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Un bicchiere di veleno

Terrasanta.net
22 marzo 2013
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Un bicchiere di veleno
Scarichi a cielo aperto e acqua insalubre a due passi dai giochi dei bambini. (foto Andrea&Magda)

In occasione dell'odierna Giornata mondiale dell'acqua, pubblichiamo uno stralcio del Dossier proposto nel numero di marzo-aprile del bimestrale Terrasanta e dedicato all'ineguale sfruttamento delle risorse idriche nell'ambito del conflitto israelo-palestinese. Il testo, di Anna Clementi, ci porta dentro la Striscia di Gaza.


In occasione dell’odierna Giornata mondiale dell’acqua, pubblichiamo uno stralcio del Dossier proposto nel numero di marzo-aprile del bimestrale Terrasanta e dedicato all’ineguale sfruttamento delle risorse idriche nell’ambito del conflitto israelo-palestinese. Il testo, di Anna Clementi, ci porta dentro la Striscia di Gaza.

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La Striscia di Gaza è una delle aree più densamente popolate di tutto il pianeta, con una media di 4.353 abitanti per chilometro quadrato. Gli oltre 1,6 milioni di palestinesi di questa prigione a cielo aperto, sotto assedio israeliano da giugno 2007, vivono in condizioni di alto rischio sanitario. Il 95 per cento della falda acquifera costale, l’unica fonte di acqua corrente della Striscia, è contaminata da infiltrazioni saline, liquami umani e fertilizzanti ed è pertanto troppo inquinata per essere bevuta.

Secondo quanto riferisce il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani Save the Children pubblicato a giugno 2012, la quantità di nitrati e di cloruro – componenti principali dei fertilizzanti – trovata nell’acqua di Gaza è 10 volte superiore alla quantità massima stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’assunzione di alti livelli di nitrati nell’acqua può provocare gravi malattie come l’anemia e certe forme di cancro ed è particolarmente pericolosa per i bambini e le donne incinte.

La maggior parte dei residenti di Gaza è pertanto costretta a comprare l’acqua dagli impianti di desalinizzazione che trattano l’acqua marina. Oltre alle sette strutture pubbliche gestite dall’Azienda idrica della municipalità costale, ci sono oltre 40 impianti privati e più di 20 mila strutture domestiche di depurazione. Tuttavia quest’ultimo settore non è controllato e molto spesso il fornitore non segue norme igieniche appropriate e di conseguenza l’acqua resta contaminata e non soddisfa gli standard minimi di qualità fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità.

A causa dell’alta concentrazione di sali e nitrati, il processo di depurazione dell’acqua è lungo e costoso. Ogni metro cubo costa 50 shekel (l’equivalente di 10 euro circa) e molte famiglie spendono fino ad un terzo delle loro entrate mensili per l’acquisto di acqua. Chi non può permettersi una simile spesa utilizza fonti alternative la cui qualità tuttavia non è controllata. Più del 17 per cento dei palestinesi di Gaza non compra l’acqua desalinizzata ed utilizza i pozzi agricoli che spesso sono contaminati da fertilizzanti e microbi.

Durante l’Operazione Piombo Fuso (l’attacco israeliano a Gaza del dicembre 2008 – gennaio 2009) e durante l’ultima offensiva di Israele contro la Striscia nel novembre 2012, sono state deliberatamente colpite infrastrutture idriche e sanitari: 11 pozzi e più di 30 chilometri di condutture sono state distrutte o gravemente danneggiate. Di conseguenza, in molte aree la fornitura di acqua è stata sospesa e un gran numero di palestinesi è stato costretto a bere l’acqua inquinata del rubinetto.

Nei fatti, una delle principali cause della contaminazione della falda acquifera è il blocco che Israele impone a Gaza da quasi sei anni. Le restrizioni sull’importazione di materiali da costruzione hanno portato la situazione idrica e sanitaria sull’orlo del collasso. Infatti l’impossibilità di riparare e rinnovare le infrastrutture idriche e gli impianti di trattamento delle acque reflue ha fatto sì che ogni giorno, dal 2008, vengano riversati in mare dai 60 ai 90 milioni di litri di acqua di scarico non trattata. I bambini, che vivono vicino alle pozze dove vengono scaricate le acque reflue, presentano un alto livello di parassiti intestinali che spesso sono la causa di gravi malattie nutrizionali.

E la situazione è destinata ad aggravarsi sempre più in mancanza di azioni immediate volte a porre fine all’assedio israeliano. «Nel 2020 la popolazione di Gaza raggiungerà i 2.1 milioni di abitanti e in mancanza di azioni urgenti non vi potrà essere un’adeguata fornitura di acqua, elettricità e servizi educativi e sanitari». A lanciare l’allarme è Maxwell Gaylard, il funzionario per l’aiuto umanitario e lo sviluppo delle Nazioni Unite, che ad agosto 2012 ha pubblicato il rapporto Gaza nel 2020, un luogo vivibile?. Nel documento si legge che nei prossimi 8 anni la domanda di acqua crescerà del 60 per cento ma non ci sarà il modo di soddisfare questi bisogni. Secondo le previsioni, nel 2016 la falda acquifera costiera sarà inutilizzabile completamente e nel 2020 la situazione sarà irreversibile.

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