambio del ritorno ai confini del 1967. Ha fatto però anche un’importante aggiunta: per la prima volta ha espresso la disponibilità ad accettare «minimi aggiustamenti concordati tra israeliani e palestinesi» rispetto ai confini. Si tratta evidentemente di un’apertura rispetto alla questione dei «blocchi», gli insediamenti israeliani più grandi che si trovano di fatto a pochi chilometri dalla Linea Verde. Anche la Lega Araba – dunque – per la prima volta sembra disposta ad accettare che restino al loro posto in cambio di compensazioni territoriali al futuro Stato palestinese.

Che si tratti di una mossa concordata e che cosa stia a significare lo spiega bene nell’articolo che rilanciamo sotto Debka, sito le cui fonti sono notoriamente molto vicine all’intelligence israeliano. Kerry sta puntando su un doppio binario per la ripresa dei negoziati: nella sua impostazione non ci dovrebbe più essere solo la trattativa tra Israele e i palestinesi, ma anche un secondo tavolo parallelo tra Israele e la Lega Araba. Idea molto ambiziosa, che la situazione in movimento a livello regionale rende però plausibile. Anche perché la leadership palestinese ormai è talmente debole che senza un avallo del genere è impensabile alcun negoziato serio.

Adesso però bisogna vedere quale sarà la risposta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che – come racconta Haaretz – non sembra aver gradito affatto la mossa di Washington. Dal suo governo si tende a minimizzare la svolta (del resto l’aggettivo utilizzato dal ministro degli Esteri del Qatar è stata proprio «minimi»). E comunque il premier sta già mettendo le mani avanti dicendo che qualsiasi accordo dovesse venirne fuori sarebbe comunque sottoposto a referendum in Israele. Il problema vero è interno al suo governo: Netanyahu sa bene che qualunque trattativa di pace che andasse al di là di una mera cosmesi significherebbe la fine della sua maggioranza. Non otterrebbe infatti mai l’appoggio di Neftali Bennett, il leader di Habayit haYehudi, il partito più vicino ai coloni. I laburisti però si sono già fatti avanti dicendo che se Netanyahu accettasse un negoziato del genere sarebbero disposti a entrare loro nel governo, garantendo la maggioranza.

In sintesi: dopo due anni di paralisi Washington è tornata a muoversi; vedremo con quali risultati.

Clicca qui per leggere l’articolo di Debkafile

Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz

 

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