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Al Cairo si riaccende piazza Tahrir

Terrasanta.net
6 giugno 2012
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Al Cairo si riaccende piazza Tahrir
Piazza Tahrir, al Cairo, di nuovo animata dai manifestanti la sera del 5 giugno 2012.

A dieci giorni dal ballottaggio delle presidenziali, moltitudini di egiziani sono scesi in piazza per protestare al Cairo e in altre importanti città. Sono scontenti per l'esito del processo contro l'ex presidente Hosni Mubarak e chiedono di sbarazzare il campo dagli uomini del passato regime, come Ahmed Shafiq, candidato in lizza per la presidenza.


(Milano/c.g.) – Martedì 5 giugno piazza Tahrir al Cairo è tornata a infiammarsi, a dieci giorni dal ballottaggio delle elezioni presidenziali – in calendario il 16 e 17 giugno – in cui dovrebbero sfidarsi i due candidati più votati al primo turno: Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, e Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro di Hosni Mubarak e ideale rappresentante del vecchio regime.

Il fatto rilevante della manifestazione, che potrebbe condizionare l’esito del voto, è stato che tra le centinaia di migliaia di persone che affollavano la piazza erano presenti tutte le componenti della società egiziana: dai giovani laici del Movimento 6 aprile, ai socialisti rivoluzionari, al partito dell’Alleanza popolare socialista, fino ai partiti islamici moderati e ai salafiti. Praticamente tutti tranne i sostenitori del passato regime. Uniti in un fronte compatto per contestare l’esito del processo contro l’ex presidente Hosni Mubarak e l’ex ministro dell’Interno Habib al-Adly. Sabato scorso, infatti, una corte del Cairo ha condannato Mubarak e Adly «solo» all’ergastolo (e non alla pena di morte) per non aver impedito l’uccisione di centinaia di manifestanti, nei primi giorni delle rivolte di inizio 2011.

La sentenza ha suscitato un moto di indignazione tale da far unire, almeno in piazza, anime molto diverse della società egiziana. Due le richieste dei manifestanti: innanzitutto la ripetizione del processo a Mubarak, il cui esito è considerato ingiusto. In secondo luogo, la piazza – anche per timore della vittoria al ballottaggio di Ahmed Shafiq, visto come prosecuzione del regime di Mubarak -, ha richiesto con forza l’applicazione della legge «sulla sospensione dei diritti civili»; provvedimento entrato in vigore ad aprile dal Parlamento, che prevede l’ineleggibilità alla presidenza della Repubblica di personalità coinvolte negli ultimi dieci anni con il regime Mubarak. In virtù di queste norme, in un primo momento la Commissione elettorale aveva escluso Shafiq dalla corsa, salvo riammetterlo dopo un suo ricorso e demandare la questione alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità delle nuove norme. Gli osservatori dubitano che il supremo tribunale riesca a emettere una sentenza prima che si svolga il ballottaggio.

Intanto numerosi esponenti politici egiziani hanno partecipato alla manifestazione del 5 giugno. I quotidiani egiziani hanno rimarcato la presenza di Hamdeen Sabbahi – esponente laico, giunto terzo al primo turno delle presidenziali – e Abdel Moneim Abouel Fotouh, musulmano moderato, giunto quarto. I due si sono presentati insieme in piazza Tahrir, marciando con migliaia di sostenitori dal quartiere periferico di Mohandiseen. In particolare, secondo il quotidiano Egypt Independent, Sabbahi, portato a spalla, sarebbe stato accolto al suo ingresso in piazza da un’ovazione e dallo slogan: «Ecco il presidente!»; Sabbahi e Fatouh avrebbero poi mostrato la loro intesa salendo insieme su un pullmino e alzando in alto le mani unite. Va ricordato che i due politici hanno raccolto insieme, al primo turno delle elezioni, quasi il 40 per cento dei consensi. Nel caso in cui il verdetto della Corte costituzionale giungesse in tempo per escludere la candidatura di Shafiq, o una decisione in tal senso fosse presa sotto la spinta della protesta popolare, al suo posto subentrerebbe Sabbahi. E, in tal caso, l’esito delle elezioni potrebbe riservare sorprese.

Sempre nella giornata di martedì anche altre importanti città egiziane – come Alessandria, Minya, Gharbiya, Ismailiya – sono state teatro di proteste dello stesso tenore di quelle svoltesi nella capitale.

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