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I sud sudanesi in Israele espulsi o «incoraggiati» a rimpatriare

Terrasanta.net
12 giugno 2012
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I sud sudanesi in Israele espulsi o «incoraggiati» a rimpatriare
Giovani africani chiedono la fine delle violenze, durante una manifestazione nei giorni scorsi in Israele.

Da alcuni giorni le autorità israeliane hanno iniziato ad arrestare cittadini del Sud Sudan giunti in Israele senza regolare permesso, per rimandarli in patria. Gli arresti seguono una sentenza pronunciata dal tribunale di Gerusalemme lo scorso 7 giugno in base alla quale i sud sudanesi non hanno diritto alla concessione dello status di rifugiati.


(Milano/c.g.) – Domenica scorsa, 10 giugno, le autorità israeliane hanno iniziato ad arrestare cittadini del Sud Sudan giunti in Israele senza regolare permesso, per rimandarli in patria. Gli arresti, coordinati dall’Ufficio immigrazione, sono la conseguenza della decisione presa dal tribunale di Gerusalemme, martedì 7 giugno. La corte ha rigettato una petizione di associazioni che si occupano di diritti umani, sostenendo che lo Stato di Israele non è obbligato ad estendere lo status di rifugiati ai 1.500 immigrati del Sud Sudan presenti nel Paese. Il Sud Sudan, dopo decenni di guerra civile con il Nord, lo scorso anno ha finalmente dichiarato la propria indipendenza, perciò i giudici, tenendo conto della mutata situazione politica e della valutazione della rappresentanza diplomatica israeliana in Sud Sudan, hanno dichiarato che, in caso di rimpatrio, non è provato il rischio per la vita degli immigrati; autorizzando nei fatti gli arresti e le successive deportazioni.

In questo modo, domenica è scattata l’operazione Going home («Tornare a casa») e fino ad ora sono stati almeno 210 gli immigrati arrestati secondo il quotidiano Jerusalem Post. La maggioranza di loro vengono dal Sud Sudan, i restanti da Nigeria, Costa d’Avorio e Ghana.

Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, gli uomini arrestati sono stati portati nella prigione di Ktiziot, nel sud di Israele, mentre le donne e i bambini in una vicina struttura per immigrati di Saharonim. «Quel che sta succedendo è solo l’inizio della battaglia per il futuro Israele – ha dichiarato a Yediot Ahronot il ministro dell’Interno, Eli Yishai -. Sono sicuro che il tribunale autorizzerà anche la deportazione degli immigrati dell’Eritrea e del Sudan (sarebbero circa 50 mila in Israele – ndr), che costituiscono la vera minaccia». Secondo il quotidiano Haaretz, proprio a Ktiziot, in queste ore, dozzine di bulldozer sono all’opera per costruire centri di detenzione per immigrati irregolari.

Le comunità straniere hanno protestato per il modo in cui l’operazione Going home viene condotta. Gli immigrati sarebbero indotti con insistenza ad accettare il rimpatrio. «Ci trattano come animali in modo che non abbiamo altra scelta se non tornare in patria – ha denunciato a Yediot Ahronot Michael Bazia, uno dei capi della comunità sud sudanese di Arad -. Vengono casa per casa e ci dicono: “Prendi le tue cose e vattene”. Molti vorrebbero anche tornare a casa. Ma non in questo modo. Abbiamo avuto l’indipendenza solo dieci mesi fa. Non si può costruire uno Stato in dieci mesi».

Secondo l’Ufficio immigrazione, chi decide di tornare volontariamente in patria riceve una sovvenzione e un certo lasso di tempo per chiudere le proprie attività in Israele. Tuttavia, il ritorno risulta complicato. Charlie Simon, una cittadina del Sud Sudan che ha accettato di tornare, ha raccontato di non essere stata in grado di rispondere al questionario sottoposto dalle autorità: «Non ho saputo rispondere alla domanda: Piani futuri dopo il tuo arrivo? Non posso rispondere perché non so davvero cosa stia succedendo in patria. Così ho scritto sul questionario: “Chiedetemelo quando sarò in Sud Sudan”».

Nelle ultime settimane Tel Aviv è stata teatro di varie manifestazioni di protesta contro gli immigrati africani, concentrati soprattutto nei quartieri meridionali della città e ritenuti responsabili di vari episodi di degrado e criminalità. Alcune delle loro abitazioni sono state incendiate. Lunedì 4 giugno le fiamme sono state appiccate anche a un appartamento di Gerusalemme che dava ricovero a una decina di eritrei.

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