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I blogger egiziani si appellano ai consumatori contro i militari

Terrasanta.net
10 febbraio 2012
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I <i>blogger</i> egiziani si appellano ai consumatori contro i militari
Un carro armato dell'esercito egiziano tra i manifestanti del Cairo (foto di repertorio).

«Il potere economico dell’esercito minaccia la democrazia? Invitiamo il popolo egiziano a boicottare i suoi prodotti». È l’ultima campagna lanciata dai giovani combattivi blogger egiziani, per protestare contro i continui scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Le forze armate hanno vasti interessi economici nel Paese.


(Milano/c.g.) – «Il potere economico dell’esercito minaccia la democrazia? Invitiamo il popolo egiziano a boicottare i suoi prodotti». Non ha nulla da invidiare alle campagne di boicottaggio delle associazioni di consumatori occidentali, l’ultima iniziativa lanciata dai giovani combattivi blogger egiziani. Per protestare contro i continui scontri tra forze dell’ordine e manifestanti favorevoli alla fine del governo militare, alcuni attivisti egiziani, infatti, hanno lanciato l’idea di un «boicottaggio economico» a beni e servizi prodotti dalle molte aziende riconducibili alle forze armate egiziane.

L’ultimo grave episodio di repressione, che ha suscitato l’iniziativa degli attivisti, avrebbe lasciato sul campo dodici morti e almeno 2 mila feriti e sarebbe avvenuto nel corso della manifestazione indetta dopo la strage avvenuta l’1 febbraio dopo una partita di calcio nello stadio di Port Said (74 morti).

Spinti anche da quest’ultimo fatto, secondo il Daily News, quotidiano del Cairo, gli attivisti del sito Kate3ohom (traslitterazione della parola araba che significa «boicottateli» – ndr), hanno lanciato una campagna contro le imprese riconducibili all’esercito. Prima fra tutte il gigantesco gruppo Nspo, (National Service Products Organization), a cui fa riferimento uno sterminato arcipelago di imprese: da società produttrici di armi e oggetti militari a imprese edili; da produttori di generi alimentari (compresa pasta, marmellata e acqua minerale), a fabbriche di insetticidi, fertilizzanti e cosmetici.

L’appello di Kate3ohom, rivolto ai navigatori egiziani della Rete, è quello di segnalare prodotti e aziende non conosciuti ma riconducibili alle forze armate, per allargare anche a questi ultimi il boicottaggio.

L’esatto peso delle forze armate (e delle imprese ad esse legate) nell’economia egiziana non è mai stato reso noto, anche se si sa essere enorme. Secondo alcuni analisti potrebbe raggiungere il 30 per cento dell’economia del Paese. Un’anomalia per un sistema democratico, che rende l’esercito potente oltre misura. Tanto che una delle questioni più scottanti sollevate dai manifestanti durante la rivoluzione è stata da principio proprio quella di far finalmente dipendere il bilancio delle forze armate dalla potestà del Parlamento.

«Pensate che un esercito che produce olio, marmellata, generi elettronici, possiede hotel e ristoranti stia solo svolgendo un servizio e non punti al profitto?», domanda la campagna online su Twitter. «Usano il nostro denaro per ucciderci e non per proteggerci», ha dichiarato al Daily News Mohamed Qassem, un attivista, studente della facoltà di Medicina all’Università di Alessandria.

Per quanto difficilmente un simile appello potrà avere seri effetti di massa, la sua portata non è sottovalutata dagli analisti: «A lungo termine, potrà rivelarsi un valido strumento di pressione sulle forze armate – ha commentato Ziad Alk, del Centro per gli studi politici e strategici – anche perché i beni che si propone di boicottare sono quelli acquistati dalla gente più semplice». «Con questo boicottaggio si sta anche lanciando un messaggio agli altri Stati – spiega Randa Ali, dell’Università Americana del Cairo –: se volete continuare a finanziare un’istituzione che è responsabile di terrorizzare i suoi cittadini, ecco come quei cittadini la pensano».

Intanto le manifestazioni di protesta contro il potere delle forze armate continua anche in ambito universitario: alcuni blog egiziani danno la notizia che per domani, sabato 11 febbraio, è indetta una grande manifestazione che coinvolgerà una ventina di università pubbliche e private. Diverse delle vittime della strage allo stadio di Port Said erano tra l’altro studenti universitari. Insieme universitari, scenderanno in piazza anche gli studenti di alcuni licei tra cui, è stato annunciato, anche il liceo dei gesuiti del Cairo, che hanno contato nel corso della rivoluzione, diversi martiri.

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